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Il piano del Quirinale per fermare la Meloni, una “grande lista civica nazionale”: ammucchiata centrista per togliere voti alla premier

Per impedire al centrodestra di rivincere nel 2027 ed eleggere il presidente della Repubblica, al Colle lavorerebbero a un’ammucchiata ulivista. Ma non basta: «Ci vorrebbe un provvidenziale scossone...»

18 Novembre 2025

Il piano del Quirinale per fermare la Meloni, una “grande lista civica nazionale”: ammucchiata centrista per togliere voti alla premier

Sergio Mattarella, fonte: imagoeconomica

Le manovre del Quirinale contro le maggioranze di centrodestra sono ormai un classico della Seconda Repubblica. Dunque, ciò che raccontiamo in queste pagine, che ci giunge da una fonte più che autorevole, non ci stupisce. Non è la prima volta che lassù sul Colle provano a sabotare la volontà popolare. Lo scorso anno, in un’intervista al Corriere della Sera, il cardinale Camillo Ruini raccontò di un pranzo avuto nel 1994 con l’allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro. Tra una portata e l’altra servita da camerieri in guanti bianchi, il presidente della Repubblica chiese a quello della Cei di aiutarlo a far cadere Silvio Berlusconi.

Che tra lui e il premier non corresse buon sangue si sapeva e si sapeva pure che Scalfaro garantì a Umberto Bossi che non avrebbe sciolto le Camere se la Lega avesse tolto l’appoggio al governo del Cavaliere. Però nessuno immaginava che, alla presenza del segretario di Stato, cardinal Angelo Sodano, e del cardinale Jean-Louis Tauran, il presidente fosse arrivato fino al punto di chiedere la benedizione del Vaticano per far cadere un governo legittimamente eletto dagli italiani. Come poi avvenne: il Carroccio si sfilò dalla maggioranza e Berlusconi fu costretto alla resa. Il Parlamento non venne sciolto e al posto del legittimo vincitore delle elezioni, colui che a sorpresa aveva battuto la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto, fu nominato Lamberto Dini. Al banchiere fu chiesto di guidare il Paese per un anno, giusto il tempo di consentire alla sinistra di riorganizzarsi dopo la sconfitta. Così nel 1996, con la Lega che decise di correre da sola, Romano Prodi riuscì a conquistare Palazzo Chigi, regalandoci cinque anni di governo cattocomunista.

La storia degli sgambetti del Colle a Berlusconi si è ripetuta poi nel 2011, quando, come ormai è universalmente noto, la manovra a tenaglia di Giorgio Napolitano con Francia e Germania, oltre che con l’appoggio della Bce, costrinse nuovamente il Cavaliere alle dimissioni. Al suo posto arrivò un altro tecnico, questa volta non un ex banchiere ma un ex rettore, il mitico Mario Monti, un uomo così parco da costringere tutti a tirar la cinghia, tra tasse sulla casa e addii alla pensione. Come ho scritto ieri, aver scippato agli italiani il diritto di scegliere da chi farsi governare ha spalancato le porte ai grillini, come reazione a una decisione calata dall’alto, cioè dal Colle.

Siccome la storia non insegna niente, neanche ai capi dello Stato, la manovra si è ripetuta con Mario Draghi. Nel 2021, in seguito alla caduta del governo Conte, invece di sciogliere il Parlamento, a Palazzo Chigi è stato nominato il banchiere centrale, trasformando l’emergenza in una regola, ovvero rendendo normalmente accettabili esecutivi senza maggioranza politica, perché non votati dagli elettori.

Adesso, a un anno e mezzo o poco più dal voto, c’è chi vorrebbe riprovarci. Consiglieri di Sergio Mattarella, a quanto pare, si agitano nella speranza di fare lo sgambetto a Giorgia Meloni e impedirle di arrivare a conclusione del mandato e di candidarsi nel 2027 per il prossimo. Sulla Verità già mesi fa avvertimmo di strane manovre per evitare che il centrodestra potesse rivincere le prossime elezioni. C’è chi è arrivato a immaginare un candidato moderato di centrosinistra per tentare di ripetere il successo del 1996 con Prodi. L’operazione, a prescindere da chi la debba guidare, passerebbe però dalla rottura della coalizione di centrodestra (come nel 1994), per portare una parte centrista in braccio ai compagni. Obiettivo, impedire non solo una vittoria di Giorgia Meloni, ma che una maggioranza non di sinistra nella prossima legislatura possa decidere il sostituto di Sergio Mattarella.

A quanto pare si ragiona di una «grande lista civica nazionale», una specie di riedizione dell’Ulivo, con dentro tutti. Un’ammucchiata centrista per togliere voti alla Meloni. Ma forse questo potrebbe non essere sufficiente e allora il consigliere di Mattarella, Francesco Saverio Garofani, tre legislature come parlamentare del Pd, invoca la provvidenza. «Un anno e mezzo di tempo forse non basta per trovare qualcuno che batta il centrodestra: ci vorrebbe un provvidenziale scossone», sussurra l’uomo del Colle. In che cosa consista lo scossone non è noto, ma lo si può immaginare. Un no al referendum sulla giustizia potrebbe aiutare. La Corte dei Conti e altri giudici impegnati a mettere i bastoni fra le ruote all’esecutivo darebbero una mano. E magari, perché no, anche una bella crisi finanziaria come ai tempi di Berlusconi, con lo spread alle stelle. Insomma, al Quirinale pur di fermare la corsa della Meloni le pensano proprio tutte. Dunque, urge stare all’occhio. A sinistra la chiamerebbero vigilanza democratica. Contro poteri forti e poteri marci.

Di Maurizio Belpietro

Fonte: La Verità

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