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"La Trama Fenicia": un film delizioso e gradevole pieno di allusioni esoteriche. Quando il cinema strizza l'occhio alla geopolitica attuale

Un cast stellare e un Benicio Del Toro perfetto. Quando il pop da il meglio di sè stesso nell'allusione e nel ritmo senza mai stancare

04 Giugno 2025

"La Trama Fenicia": un film delizioso pieno di allusioni esoteriche. Quando il cinema strizza l'occhio alla geopolitica attuale

Un film ("The Phoenician Scheme") che non delude le aspettative e che viene retto pienamente dallo stile e dal ritmo. Certo: gli attori sono tutti celebri, perfetti, straordinari e impeccabili ma il film appare delizioso per altre ragioni: lo stile british fatto di distacco ironico e imperturbabilità ("Gradisce una bomba a mano? Grazie, perchè no..."), l'estetica anni 50' sempre accattivante, il ritmo avventuroso ma non stressante nè disumano, il senso di mistero dominante ma si tratta di un mistero esistenziale/esoterico e romanzesco, senza rompicapi artificiali o eccesso di tecnicismo che oggi vizia e degrada di solito le spy stories. Sì, perchè questa è anche una spy story oltre che un feuilleton stile Orient Express o Mata Hari. Riassumiamo in breve la narrazione, senza togliere il gusto di vederlo, questo film originale e imprevedibile: il protagonista (Benicio Del Toro) è un manager internazionale spregiudicato e perseguitato dai Governi che sta lottando per un suo progetto audace che (sarebbe, così si allude) una mega infrastruttura (non chiarita, forse: idrica e di trasporti commerciali) ambientata in una non ben precisata area medio-orientale. Molte sono le allusioni all'attuale situazione geopolitica incandescente: il traffico internazionale di armi, le guerre occulte dei prezzi per danneggiare potenze avverse, progetti strategici che vengono sabotati, comunicazioni in tempo reale in tutto il mondo, spie che fanno il doppio o triplo gioco, milizie comuniste di guerriglieri mercenari, un medio-oriente che scotta e sempre in conflitto. Molte le segnaletiche che alludono a possibili riferimenti reali: numerosi fez che compaiono nel film (rinvio alla Turchia), i "camini delle fate" e le grandi teste di Nemrut Dag (Cappadocia), il nome Farouk (Egitto), il nome della Fenicia che rinvia all'area libanese e le denominazioni della mappa inventata che riguarda il progetto segreto del magnate. Ma potrebbero essere riferimenti depistanti, come ogni riferimento allusivo. Il regista Wes Anderson imprime (fortunatamente) il suo affascinante estetismo anche a questa sua opera, dopo il suo ottimo Asteroid City: colori elettrici e pastello, cromatismi iper-pop ed estremizzazione dei toni cromatici complementari. Ma forse la vera "trama" è quella, esoterica, che appare per graduali e brevi illuminazioni in quei brevi momenti in bianco e nero dove il protagonista è in coma o morte apparente o inconsapevolezza. Si tratta di cinque "morti" cioè fasi iniziatiche scandite da segni totemici e sacrificali: la capra, il cervo ucciso e pieno d'oro, la bambina vestita di bianco, un "Dio Padre" in trono che sembra Zeus-Giove-Saturno, e una piramide con al centro uno scrigno dove viene inserito un vaso canopo nero con coperchio con testa di Anubi. Per non parlare dei vari teschi, scarabei e riferimenti all'antico Egitto che si sprecano tra le vicende, come in uno sfondo subliminale. Un film-gioco dell'oca che ricorda il mazzo dei tarocchi quattrocenteschi. E ci sono anche altri passaggi narrativi dove il protagonista sfiora la morte e torna in vita come quando viene salvato dalle sabbie mobili e ricompare coperto di fango, come fosse una statua (o un adepto antico). Un'opera affascinante in quanto ambigua, come la vita, come il potere; priva di ideologie e molto più realista e attuale di quanto sembri. In joco veritas.

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