08 Aprile 2025
In foto Giulia Cecchettin e Filippo Turetta. Fonte foto: Lapresse.it
Nelle motivazioni che hanno portato all'ergastolo per Filippo Turetta, i giudici hanno scritto anche che le 75 coltellate inflitte alla ragazza sono dettate da "inesperienza" e non da "crudeltà". "Aver inferto settantacinque coltellate non si ritiene che sia stato, per Turetta, un modo per infierire crudelmente o per fare scempio della vittima, ma il modo in cui Turetta ha compiuto il femminicidio di Giulia Cecchettin, con una ‘dinamica’ ‘certamente efferata’, sia stato “conseguenza della inesperienza e della inabilità" del 23enne.
In 150 pagine di motivazioni della condanna all’ergastolo per Filippo Turetta, vengono riportati alcuni passaggi importanti. Il giovane ha ricevuto la condanna lo scorso 3 dicembre. I giudici della Corte d'Assise scrivono che la dinamica non permette di "desumere con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio, che Filippo Turetta volesse infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive non è a tal fine valorizzabile, di per se, il numero di coltellate inferte". Aver inferto 75 coltellate non sarebbe stato "un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima ma conseguenza della inesperienza e della inabilità" di Turetta.
I colpi sono stati inflitti "quasi alla cieca", e quindi "tale dinamica, certamente efferata si ritiene sia stata dettata, in quelle particolari modalità, da una deliberata scelta dell'imputato". Turetta per i giudici "non aveva la competenza e l'esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito", cosi ha continuato a colpire fino a quando si è reso conto che Giulia "non c'era più". Ha dichiarato di essersi fermato "quando si è reso conto che aveva colpito l'occhio: 'mi ha fatto troppa impressione', ha dichiarato. Orbene, considerata la dinamica complessiva... non si ritiene che la coltellata sull'occhio sia stata fatta con la volontà di arrecare scempio o sofferenza aggiuntiva".
Anche i punti delle ferite causate dalle coltellate "appaiono frutto di azione concitata, legata all'urgenza di portare a termine l'omicidio", per cui non sarebbero un elemento "significativo della sussistenza, in capo all'imputato, di volontà di voler infliggere in danno della vittima sofferenze aggiuntive e gratuite, necessaria al fine di poter ritenere integrata l'aggravante della crudeltà".
L'aggressione a Giulia Cecchettin è durata complessivamente circa 20 minuti, "lasso di tempo durante il quale ha avuto la possibilità di percepire 'imminente morte", scrivono i giudici. "A tal fine - aggiunge il collegio - manca tuttavia la prova che l'aver prolungato l'angoscia della vittima sia atto fine a sé stesso, frutto della deliberata volontà dell'imputato di provocarle una sofferenza aggiuntiva e gratuita".
Turetta "si è limitato ad ammettere solo le circostanze per le quali vi era già ampia prova in atti d'altra parte", e questa condotta "è in linea con il contegno tenuto in sede di primo interrogatorio, quando egli non solo ha sottaciuto ma ha apertamente mentito in ordine a diverse, anche gravi, circostanze poi emerse a seguito delle accurate indagini svolte".
"Dalle intercettazioni delle conversazioni occorse in carcere tra lui e i genitori - prosegue la sentenza - si evince chiaramente come egli fosse a conoscenza del fatto che, oltre agli elementi fino ad allora emersi, vi era molto altro a suo carico, eppure si è guardato bene dal riferirne in sede di interrogatorio". Il giovane ha mantenuto "lucidità e razionalità" dopo aver ucciso l'ex ragazza, con la "chiara e innegabile volontà di nascondere il corpo in modo quantomeno da ritardarne il ritrovamento". L'operazione di occultamento del cadavere è definita "accurata", e lo si evince da dettagli come "la scelta del luogo in cui abbandonare il cadavere, la distanza rispetto alla zona, le modalità in cui il corpo è stato lasciato". Questi "sono elementi che fanno ritenere integrati sia l'elemento oggettivo sia quello soggettivo del reato".
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