11 Settembre 2020
"La carica virale del tampone nasofaringeo di Berlusconi era talmente elevata che a marzo-aprile, sicuramente non avrebbe avuto l'esito che fortunatamente ha ora. Lo avrebbe ucciso? Assolutamente sì, molto probabilmente sì, e lui lo sa. E non è una boutade per esagerare visto il personaggio di cui si parla, ma è un cercare di rimanere aderenti alla realtà". Così Alberto Zangrillo, primario di Terapia intensiva del San Raffaele, ospite di Piazzapulita su La7, parlando delle condizioni del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. "Diciamo che Briatore e Berlusconi sono in situazioni più che soddisfacenti - ha aggiunto - stanno bene, per loro credo che l'epilogo di questa malattia sia vicino".
"La cosa fondamentale dell'intervento su Berlusconi non è stata tanto la terapia seguita una volta entrato in ospedale, ma è stato capire che doveva andare in ospedale e che doveva andarci in quella fase. Dieci ore dopo poteva essere troppo tardi, perché lui è un paziente a rischio per i motivi che si sanno", ha spiegato Alberto Zangrillo, precisando che ciò che è stato decisivo per il leader di FI "deve essere decisivo per tutti" i pazienti, ossia "farsene carico tempestivamente sul territorio". "E' molto più importante dare degli indirizzi ai medici di medicina generale - ha commentato - piuttosto che fare nuove postazioni di terapia intensiva che speriamo di non utilizzare mai. E poi è fondamentale avere idee molto chiare sul fatto che la tempestività di intervento è fondamentale".
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