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Consob, scatta il totonomi per la successione di Savona: in pole Federico Freni, in lista anche Federico Cornelli e Gabriella Alemanno - RETROSCENA

La scelta del successore di Paolo Savona alla presidenza della Consob, benché formalmente lontana — il mandato scadrà solo l’8 marzo 2026 — è destinata a diventare uno dei dossier più sensibili dell’ultimo biennio del governo Meloni

07 Novembre 2025

Consob, scatta il totonomi per la successione di Savona: in pole Federico Freni, in lista anche Federico Cornelli e Gabriella Alemanno - RETROSCENA

Federico Freni, Federico Cornelli e Gabriella Alemanno, fonte: imagoeconomica

Nel governo la parola d’ordine è “prudenza”, ma le manovre sono già cominciate. Perché la scelta del successore di Paolo Savona alla presidenza della Consob, benché formalmente lontana — il mandato scadrà solo l’8 marzo 2026 — è destinata a diventare uno dei dossier più sensibili dell’ultimo biennio del governo Meloni. E non solo per il peso dell’istituzione che vigila sui mercati finanziari, ma perché la decisione arriverà in contemporanea con la partita delle grandi partecipate pubbliche: Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna, Snam, e — a seguire — il rinnovo dei vertici di Mps. Un calendario che impone scelte calibrate e, soprattutto, politicamente sostenibili.
Il nome che circola con maggiore insistenza nei corridoi del Mef è quello di Federico Freni, sottosegretario leghista all’Economia, romano e romanista, già apprezzato da Draghi e oggi in ottimi rapporti con Giancarlo Giorgetti. Nessuna smentita ufficiale, nessuna conferma, ma il suo profilo tecnico-politico piace a Palazzo Chigi: giurista raffinato, profondo conoscitore del diritto dei mercati e tra i redattori del nuovo Testo Unico della Finanza, Freni è considerato da molti “l’uomo giusto per una Consob più moderna e meno autoreferenziale”.
La sua giovane età – quarantacinque anni – è però un tema. Non tanto per l’anagrafe in sé, quanto per il simbolismo: sostituire Savona, che compirà novant’anni nell’autunno del 2026, con un profilo che non avrebbe ancora i requisiti minimi per il Quirinale (servono cinquant’anni), rappresenterebbe un salto generazionale netto. E se da un lato ciò si presterebbe a una narrazione di “rinnovamento”, dall’altro rischierebbe di riaccendere le tensioni interne tra Lega e Fratelli d’Italia, specie tra chi – nei due partiti – rivendica la continuità di un’autorità indipendente non piegata agli equilibri politici.
Nei palazzi si racconta che Giorgetti stia giocando di sponda, mantenendo un profilo basso ma non ostile. Freni è un "suo" uomo, ma non un suo “fedelissimo”: semmai un tecnico politico che ha saputo muoversi in equilibrio tra il pragmatismo del ministro e la linea sovranista di via della Scrofa. E proprio per questo potrebbe rappresentare la sintesi che Meloni cerca: una figura di garanzia, gradita ai mercati ma capace di parlare anche al mondo politico.
Non mancano però i nomi alternativi. Federico Cornelli e Gabriella Alemanno, entrambi già commissari Consob, sono candidature “interne”, dunque rassicuranti per il personale dell’Autorità e per i grandi operatori. Alemanno, sorella di Gianni, porta con sé un profilo tecnico-amministrativo e una lunga carriera nella pubblica amministrazione, ma la parentela potrebbe diventare un elemento divisivo in un clima politico già polarizzato. Renato Loiero, consigliere economico della premier, è l’opzione che molti definiscono “istituzionale”: competente, riservato, vicino alla presidente del Consiglio ma non legato a un partito. Una scelta che avrebbe il vantaggio della neutralità, ma che difficilmente incontrerebbe l’entusiasmo della Lega.
Sul tavolo, poi, c’è il fattore tempo. La scadenza del 2026 consente a Meloni di calibrare la decisione in parallelo con le altre nomine strategiche: un mosaico complesso, nel quale ogni tassello influisce sull’altro. Chi andrà alla Consob dovrà avere non solo i titoli, ma anche il peso politico necessario per reggere un incarico che, negli ultimi anni, è diventato crocevia di dossier delicatissimi — dai controlli sulle Opa al rapporto con la Banca d’Italia, fino alla trasparenza delle operazioni di Borsa in un contesto di crescente pressione internazionale.
Il rischio, per l’esecutivo, è che la scelta venga letta come un segnale di “occupazione” di un’istituzione indipendente. Da qui il mantra che trapela da Palazzo Chigi: “decidere bene, ma non dare l’impressione di decidere per appartenenza”. Ecco perché, nonostante il pressing di alcuni esponenti leghisti, la premier potrebbe prendersi tutto il tempo possibile, magari rimandando la partita a dopo la tornata delle partecipate, quando i rapporti di forza nella coalizione saranno più chiari.
Nel frattempo, il totonomi continuerà a muoversi sottotraccia, tra cene riservate, dossier riservati e analisi di curriculum. Con una consapevolezza: la Consob non è solo un’Autorità di vigilanza, ma un osservatorio privilegiato sul potere economico del Paese. E chi ne prenderà la guida, in vista del 2027, avrà voce anche sulle partite che contano davvero — dai capitali pubblici alle strategie industriali.
In politica, si sa, il tempo delle nomine è il tempo del potere. E la corsa alla successione di Savona è appena iniziata.

Di Christopher Robin

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