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Cinema: Masi, nuovo modello business sale, concorrenza digitale

30 Maggio 2022

Gli italiani amano ancora la Tv

"Nella settimana del ritorno 'in presenza' e in grande stile del Festival di Cannes, mi scrive Laura Del Rio da Roma per chiedere tra l'altro di tornare su un tema già trattato da questa rubrica: la situazione dell'industria del cinema nel nostro Paese. La risposta non è semplice perché bisognerà aspettare di avere dati consolidati sull'impatto della pandemia nel settore". Lo scrive il professore Mauro Masi in un saggio pubblicato su Milano Finanza nel quale si spiegano i motivi della crisi delle sale cinematografiche. "Prima del Covid (quindi con riferimento all'anno 2019/2020) in Italia la filiera cinematografica (produttori, distributori, industrie tecniche, esercenti, produttori di apparecchi cinematografici) generava un giro d'affari di circa 4 miliardi di euro con la presenza di oltre 2000 aziende in prevalenza di piccole dimensioni (il 97% delle imprese è sotto i 10 milioni di fatturato). Queste ultime - fa notare - hanno dimostrato peraltro una buona tenuta con una crescita media dei ricavi tra il 3% e il 6% annuo dal 2013 al 2018 nonché una redditività piuttosto elevata (con una ebitda margin significativamente superiore al 10%). In questo contesto, già prima della pandemia, il settore delle sale cinematografiche veniva indicato come l'anello debole della filiera proprio perché stava subendo in maniera molto incisiva la concorrenza di altri media. Ora la pandemia da Covid ha accelerato e migliorato l'alfabetizzazione digitale ed ha sicuramente accentuato (ma non causato) la crisi del cinema in sala dovuta principalmente ad altre ragioni quali l'inadeguatezza tecnologica della maggior parte delle sale nazionali e un diverso modo di fruizione dello spettacolo cinematografico da parte delle generazioni più giovani. Infatti grandissima parte del pubblico di età inferiore ai quarant'anni non solo non frequenta le sale cinematografiche ma è ormai abituata a fruire il 'prodotto cinema' solo sui tablet, sui cellulari, sui computers e vari altri devices ma esclusi gli schermi televisivi, con un impatto negativo anche sui classici meccanismi del lancio pubblicitario". "Tale nuova situazione - dove sarà prevedibile una coesistenza dello sfruttamento dei film in sala con le piattaforme streaming salvo a conciliare le varie possibili windows in esclusiva - comporterà, a mio avviso, la necessità di un nuovo modello di business - sottolinea Masi - e differenti strumenti finanziari, non essendo più possibile, come per il passato, fare conto sugli incassi da box-office che costituivano una parte importante dei ricavi. I nuovi strumenti finanziari dovranno essere sicuramente non solo flessibili ma adeguati alla mutata catena del valore anche in termini temporali nell'arco di sfruttamento del prodotto cinema sui vari media. In questo contesto sono dell'avviso che dovranno essere ripensati anche i meccanismi di accesso al credito bancario (uno strumento che, non dimentichiamolo, ha fatto, in più periodi, la grandezza del cinema italiano)". Questo per quel che riguarda i meccanismi di mercato, per quanto attiene l'intervento pubblico il consiglio di Masi è "di consultare online la ampia ed esaustiva pubblicazione del ministero della Cultura Divisione Generale Cinema e Audiovisivo sulla valutazione d'impatto (anch'essa per l'anno 2019/2020) della legge 220/2016 ("disciplina del cinema e dell'audiovisivo").

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