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Controcorrente. Lettera di un no vax a un vaccinato

Lettera, con sincera solidarietà, ad un amico immaginario

05 Gennaio 2022

Controcorrente. Lettera di un no vax a un vaccinato

Caro amico vaccinato,
ti scrivo queste brevi righe per manifestarti la mia sincera solidarietà in questo momento di dura prova in cui sei caduto.
Ti assicuro che anche se in questi due anni sono stato spesso irriso ed etichettato come “no vax”, non provo alcun rancore per te né per tutti quelli che sentivo inveire in TV e per le strade, spesso senza alcuna logica, contro i “no vax” e quindi, indirettamente, anche contro di me. Anzi, ti confido che sorridevo al vedere questo cieco accanimento e chiedevo perdono al buon Dio.

Caro amico, non potrai scordare però che molte volte, purtroppo invano, ho cercato di spiegarti che la scienza, come diceva Karl Popper è un edificio costruito sulle palafitte e che il metodo scientifico consiste di tre passi:
1) inciampiamo in qualche problema;
2) tentiamo di risolverlo, ad esempio proponendo qualche nuova teoria;
3) impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che si sono resi presenti dalla discussione critica dei nostri tentativi di risoluzione.
Spesso ti ho ricordato come una scelta individuale così importante, come l’inoculazione di un prodotto che in TV chiamano vaccino, ma che in realtà è un prodotto sperimentale, richiedesse un’attenta informativa scientifica e molto, molto studio (la scienza lo chiama Randomised controlled trial – RCT): la ricerca comincia sempre dai problemi… Tuttavia mi rispondevi che tutti i più importanti “virologi” e i grandi giornaloni avevano unanimemente confermato l’efficacia e la sicurezza dei “vaccini”.

Sai, quando ero in fila davanti ad una farmacia per il consueto tampone, magari con il freddo nelle ossa e con la consapevolezza che quell’obbligo non fosse altro che una coercizione per costringermi a vaccinarmi, ero fiero al pensiero che quel tampone potesse essere uno strumento di sicurezza sia per me che per le persone con cui venivo in contatto, te compreso. Non mi abbandonava però l’idea che quell’imposizione limitasse la mia libertà (art. 13 Cost.).
Ebbene, durante il rituale del tampone (almeno 45 tamponi fatti) avevo almeno modo di fare molte riflessioni sulle nostre polemiche. Quella volta, ad esempio, che eri a favore dell’idea fatta circolare da qualche politico che i no vax andassero individuati nelle loro abitazioni, ti feci presente che non era possibile fare ispezioni, perquisizioni e sequestri in mancanza di una legge (art. 14 Cost.).

Ridevi e ti prendevi gioco di me anche quando ti dicevo che la nostra libertà di espressione era stata violata dai mezzi di comunicazione social (art. 15 Cost.). Minimizzavi anche quando ti dicevo che noi no vax eravamo discriminati per l’impossibilità di circolare sul territorio nazionale ed internazionale (art. 16 Cost.). Non parliamo poi delle feroci litigate sui fatti di Trieste dove secondo me lo Stato aveva annientato il diritto di manifestazione pacifico contro la “tessera verde” che limitava il diritto al lavoro (artt. 1, 4, 17 e 21 Cost.); affermavi che le forze dell’ordine avevano fatto bene a disperderli.

Ma gli argomenti che ci dividevano maggiormente erano quelli sulla democrazia e sul diritto alla salute (art. 32 Cost.): quando ti confidavo le mie preoccupazioni sul fatto che la stampa era imbavagliata, tranne qualche testata ancora libera, mi davi del complottista e mi dicevi che era impossibile ritornare all’epoca del ventennio del secolo scorso. Sulla salute ti stimolavo a riflettere sul perché, dall’inizio della pandemia, il Governo avesse puntato esclusivamente sui “vaccini” e non anche sulle cure domiciliari del Covid che nel corso dei mesi avevano fatto passi da gigante, grazie alle ricerche dei vari medici, spesso osteggiati e ridicolizzati dai virologi star.

Non ci siamo più parlati dopo l’ultima accesa discussione nella quale mi dicesti che secondo te era giusto che in caso di ricovero in ospedale di un no vax le spese per le cure dovevano essere sostenute dal malato no vax e non dalla collettività. Vane sono state le mie argomentazioni sulla questione del funzionamento della capacità contributiva che prevede che tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche (art. 53 Cost.) e sul fatto che quando anni fa ti eri rotto la caviglia nell’incidente con quell’automobilista privo di assicurazione le spese per l’operazione e le relative cure le avrebbe dovute pagare lui, mentre invece questi costi, purtroppo li ho sostenuti anch’io con le mie tasse…

Caro amico vaccinato, al di là di questi brutti ricordi, come ti dicevo in questa mia lettera, sono molto dispiaciuto per la tua pericardite che non ti permetterà più di giocare a calcetto come ai bei tempi. Mi spiace anche per la perdita del tuo lavoro a causa della chiusura del tuo ristorante, dove abbiamo passato indimenticabili cene.

Ma anche la notizia della tua seconda positività al Covid mi ha rattristato, nonostante la tua terza dose di “vaccino”; vedrai però che dopo la sesta dose lascerai alle spalle queste ricadute (almeno così dicono i virologi).

Sarei felice se anche tu fossi solidale con me, dal momento che mi è stata tolta “legittimamente” la possibilità di andare in un ristorante o in un bar, di viaggiare nella mia città e fuori dalla mia regione, nonostante, grazie a Dio, stia bene di salute e non abbia mai avuto alcun problema con questa brutta pandemia.
Un caro abbraccio e coraggio, nulla è perduto!

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