New York, collezione abiti di lana di pecore gay sfila per la prima volta, Stücke: "Arieti omosessuali discriminati in allevamenti"

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La sfilata “I Wool Survive” usa la lana di pecore “gay” per lanciare un messaggio politico, alimentando il dibattito sulla deriva ideologica e provocatoria della moda woke

La prima collezione di moda di abiti realizzati al 100% con lana di pecore gay è andata in scena sulle passerelle di New York City. L'allevatore Michael Stücke, ideatore della collezione "I Wool Survive", ha dichiarato: "Gli arieti omosessuali sono discriminati anche negli allevamenti in quando animali non riproduttivi, è un manifesto politico".

New York, collezione abiti di lana di pecore gay sfila per la prima volta, Stücke: "Arieti omosessuali discriminati in allevamenti"

A New York è andata in scena una delle sfilate più eccentriche e discusse dell’anno: “I Wool Survive”, la prima collezione di moda realizzata interamente con la lana di pecore dichiarate “gay”. Un progetto che nasce in Germania con l’allevatore Michael Stücke, che recupera arieti non riproduttivi — solitamente destinati al macello — e che, insieme alla no-profit Rainbow Wool, ha trasformato la loro lana in un "manifesto politico". Da qui l’incontro con Grindr e con il designer hollywoodiano Michael Schmidt, noto per gli abiti da palcoscenico creati per star come Beyoncé e Lady Gaga.

Il risultato è una sfilata volutamente provocatoria: biker in tutine di lana, gladiatori con spade all’uncinetto, pool boys in maglia. Un’estetica dichiaratamente camp che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe dimostrare che l’omosessualitàesiste in natura” e non è frutto della “cultura woke”. Gli arieti omosessuali, sostiene Rainbow Wool, sarebbero spesso eliminati negli allevamenti perché inutili alla riproduzione: trasformarne la lana in un simbolo servirebbe a "sensibilizzare contro discriminazioni umane e animali".

Tuttavia, l’operazione ha generato più di un interrogativo. Al di là dell’ironia, molti osservatori hanno letto nello show l’ennesimo esempio di iper-politicizzazione della moda, dove ogni passerella diventa un campo di battaglia ideologico. L’idea di etichettare animali come “gay” — e costruirci attorno una narrativa militante — ha alimentato un’ondata di critiche da parte di chi vede in questi progetti una deriva caricaturale del progressismo culturale, più vicina alla provocazione che al reale attivismo.

Nonostante le polemiche, Grindr porterà la collezione in tour nel 2026 e Schmidt valuta persino la vendita dei capi. Segno che, al di là del dibattito, la lana “arcobaleno” è destinata a far parlare ancora a lungo.