27 Luglio 2022
Adolescenti (Pixabay)
Spesso si danno appuntamento online e i loro incontri diventano virali su tutte le principali piattaforme social perché si trasformano in vere e proprie risse fra bande. I protagonisti sono sempre più giovani, adolescenti e preadolescenti che, a partire dal primo lockdown a cui tutto il Paese è stato sottoposto nel 2020, sembrano aver sviluppato un’aggressività incontenibile, che viene sfogata su coetanei o soggetti indifesi di fronte al potere del “branco”. Non un fenomeno nuovo, ma che sembra essersi acuito a causa durante gli ultimi anni di restrizioni. Per cercare di approfondire le cause della diffusione di questa rabbia fra i ragazzi della cosiddetta Generazione Z, abbiamo chiesto aiuto alla dottoressa Vanesa Rojas, psicologa specializzata in psicoterapia cognitiva e terapia focalizzata con orientamento sistemico che si occupa di disturbi emotivi, comportamentali, relazionali e dell'apprendimento di bambini e adolescenti.
Partiamo dalla cronaca: secondo i titoli delle principali testate, locali e nazionali, sembra che il fenomeno delle risse fra i cosiddetti "giovanissimi" sia in forte aumento. Quanto è veritiera questa versione dei fatti?
La violenza tra i giovani esiste da sempre e, purtroppo, si tratta di un fenomeno sociale in crescita che riguarda tendenzialmente le fasce più fragili della popolazione ma anche la classe medio-alta, dove gruppi di adolescenti decidono di ritrovarsi generalmente in luoghi aperti come piazze e parchi e dare libero sfogo a comportamenti molto aggressivi.
Sicuramente la tecnologia ha amplificato la situazione presente: è frequente che sui social si diano appuntamento, riprendano con il cellulare le risse e immediatamente le pubblichino sul web o sulle stesse piattaforme social con l’obiettivo di “dare spettacolo”, creare eco e senso di appartenenza.
A tal proposito, la letteratura evidenzia come, soprattutto nell’adolescenza, il gruppo di pari abbia una sostanziale influenza nella messa in atto di comportamenti a rischio.
Il concetto di violenza e di scontri fra gang si ricollega storicamente ad ambienti degradati, ma non sembra essere più così: quali potrebbero essere le cause di quello che sembra essere una diffusione capillare dell'aggressività verso i coetanei e non? È che differenza c'è alla base della scelta del soggetto da eleggere a "vittima" della gang?
Come segnala Franco Pina nel suo libro Gang Giovanili, ciò che spinge i ragazzi all’aggregazione fino a formare una banda di strada sono essenzialmente bisogni diffusi in quella fascia d’età quali: desiderio di identità e di aggregazione, di andare contro le regole sociali, di soddisfazione i desideri indotti dalle mode, di riempimento di vuoti esistenziali e relazionali, di iniziare a dare forma al proprio futuro. Purtroppo, in presenza di certe condizioni sociali, alcuni vivono questi bisogni in forme più “radicali” e in più aperto conflitto con il mondo degli adulti e con le istituzioni.
Rispetto alle motivazioni, diverse sono le cause che posso spiegare da dove nasce tutta questa violenza: emulare i crimini commessi dagli adulti, desiderio di sfidare le regole, prendere in giro chi è “diverso”, percezione delle disuguaglianze presenti nella società attuale e la crescente vulnerabilità dei ragazzi.
Alla base troviamo un desiderio di riconoscimento sociale, che stimola gli adolescenti a tentare di ottenere una posizione di supremazia, di rispetto e di stima attraverso atti violenti. Contribuiscono a questa condizione anche: la mancanza di sicurezza, l’invidia, la rabbia repressa, la frustrazione, la noia e le paure.
Non solo violenza contro gli altri ma anche contro sé stessi: si è registrato un cambiamento anche nella diffusione dell'autolesionismo? Se sì perché e qual è il panorama attuale del fenomeno in Italia?
Assolutamente sì. L’autolesionismo è un fenomeno molto diffuso tra gli adolescenti a partire dalla fascia compresa fra i 12 e i 14 anni. Ultimamente, la pandemia con la conseguente mancanza di contatti e relazioni oltre alla paura, la solitudine e le misure restrittive, ha impattato significativamente sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti, comportando un aumento delle richieste di aiuto per autolesionismo e tendenze suicide.
Secondo i dati ISTAT, il fenomeno dell'autolesionismo tra gli adolescenti è in aumento. Uno studio internazionale pubblicato su Journal of Child Psychology and Psychiatry, segnala che in Europa oltre un quarto degli adolescenti (27,6% con un’età media 14 anni) mette in atto comportamenti autolesivi occasionali o ripetuti nel tempo.
In Italia il fenomeno riguarda circa il 20% dei ragazzi.
È opinione comune che la diffusione del virus Covid-19 sia tra le cause dell'aumento di episodi di disagio fra adolescenti e preadolescenti: si dichiara d'accordo o ritiene che i motivi maggiormente influenti sulla salute mentale dei ragazzi siano altri?
Sappiamo che l’adolescenza è una tappa cruciale dello sviluppo umano. Rappresenta una fase di transizione dall’infanzia all’età adulta, in cui si verificano profonde trasformazioni nel corpo, la costruzione di relazioni significative a livello sociale, l’autonomia, gli interessi e la riorganizzazione dell’immagine del sé attraverso la definizione dell’identità.
Purtroppo, la pandemia, il lockdown, la didattica a distanza hanno creato, per gli adolescenti, delle condizioni di sviluppo anomale e inaspettate. In questo senso, i ragazzi hanno risentito del cambiamento delle proprie abitudini e routine, privati dei loro spazi educativi, scolastici, ricreativi e sportivi.
I mesi di isolamento e i cambiamenti improvvisi che ha portato la pandemia, hanno comportato negli adolescenti diversi disagi mentali, tra cui ansia, depressione, consumo di sostanze, disturbi alimentari, autolesionismo e suicidio. In questo senso, la pandemia ha indebolito psicologicamente molti adolescenti accrescendo le situazioni di fragilità mentale o aggravando problemi preesistenti.
Quale differenza si rileva nell'approccio delle differenti generazioni alla tematica della salute mentale e delle sue derive? Crede che ci sia una maggiore consapevolezza o attenzione all’argomento man mano che la società si evolve?
Dalla mia esperienza personale, come professionista della salute mentale e collaboratrice con diversi servizi del territorio in cui vivo, ho notato che, dall’inizio della pandemia, i servizi sociali e sanitari sono sotto pressione e di conseguenza la richiesta di aiuto ha fatto aumentare la domanda di prestazioni sanitarie e di interventi sociali.
Rispetto agli anni precedenti, c’è una maggiore richiesta di aiuto e una maggior consapevolezza dei disturbi mentali (ansia, depressione, disturbi del sonno, ecc.) che viviamo, oltre ad aspetti legati a pensieri legati al contagio, alla morte, alle difficoltà lavorative ed economiche, alle restrizioni, alla lontananza dagli affetti.
Essere in contatto con ciò che sentiamo e consapevoli delle nostre emozioni è fondamentale per capire meglio da cosa dipenda il nostro benessere psico-fisico personale e a instaurare relazioni più sane con chi ci circonda. Quando comprendiamo quello che stiamo provando, infatti, diventiamo parte attiva della nostra vita e siamo in grado di migliorare anche le relazioni con gli altri, accogliendo e comprendendo le loro emozioni.
Bisogna pensare sempre di più alla nostra salute mentale, al benessere fisico e psicologico, vivendo appieno il nostro presente, il qui ed ora.
Finora abbiamo parlato di aspetti negativi ma mi piacerebbe concludere l'intervista ricorrendo all'ottimismo: quali potrebbero essere le strade percorribili per offrire all’adolescente una soluzione ai disagi identificati finora?
Bisogna pensare a chi è l’adolescente di oggi, quali sono i suoi bisogni e come porsi per sostenerlo nello sviluppo della sua identità e della sua autonomia.
Il ruolo dell’adulto è fondamentale, perché deve accompagnare gli adolescenti con interesse e discrezione, stabilire una comunicazione sana, creando ponti e non muri, assumendo un atteggiamento rispettoso e aperto, in questo modo si sentiranno capiti ed accolti.
Creare vicinanza emotiva, empatia e condivisione rappresenta il modo migliore che un adulto ha di farsi ascoltare e di aiutare l’adolescente a prevenire eventuali situazioni di rischio. Cerchiamo di ascoltarli di più quando parlano.
È importante riuscire a creare un gioco di squadra con loro, anche coinvolgendo altre istituzioni attraverso una convergenza educativa e un contenimento nel rispetto della libertà del ragazzo e delle sue potenzialità. Agli adolescenti serve una guida discreta ma sicura. L’obiettivo non è dominare l’adolescente nelle sue intemperanze, ma trovare il giusto modo di porre dei limiti.
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