Sabato, 06 Settembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Bce: calo Pil nel 2020 dell'8,7%, stime al ribasso. 'Brusca flessione in Italia'

18 Giugno 2020

Bce: calo Pil nel 2020 dell'8,7%, stime al ribasso. 'Brusca flessione in Italia'

Bce, calo Pil dell'8,7% nel 2020, lieve rialzo nel 2021

Il Pil annuo si ridurrebbe dell'8,7% nel 2020, per poi risalire del 5,2% nel 2021. Previsto un ulteriore rialzo del 3,3% nel 2022. Queste sono le stime riportate dall'ultimo bollettino della Banca Centrale Europea. Dai dati si può notare che, rispetto all’esercizio di marzo 2020 condotto dagli esperti della Bce, le prospettive per l’espansione del Pil in termini reali hanno subito una netta revisione al ribasso, pari a 9,5 punti percentuali per il 2020, e al rialzo per il 2021 e il 2022, rispettivamente di 3,9 e 1,9 punti percentuali. "Data l’eccezionale incertezza che attualmente caratterizza le prospettive - sottolinea la Banca centrale - le proiezioni includono anche due scenari alternativi". In generale, l’entità della contrazione e della ripresa dipenderà in modo decisivo dalla durata e dall’efficacia delle misure di contenimento, dal buon esito delle politiche tese a mitigare l’impatto avverso sui redditi e sull’occupazione e dalla misura in cui la capacità produttiva e la domanda interna subiranno effetti permanenti. Il Consiglio direttivo ritiene che, "nel complesso, i rischi per lo scenario di base siano orientati al ribasso".

Bce: Pil eurozona -3,8% nel primo trimestre

Nel primo trimestre del 2020 il Pil in termini reali dell’area dell’euro è sceso del 3,8% sul periodo precedente e i nuovi dati segnalano "un’ulteriore marcata flessione nel secondo trimestre". È quanto si legge nell'ultimo bollettino economico della Bce. I più recenti indicatori economici e gli ultimi risultati delle indagini congiunturali, spiegano gli esperti della Banca centrale, "confermano una drastica contrazione dell’economia dell’area dell’euro e un rapido deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro". La pandemia di coronavirus e le necessarie misure di contenimento hanno avuto "gravi ripercussioni" sia sul settore manifatturiero sia su quello dei servizi, comportando "pesanti ricadute per la capacità produttiva dell’economia dell’area e la domanda interna".

Bce, Pmi italiane le più penalizzate

"L’indebolimento della posizione finanziaria e il peggioramento del contesto macroeconomico hanno suscitato timori tra le PMI sulla capacità di accesso ai finanziamenti”. Così la banca Centrale Europea che riferisce che le Pmi italiane sono quelle più colpiti dalla crisi generata dal coronavirus. La contrazione del fatturato “è stata più brusca” in Italia rispetto ad altri paesi dell’Eurozona.

In termini di percentuali nette, la variazione del fatturato riportata dalle imprese è stata pari al -2 per cento per l’insieme dell’area dell’euro. Il deterioramento è stato diffuso, nonostante alcune differenze tra paesi. “La flessione più brusca si è registrata in Italia – si legge nel bollettino – seguita da Slovacchia, Grecia e Spagna, mentre in Germania e Francia una percentuale netta molto più esigua di PMI ha indicato un aumento del fatturato”.

“Per la prima volta da settembre 2014 – riferisce la Bce – il deterioramento del fatturato e degli utili delle PMI nell’area dell’euro è stato considerato un ostacolo all’ottenimento di finanziamenti esterni (-18 per cento, rispetto al precedente 5 per cento), in particolare tra le PMI spagnole, italiane e portoghesi”. Le PMI hanno altresì segnalato che l’andamento delle prospettive economiche generali ha avuto effetti negativi sull’accesso ai finanziamenti, con una percentuale netta che non si registrava da marzo 2013 (-30 per cento, rispetto al precedente -13 per cento). “Il deterioramento – viene precisato – è stato diffuso tra paesi, in particolare in Germania, Italia e Finlandia, e tra settori, con percentuali nette pari al -31 per cento nell’industria, al -21 nelle costruzioni, al -31 nei servizi e al -30 nel commercio”. Rispetto alle imprese più grandi, inoltre, le PMI, e in particolare le microimprese, sono sembrate maggiormente preoccupate delle ripercussioni negative che le proprie prospettive di vendite e di utili avrebbero sull’accesso al credito.

Nel Bollettino, si segnala che anche la redditività delle PMI si è indebolita nei vari paesi e settori economici. In un contesto di contrazione del fatturato, gli elevati costi del lavoro (segnalati dal 46 per cento delle imprese in termini netti) e degli altri fattori di produzione (45 per cento) hanno infatti gravato sugli utili delle PMI in tutta l’area dell’euro (-15 per cento, rispetto al precedente -1 per cento), nonostante le condizioni di finanziamento accomodanti. In questo contesto, però, ancora una volta le pmi italiane, oltre che quelle greche, spagnole e slovacche “hanno registrato una riduzione degli utili particolarmente forte. A livello settoriale, l’industria sembra essere stata la più colpita dal deterioramento degli utili (-20 per cento, rispetto al precedente -7 per cento), soprattutto in Italia”. Anche nel settore del commercio il 19 per cento netto delle PMI dell’area dell’euro ha registrato un calo degli utili; “tale quota raggiunge il 37 per cento in Italia e il 30 in Spagna”.

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x