11 Novembre 2025
Totò Cuffaro, fonte: imagoeconomica
La Procura di Palermo ha disposto il sequestro di circa 80mila euro in contanti riconducibili a Totò Cuffaro, ex presidente della Regione Sicilia e attuale leader della Nuova Democrazia Cristiana, nell’ambito dell’inchiesta su presunti appalti truccati nella sanità siciliana, associazione a delinquere e corruzione.
Secondo quanto emerso, parte del denaro era custodito in alcune casseforti all’interno dell’abitazione palermitana di Cuffaro, mentre un’altra somma sarebbe stata trovata nascosta nella sua tenuta di San Michele di Ganzaria, nel Catanese.
Nel dettaglio, in una cassaforte occultata in una libreria nello studio della casa di Palermo gli investigatori avrebbero trovato 7.500 euro in banconote deteriorate, altri 200 euro in una busta gialla, 8.800 euro in banconote da 50, 4.140 in banconote da 20 e 2.300 in banconote da 50.
In una seconda cassaforte, invece, sarebbero stati rinvenuti 5.000 euro in banconote da 100, 5.150 euro sempre da 100, 650 euro avvolti in documenti di trasporto dell’azienda agricola intestata alla moglie di Cuffaro, Giacoma Chiarelli, e 2.065 euro nascosti tra fogli di carta.
Un ulteriore mobile blindato in camera da letto conteneva 2.200 euro, mentre il resto del denaro sarebbe stato occultato nella tenuta di campagna di San Michele di Ganzaria.
Il sequestro si inserisce in una più ampia indagine della Procura di Palermo su una presunta rete di corruzione e favoritismi legata alla gestione di gare d’appalto nella sanità siciliana.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, ha portato alla richiesta di arresti domiciliari per 18 persone, tra cui, oltre a Cuffaro, anche Saverio Romano, deputato di Noi Moderati ed ex ministro dell’Agricoltura nel quarto governo Berlusconi.
Le accuse, formulate a vario titolo, riguardano associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione. Al centro delle indagini c’è la gara d’appalto per l’affidamento dei servizi di ausiliariato e reception bandita dalla Asp di Siracusa, che secondo l’accusa sarebbe stata illegittimamente assegnata alla Dussmann Service srl, in luogo della ditta Pfe, che avrebbe dovuto risultare vincitrice.
Nel corso degli interrogatori preventivi davanti al gip Carmen Salustro, alcuni degli indagati avrebbero fornito versioni divergenti.
Il commissario della gara, Vito Fazzino, ha ammesso di aver commesso un falso ma ha sostenuto di essere stato indotto in errore, motivo per cui la Procura ha revocato la richiesta di arresto nei suoi confronti.
Ammissioni sarebbero arrivate anche da Giuseppa Di Mauro, presidente della commissione di gara, la quale avrebbe confermato che l’aggiudicazione era stata rinviata su pressione dell’allora direttore generale dell’Asp, Alessandro Maria Caltagirone, nominato – secondo l’accusa – su indicazione di Romano.
Altri indagati, tra cui Ferdinando Aiello, consulente che avrebbe mediato tra l’impresa e l’azienda sanitaria, hanno invece respinto ogni accusa. Gli interrogatori di altri coinvolti, tra cui Paolo Emilio Russo, Marco Dammone e Mauro Marchese, sono stati rinviati.
Per tutti, tranne che per Fazzino, resta pendente la richiesta di arresto, su cui il gip si pronuncerà nei prossimi giorni.
Per Saverio Romano, in quanto parlamentare in carica, l’eventuale applicazione della misura restrittiva richiederà anche l’autorizzazione del Parlamento.
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