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Venezia 82, il regista Jaume Claret Muxart debutta in Orizzonti con un racconto iniziatico sulle rive del Danubio

Il sedicenne Didac viaggia in bicicletta lungo le rive del Danubio con la sua famiglia e i suoi due fratelli minori. Ma un incontro inaspettato cambia il corso del loro viaggio: un ragazzo misterioso appare dalle acque del fiume

30 Agosto 2025

I segreti del fiume

I segreti del fiume

Jaume Claret Muxart debutta in Orizzonti con un racconto iniziatico sulle rive del Danubio

Arriva dalla Catalogna il regista Jaume Claret Muxart, che sbarca a Venezia 82 con il film “I segreti del fiume – Strange River”, storia che racconta le vicende di una famiglia composta da tre figli dai 7 ai 16 anni, in bicicletta lungo il Danubio. Con pochi dialoghi ma una grande fotografia, il film segue le vicende sentimentali la crescita del figlio maggiore tra incertezze, desideri di emancipazione. Claret Muxart, al suo esordio al lungometraggio, offre al pubblico un racconto poetico sull’adolescenza, la trasformazione e i rapporti sentimentali immersi nella natura. Nei suoi film Claret Muxart indaga spesso le dinamiche più intime della famiglia e i percorsi di ogni componente. Tra gli interessi principali del regista catalano il rapporto tra madre/padre e figli, e la trasmissione degli interessi quali arte e cultura come veicolo di interazione tra i vari soggetti di uno stesso nucleo familiare. Il regista in Strange River voleva approfondire l’idea di un’educazione sentimentale, di come l’amore possa passare dai genitori ai figli e viceversa. C’è una scena in cui il protagonista – Didac – dice al padre: “Non mi piacciono i ragazzi, mi piace Gerard”. Una frase politica, perché mostra come le nuove generazioni insegnino ai genitori nuovi modi di vivere. Nel film la natura è protagonista insieme agli attori, natura è molto presente nel film. Muxart descrive le sue sensazioni e le emozioni che scaturiscono dalla danza, dall’architettura, dalla dimensione coreografica del cinema: “Mi piace pensare che il mio cinema sia più vicino alla danza che alla letteratura - afferma il regista - forse per una frustrazione personale derivante dal fatto di non essere un coreografo, chi può dirlo? C’è probabilmente anche una componente autobiografica. Questo film è ispirato ai viaggi che ho fatto in bicicletta con la mia famiglia. Da bambino mio padre ci portava a visitare siti architettonici, mentre noi volevamo solo andare al fiume. Durante le riprese era presente e spiegava agli attori particolari tecnici sulla struttura. Ho voluto partire dalla realtà, da quei viaggi familiari, intrecciandoli poi con la finzione”. Nel film il Danubio è altamente simbolico. “È alquanto significativo per me che il film venga proiettato a Venezia, città d’acqua per eccellenza”. Jan Monter, il protagonista, aveva sedici anni durante le riprese: incarnava quel passaggio fragile e sospeso tra adolescenza e maturità, con un mistero che mi affascinava. Con i genitori e gli altri ragazzi abbiamo costruito uno spirito familiare, trascorrendo weekend insieme.

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