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Esenzione IMU alle scuole paritarie: l’emendamento che divide la Manovra 2026

La proposta della Lega apre ai Comuni la possibilità di esentare dall’IMU gli immobili B/5 usati da scuole paritarie. Un intervento che riaccende il conflitto tra pluralismo educativo e tutela della scuola pubblica.

10 Dicembre 2025

Esenzione IMU alle scuole paritarie: l’emendamento che divide la Manovra 2026

Lega Nord (foto profilo Facebook @legatrentino)

Un emendamento che riapre un fronte storico

Nel pieno dell’esame della Legge di Bilancio 2026, un emendamento della Lega sta alimentando un confronto acceso: consentire ai Comuni, in deroga all’autonomia tributaria, di deliberare l’esenzione IMU per gli immobili in categoria catastale B/5 quando ospitino scuole paritarie impegnate in un servizio pubblico di istruzione. Si tratta di una facoltà regolamentare, non di un obbligo, ma sufficiente a rimettere al centro un dilemma che accompagna l’Italia da vent’anni: quale equilibrio deve prevalere tra parità scolastica e tutela della scuola statale?

Autonomia tributaria e rischio di disparità territoriali

La norma, proposta dal senatore Romeo, introduce una deroga all’art. 52 del d.lgs. 446/1997, aprendo alla possibilità di rinunciare a una parte del get­tito IMU. Per alcuni Comuni potrebbe trattarsi di un sacrificio sostenibile; per altri, soprattutto nelle realtà con molte scuole paritarie, potrebbe rappresentare un impatto rilevante sui bilanci locali. La criticità più evidente riguarda il rischio di creare un’Italia a due velocità: territori capaci di concedere l’esenzione e territori che non possono permettersela. Una “parità scolastica” che finirebbe per dipendere non dalla legge, ma dalla solidità finanziaria del singolo ente.

Il sostegno della maggioranza: libertà educativa come priorità

La maggioranza difende la misura come un tassello della strategia volta a rafforzare la libertà di scelta educativa. La Premier Meloni e il Ministro Valditara insistono sul fatto che l’Italia sia ancora lontana da una vera parità scolastica. La manovra 2026, con l’aumento dei finanziamenti alle paritarie da 800 a 886 milioni, si muove nella stessa direzione, in continuità con precedenti interventi: detrazioni più elevate per le rette e maggiori risorse per l’inclusione degli alunni con disabilità.

Le critiche: un vantaggio selettivo che penalizza la scuola pubblica

Le opposizioni e numerose associazioni laiche denunciano l’ennesimo favore al settore privato, mentre la scuola statale affronta carenza cronica di fondi, edifici vetusti e organici insufficienti. Secondo i critici, un’ulteriore agevolazione fiscale consoliderebbe un sistema a doppio binario, dove la qualità dell’istruzione dipende dalla possibilità delle famiglie di sostenere costi aggiuntivi. Il rischio evocato è quello di una privatizzazione strisciante, che erode il principio costituzionale di universalità del diritto allo studio.

Il quadro costituzionale: il diritto allo studio come bussola

Ogni intervento sul sistema educativo dovrebbe confrontarsi con l’art. 34 della Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli economici all’accesso all’istruzione. Un sostegno crescente alle scuole paritarie, senza un parallelo investimento sulla scuola pubblica, rischia invece di ampliare le disuguaglianze. Finché la rete statale soffrirà di strutture fatiscenti, servizi ridotti e assenza di una programmazione pluriennale, ogni misura sbilanciata apparirà come un passo nella direzione sbagliata.

Uno snodo politico decisivo per il futuro dell’istruzione

Da liberale e riformista, riconosco il valore del pluralismo educativo, ma esso non può trasformarsi in un privilegio. La parità scolastica non deve significare competizione tra pubblico e privato, bensì integrazione responsabile tra i due pilastri del sistema nazionale. L’emendamento della Lega, pur animato dall’intento di sostenere un servizio pubblico svolto anche dalle paritarie, arriva in un contesto in cui la scuola statale è in affanno. Senza una strategia complessiva e investimenti equilibrati, il rischio è che la misura alimenti nuove fratture sociali, lasciando i Comuni e le famiglie più deboli a pagare il prezzo di scelte fatte altrove.

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