03 Luglio 2024
Come evidenziato poco sopra, la redazione del The Hollywood Reporter Roma, versione italiana del magazine statunitense, si è dimessa in massa per giusta causa perché da gennaio 2024 i dindini mensili non arrivavano e, si sa, l'uomo non vive di sola aria.
Ciò premesso, queste dimissioni collettive sono arrivate 120 giorni dopo le dimissioni di Concita De Gregorio che, nel mese di febbraio, fece bagagli e burattini salutando il resto della ciurma, forse perché aveva intuito l'andazzo? Non ci è dato saperlo.
Tutto sta a capire cosa non abbia funzionato. Che l'editore abbia ripercorso l'esempio del Woody Allen di Prendi i Soldi e Scappa, è da escludere, perché fino a prova contraria ha investito sul progetto oltre due milioni di euro in circa un anno. Il problema vero secondo me, che ho seguito il "prodotto" fin dagli inizi, è stato un altro: era fondamentalmente inutile.
Conosco abbastanza bene il mondo dell'editoria per potere affermare con una certa sicurezza che, a differenza di altre realtà similari, il The Hollywood Reporter Roma mancava di un obbiettivo editoriale, mancava di personalità.
Innanzitutto, a mio avviso, puntare su Concita De Gregorio come Direttore, per quanto all'apparenza sia un'intuizione azzeccata in virtù della sua fama, è stata una scelta infelice.
Veltroniana della prima ora, attrice teatrale poco più che dilettantistica, giornalista politica nella media delle penne politicizzate, scrittrice che non gode del genio di una Mary Shelley, diciamo che non era esattamente Anna Wintour, la storica direttrice di Vogue.
Boris Sollazzo, erede di Concita, ha semplicemente accompagnato la nave fino all'ammaraggio, niente di più.
Dicevamo: cosa non ha funzionato? Tutto. Un magazine che avrebbe dovuto avere un piglio internazionale, glam, agguerrito, di rottura, vivo, si è mostrato al pubblico come l'ancora del buonismo veltroniano e dell'amichettismo. Vi basta andare sulla homepage per capirlo, con l'inutilissimo articolo di apertura dedicato a chi? A Paolo Lucisano che sogna di trovare la nuova Paola Cortellesi, neanche stessimo parlando di Greta Garbo.
Sempre in homepage, troviamo poi interviste di cui "chiunque sentiva il bisogno", da De Sica che ribadisce per la centesima volta di non essersi pentito dei Cinepanettoni, a Nicole Morganti che parla dei diritti delle donne, da Saviano che forse ha fatto pace con Gomorra, a Vittoria Schisano (nato Giuseppe) che, se fosse regista, si chiamerebbe per interpretare il ruolo della Santa.
Anche per quel che riguarda le news, parliamo di un copia incolla di quanto si può trovare metaforicamente nei bassifondi delle agenzie stampa.
Approfondimenti, editoriali, critica: non pervenuti, o mal pervenuti.
Commenti su film e serie tv, andateli a leggere, sono quanto di più consolatorio e democristiano si possa trovare in giro, per non parlare della rubrica dedicata al lifestyle: il nulla.
E potrei andare avanti per pagine su pagine, potrei dirvi che sembrava più la vetrina dei giornalisti che non un magazine dedicato allo spettacolo, ma evito.
Cosa dovrebbe fare l'editore? Prendere una manciata di persone con un pizzico di esperienza e tanta voglia fare la differenza, in grado di rilanciare e ripensare il prodotto. Come? Semplice.
Prima cosa, mettendo al timone della baracca un resident hippy, uno senza legami, con una bella favella, irriverente, provocatorio e giornalisticamente devoto al verbo gonzo, in grado di rivoluzionare l'ancién regime amichettista pop di cui è attualmente infarcita la testata, uno in grado di trasformare il The Hollywood Reporter Roma in una voce di rottura e autorevole.
Il magazine dovrebbe far sua l'irriverenza del The Howard Stern Radio Show, con tanto di podcast. Dovrebbe avviare una rubrica di rottura e critica cinica, quanto sarcastica, dell'attualità. Dovrebbe pubblicare interviste serie, senza lecchinaggi, ad attori, attrici e registi. Dovrebbe pretendere di avere esclusive e anteprime. Dovrebbe dar voce a tutta quella frangia sottoculturale che voce non ha, tramutando in oro quella che molti considerano merda.
Il The Hollywood Reporter Roma dovrebbe andare a studiare, analizzare e stuzzicare le tendenze, avviare inchieste, rompere le scatole finanche al Papa se necessario. In pratica, sulla scia dell'esempio americano, dovrebbe essere uno tsunami nel mondo dell'editoria, non il pene flaccido e moscio che metaforicamente è.
Semmai l'editore decidesse di chiudere i battenti, sarebbe un vero peccato, perché le possibilità ci sono e sono tante.
Di Aldo Luigi Mancusi
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