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Fini dopo Atreju, “la carta segreta di Giorgia Meloni per tentare la scalata al Colle, e dietro le quinte…” - ESCLUSIVA

Alla fine, il cerchio si chiude nel modo più romanissimo possibile: Fini non torna ma diventa decisivo. Meloni domina il governo ma per il Colle ha bisogno di lui. Gli avversari si affannano, mentre il vero regista non appare mai

12 Dicembre 2025

Fini dopo Atreju, “la carta segreta di Giorgia Meloni per tentare la scalata al Colle, e dietro le quinte…” - ESCLUSIVA

Meloni e Fini, fonte: imagoeconomica

Ufficialmente Fini non torna. Anzi, fa pure il distaccato: «Ho già dato», «La politica è un capitolo chiuso». Perfetto. È il tipo di negazione che a Roma vale più di una conferma.

Perché qui non si tratta di tornare: si tratta di contare. E lui, nel silenzio, conta più di molti ministri in servizio permanente.

La vittoria postuma? No: è la pedina chiave del futuro

Meloni lo sa. Eccome se lo sa. Lei è la sua scommessa vinta, sì, la “creatura” che Fini aveva visto prima di tutti. Ma ora il rapporto si ribalta: è Giorgia che ha bisogno di Fini.

Non per gestire il governo, non per fare da tutor ideologico, ma per qualcosa di molto più ambizioso: il Colle.

Perché se davvero la premier deciderà di tentare la scalata al Quirinale – e nei corridoi di Palazzo Chigi non lo negano più – l’unico jolly spendibile, credibile, si chiama Gianfranco Fini.

Il “fattore F.”: una rete che nessuno ha

Fini è l’unico che ancora parla la lingua dei poteri che contano:
ambienti istituzionali, centri moderati, famiglie politiche europee, cancellerie che Meloni oggi non può bussare da sola.
Altro che “padre nobile” dimenticato: Fini è l’intermediario di cui lei avrà bisogno se vuole convincere il Parlamento, rassicurare i mercati, pacificare l’establishment e non sembrare una candidata “di parte”.
In poche parole, il suo lasciapassare per il Colle.

E a differenza dei vari Salvini, Tajani e compagnia cantante, Fini non spaventa nessuno: è riconosciuto, istituzionale, “bonificato”, un ex leader che oggi può permettersi la neutralità. Proprio ciò che serve a una premier che aspira a diventare Presidente della Repubblica.

Le telefonate che pesano più dei vertici di maggioranza

I contatti tra i due? Pochi, rarissimi, mai ostentati. Ma quando avvengono – ricostruiscono fonti a lei vicinissime – sono strategici.
Linee guida, movimenti, scenari.

Meloni capisce che per il Colle non basta il consenso popolare: serve un ponte verso mondi che diffidano di lei. E quel ponte, per quanto ironico possa sembrare, è l’uomo che la sinistra per anni ha accusato di voler “normalizzare” la destra.

Alla fine, il cerchio si chiude nel modo più romanissimo possibile: Fini non torna ma diventa decisivo. Meloni domina il governo ma per il Colle ha bisogno di lui. Gli avversari si affannano, mentre il vero regista non appare mai.
Una vendetta sottile, chirurgica, quasi aristocratica: la destra che voleva cancellarlo (quella che gli dava del "traditore" e che albergava anche all'interno di Fratelli d'Italia) ora dipende da lui per scrivere il proprio futuro più alto. Fini non torna.
Ma è la carta che Giorgia vuole giocare per salire sul Colle.

Di Eric Draven

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