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"Pinkwashing feminism!": così tuonò Elena Cecchettin. Ma Ama non ci casca, e ha ragione

La sorella della povera Giulia riemerge accusando il conduttore di Sanremo con argomenti, al solito, tra l'immaturo e il pretestuoso. Ma si intuisce la stizza per non essere stata invitata (a dispetto di iniziali trattative). Ma la violenza sulle donne ha altre cause...

09 Febbraio 2024

Elena Cecchettin

La Cecchettin crew sarà anche orientata al meglio, per se stessa, ma mediaticamente le sbaglia tutte, la smania di visibilità li tradisce tutti e li rende di difficilissima assimilazione. Prima il tour forsennato a cadavere di Giulia ancora caldo, interviste, atenei, monumenti da inaugurare, parole in libertà, scemenze svolazzanti, selfie imbarazzanti, la sorella Elena intenta a posare da dark metal di provincia, il padre Gino intento a svicolare su certi tweet imbarazzanti, Radiosboro e i 69 scoreggioni, le donne da ravanare nelle mutande, ma insomma li scrisse lui o no quei messaggi da vitellone immaturo?, mai saputo, mai capito, e poi la nonna giuliva che lanciava il romanzo a caldo “dedicato alla nipote” in un tripudio di sorrisi e senili appagamenti per l’insperata popolarità, poi spariscono, poi riemergono, poi si affidano all’agenzia, agli studi legali pesanti, alla manager inglese dei vip, stressato dai troppi impegni, proprio così, mettetevi in fila, prego, poi va dal Fabio Fazio a predicar straparlando, “dire mio mia è possesso, è patriarcato”, e quando cinguettavi di farle godere come porche, eri tu o no?, ma lascia stare, chissà, non è questo il punto, avvisaglie di minacce, di querele, poi l’annuncio, a inizio anno, una fiction su Giulia, un libro su Giulia, otto settimane e il libro è pronto, un libro contro il patriarcato alla papa Gino, ammazza che fulmine, uno che al massimo scriveva twittini pruriginosi, se poi era lui, comunque lo stesso Simenon che sfornava a ritmi industriali almeno due settimane di duro lavoro ce le spremeva.

Sì, lascia perplessa questa fregola, questa saga familiare, discutibile anche, tutta spostata su un femminismo cartoonizzato, liofilizzato, di facciata, sulla denuncia del patriarcato scentrata perché Giulia, nella distrazione o impotenza familiare, era vessata, fino ad estreme conseguenze, non dal “patriarcato” ma da un bamboccio mostruoso che, per ragioni ancora non sufficientemente sviscerate, non le ha dato tregua, ma dormiva con l’orsacchiotto a 22 anni suonati. Non si tengono, la mela del peccato mediatico l’hanno mangiata e da allora non sanno farne a meno; adesso è Giulia, la “donna dell’anno” per l’Espresso, e ho detto tutto, a intervenire su Sanremo, contro Ama, il conduttore sorrisone ma non andategli contropelo, la scorza dura da professionista incallito, da potente che dà del tu ai potenti, viene fuori subito. Che vuole Giulia, la darkettina di provincia ripulita, niente più crocifissi al contrario ed altre amenità, tutta una cosina fotosciopppata rembrandesca in copertina? Mah, ce l’ha con i bambocci di una serie, una fiction, pare si chiami “Mare Fuori”, reclutati al Sanremo di regime a dire parole melassose, ascolta, accogli, sì, no, accanto, insieme, sembrano i testi di tutte e 30 le vaccate in gara, ma che male fanno?

Ma Elena non ci sta e accusa e ammaestra: così il femminicidio non si combatte, questo è femminismo pinkwashed, rinfrescato, pretestuoso: come la sua faccia ripulita in copertina, appunto. Lei avrebbe preferito i tonanti proclami, “date fuoco a tutto”, “la colpa [della morte della sorella] è di Salvini”, “è dell’occidente capitalista”, “è del maschio bianco tossico”, tradotto: Elly, dove sei, io sono pronta, Elly, mi senti?

Dark Elena, Dark Cecchettin, forse voleva una cosa sola: andarci a Sanremo, salirci lei su quel palco, cosa che in effetti stava nell’aria. Tutta una faccenda alla "non cercatemi, lasciatemi stare, ma se non rispondo, insistete". Senonché Ama, che è un sorrisone ma sa il fatto suo, col nasone ha fiutato l’aria, che in parte girava, e la politica la lascia fare, surrettiziamente, ai qualunquisti a gettone da Morandi a Ramazzotti, da Ghali alla Mannino, lui non s’immischia e non si crea complicazioni con questa family imbarazzante. Perché questa è gente capace di combinarti un casino peggio di Chiara Ferragni e invece lì deve andare tutto liscio, soporifero, col piffero che Ama & Ciuri mollano, con ascolti del genere, mediocri ma che reggono lo share, faranno anche la sesta, la settima, la trentanovesima edizione. Le Giulia e le Elena passano, Ama & Ciuri restano, e, come la natura, seppelliscono gli uomini e durano. La Cecchettin crew dà un po’ l’idea di gelosie incrociate, di candidature al fotofinish, la sorella o il padre, la sacerdotessa o il papa di Che tempo che fa? Ma Ama non ci casca: a chi gli chiede se dovrebbe scusarsi con Elena, e solo un demente in libera uscita può avanzare una questione simile, risponde sgranando gli occhi e mandando fiamme dalle frogie: e di che? Ama ha, una tantum, tutte le ragioni. Scusarsi con chi? Con certi cacciatori di fama, o di dote? Ma per favore. Se la potevano giocare meglio, invece sono famelici, non gli basta mai non gli basta mai, e si son giocati Sanremo. Questo è. E gli omicidi in genere, sulle donne in specie, sono faccenda troppo sporca e troppo grave per cavarsela con una canzonetta o una puttanata ad uso telecamere. Elena Cecchettin semplicemente non sa di che parla, e lo dice pure male, malissimo. Distorce, ma in un modo talmente maldestro, immaturo, e palesemente strumentale, che neppure al Sanremo di regime, dove chiamano un malato oncologico post vaccino e gli fanno ribadire la fede nella scienzah, ossia nei vaccinih, non trovano posto. A proposito. Una buona chiave di lettura per l’ondata di violenza supplementare sulle femmine, potrebbe dico potrebbe, eventualmente, riscontrarsi effettivamente nella fase post vaccinale e post lockdown. Certezze no, interrogarsi, magari, anche. Le modalità sono oltre il paranoide, sono tutti omicidi pazzeschi, insani, insulsi. E, posto che è di questi giorni l’ennesima conferma sugli effetti avversi delle scellerate politiche di contenimento dei cari Speranza, Conte, Draghi, CTS, ISS, Aifa, sotto la protezione di Mattarella, quanto a violenza giovanile; posto che il Viminale stesso conferma un picco di ferocie minorili innaturali, spiegate dagli psicologi come l’effetto di un trauma collettivo destinato fatalmente a scatenarsi in aggressività pretestuosa, non si vede perché non porsi gli stessi interrogativi anche per le fasce più adulte. Qualcuno lo aveva pur immaginato: a inscatolarli tutti, a comprimere tutto, poi l’effervescenza perversa diventerà impossibile da contenere. Ci siamo: e a richiudere il vado di Pandora di una violenza incontrollata e bestiale, ma forse non così inspiegabile, non serviranno le parole di burro dei “Mare Fuori” ma neanche quelle di ferro e fuoco di Elena Cecchettin, dark vicentina, “donna dell’anno” di un rotocalco sull’orlo del tracollo editoriale.

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