10 Maggio 2025
Il nuovo Papa aveva appena salutato dalla loggia, ma a Santa Marta già si facevano i conti col pallottoliere. Leone XIV, il nome scelto da Robert Francis Prevost, non è piovuto dal cielo. È stato frutto di una partita dura, giocata su più tavoli e, come sempre, decisa nel silenzio apparente delle urne.
Mercoledì sera, primo giro di riscaldamento: il segretario di Stato Pietro Parolin è il più votato. Non basta. I numeri (una cinquantina di preferenze) non sono quelli del predestinato. La regola non scritta del Conclave parla chiaro: chi sale, deve salire sempre. Se resta fermo, crolla.
E così sarebbe andata: giovedì mattina, Parolin non sfonda (49) i suoi voti restano stabili. E mentre Prevost avanza (38) qualcuno inizia a fare i bagagli politici. L’ex segretario di Stato capisce l’aria e si fa da parte, con classe. Anzi, da regista.
Il pranzo? Non solo pasta al dente. Si tratta. E il quarto scrutinio, boom: quorum superato. Papa eletto. Con sostegno finale dello stesso Parolin, il grande sconfitto.
Gli italiani? Spaccati. Alcuni “fratelli” (vatti a fidare...) hanno lasciato Parolin al suo destino. Roma tradita dai romani. E così un outsider, americano ma ben piantato in America Latina, ha portato a casa il papato.
Nel frattempo, Leone XIV ha fatto subito capire che non sarà burattino né rivoluzionario: incarichi in Curia congelati. Decisione prevedibile ma eloquente. Il conclave è finito, ma il vero potere (e i veri inciuci) si giocano adesso.
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