Revoca nomine Nitag, l’ennesimo gradino nella scala che conduce a un oscurantismo scientifico dai caratteri dogmatici e omologanti
La nomina di due medici che hanno vacillato nella lealtà al rito vaccinale non poteva che essere punita con la scomunica istantanea, nello sdegno coordinato del gregge di una comunità scientifica autoreferenziale e pervicacemente monotonale
Risale a pochi giorni fa la decisione del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, di revocare il Gruppo consultivo nazionale sulle vaccinazioni o NITAG. Questa decisione è da ricondursi alle pressioni, esercitate da più parti, per la nomina in commissione di due medici noti per le loro posizioni scettiche sulle vaccinazioni.
Il NITAG è un ente autonomo che coadiuva il Ministero della Salute nel compito di dettare le linee guida vaccinali in pieno spirito “evidence-based”, un’espressione, questa, ormai assurta a status di slogan pubblicitario o di litania liturgica più che a una precisa dichiarazione di intenti metodologica: la medicina evidence-based è un sigillo, spesso posticcio, che assicurerebbe l’affidabilità di credenze scientifiche, una garanzia presunta di qualità e di sicurezza dal tenero effetto placebo e rassicurante. Ancora, il NITAG, nel solco tracciato dall’OMS, raccoglie “le evidenze scientifiche che sostengono le decisioni di politica vaccinale”. Tale organo consultivo, come dichiarato, assolve alla sua funzione originando da un assunto imprescindibile, ovvero la bontà ineludibile della vaccinazione.
I membri della commissione, infatti, non debbono stabilire se le vaccinazioni siano raccomandabili in un determinato contesto, ma la vaccinazione e la sua efficacia intrinseca rappresentano la premessa da cui avviare la discussione e attorno a cui è d’obbligo far quadrare i dati, imbellettando la facciata di una narrazione all’apparenza senza macchia: la vaccinazione è elevata a pietra d’angolo della cattedrale del credo scientifico e in quanto tale non può essere sottoposta a scrutinio meticoloso, pena il crollo reputazionale dell’oggetto di culto.
Per questo motivo, la nomina di due medici che hanno vacillato nella lealtà al rito vaccinale non poteva che essere punita con la scomunica istantanea, nello sdegno coordinato del gregge di una comunità scientifica autoreferenziale e pervicacemente monotonale. Eppure la gestione sanitaria della pandemia da SARS-CoV-2, attraverso i vaccini anti-COVID-19, avrebbe dovuto imprimere nella memoria collettiva l’abitudine di adottare cautele nei confronti di ogni terapia, poiché le motivazioni alla base dei sospetti sull’infallibilità vaccinale vi erano, eccome. Nello specifico, i vaccini anti-COVID a mRNA rispondono alla definizione di terapie geniche, implicando “l’uso dei geni per riprogrammare delle cellule in modo da prevenire, alleviare o curare delle malattie” . Tra i problemi di sicurezza di queste terapie v’è il timore che alcuni vettori virali acquisiscano virulenza durante l’uso, potendo provocare danni al genoma e interferire con i meccanismi che regolano il ciclo cellulare, aumentando il rischio di insorgenza di tumori maligni.
Ancora oggi, non vi sono dati relativi al trasferimento placentare per alcuni di questi vaccini, nonostante vi sia una moratoria nei confronti delle terapie che minacciano di modificare le cellule germinali, ovvero quelle implicate nella riproduzione e nella trasmissione del patrimonio genetico alle successive generazioni. Un articolo pubblicato su American Journal of Obstetrics and Gynecology conferma - come già molti medici avevano preconizzato - che l’mRNA non rimane concentrato nell’area di inoculazione ma può raggiungere la placenta e il sangue del cordone ombelicale.
Con il pretesto emergenziale pandemico, poi, l’UE ha fatto ricorso a uno strumento normativo specifico, ovvero la procedura di autorizzazione all'immissione in commercio condizionata (CMA), concepita per consentire l’autorizzazione di un farmaco nel più breve tempo possibile, impedendo alla comunità scientifica - non foss’altro per un mero fattore temporale - di formulare un giudizio esaustivo su sicurezza ed efficacia. Nell’ora più buia della Scienza possiamo solo contentarci della cacofonia isterica e roboante delle “squadre di protezione” del pensiero unico: tanto più spesse le catene della censura e della repressione quanto più solide le verità emergenti di un metodo scientifico rigoroso, in grado di riconoscersi fallibile e umile al punto di inserire la retromarcia al cospetto di un’impietosa analisi dei risultati.
Di Victoria Cremascoli