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La destra ha tradito la causa palestinese, la furia di Meloni contro la Flotilla e i sindacati che indicono lo sciopero pro-Pal: cosa c'è dietro?

Il fenomeno italiano non è isolato. In tutta Europa, l'estrema destra ha progressivamente abbandonato le sue antiche simpatie terzomondiste per abbracciare posizioni filoisraeliane, spesso strumentali all'islamofobia

04 Ottobre 2025

La destra ha tradito la causa palestinese, la furia di Meloni contro la Flotilla e i sindacati che indicono lo sciopero pro-Pal: cosa c'è dietro?

Giorgia Meloni (fonte: lapresse)

Negli ultimi giorni il dibattito politico italiano è stato dominato dalla durissima reazione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni contro la Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria internazionale diretta a Gaza con aiuti e medicinali. Le accuse sono state pesanti: gli attivisti sono stati definiti "irresponsabili", accusati di mettere a rischio la pace, di perseguire scopi propagandistici anziché aiutare davvero i palestinesi.

Meloni contro tutti

Ma la furia del governo non si è fermata alla Flotilla. Sono stati attaccati anche coloro che hanno scioperato in solidarietà con l'iniziativa, i sindacati rei di aver proclamato uno sciopero generale di venerdì, perfino i parlamentari che hanno partecipato alla missione. Un'escalation verbale che ha incontrato grandi perplessità: perché tanta veemenza contro un'iniziativa umanitaria? Cosa si nasconde dietro questa reazione apparentemente spropositata?

Al punto che Gad Lerner, intellettuale ebreo solitamente estremamente misurato e riflessivo, durante una puntata di Otto e Mezzo su La7 ha lanciato un'accusa esplicita e durissima: "Il mio timore è che Giorgia Meloni stia cercando l'incidente. Mi era già venuto il dubbio quando ha italianizzato l'omicidio politico di Charlie Kirk, in quel modo, drammatizzandolo. Lei spera che qualcuno cada nella tentazione del gesto sconsiderato, domani, nelle manifestazioni per Gaza". Un'accusa di calcolo politico cinico, che fotografa il clima incandescente di questi giorni e la percezione diffusa e generale di una strategia della tensione orchestrata dal governo. La risposta emerge scavando nella storia della destra italiana. Una storia che molti hanno dimenticato, o preferiscono dimenticare. Una storia che inizia con un volantino ingiallito del 1990.

Un volantino del 1990 racconta una storia dimenticata

"Fermare il massacro". Lo slogan campeggiava in maiuscolo su un volantino datato 27 ottobre 1990, firmato dal Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano. Le richieste erano chiare: sanzioni economiche contro Israele, riconoscimento dello Stato Palestinese, una conferenza internazionale per la pace in Medio Oriente.

Non era propaganda di un collettivo di sinistra. Era la voce della destra italiana post-fascista, quella che avrebbe dato i natali a buona parte gli attuali vertici di Fratelli d'Italia: Fabio Rampelli, Paola Frassinetti e Giorgia Meloni, che in quegli anni muoveva i primi passi nella militanza politica.

Questo perché negli anni Settanta e Ottanta, il Fronte della Gioventùincarnava un'identità politica ben precisa: terzomondista, anti-imperialista, solidale con le lotte dei popoli oppressi. In quel contesto ideologico, il sionismo veniva percepito come proiezione del potere americano in Medio Oriente. I giovani missini portavano la kefiah, ciclostilavano volantini pro-Palestina, organizzavano manifestazioni. La componente rautiana del MSI, guidata da Pino Rauti e dominante nel Fronte della Gioventù, era vicina al panarabismo di Nasser e guardava con interesse ai movimenti di liberazione nazionale del Terzo Mondo, in una prospettiva terzaforzista che rifiutava tanto il capitalismo atlantico quanto il comunismo sovietico. Questa corrente, influenzata dal pensiero di Julius Evola e dalle teorie del "socialismo nazionale", tentava di costruire una via autonoma che coniugasse nazionalismo rivoluzionario e istanze sociali radicali. Questa corrente, pur minoritaria nel partito dove prevaleva la linea filoisraeliana di Giorgio Almirante, aveva una forte presa sui giovani militanti. La rivista "La voce della fogna" e altri giornali del movimento giovanile esprimevano posizioni dichiaratamente antisioniste e filopalestinesi. In buona sostanza, battendosi per l'autodeterminazione dei popoli, tra cui quello palestinese, naturalmente,  erano, e sentivano fortemente di essere, anti-imperialisti e anti-americani, soprattutto anticolonialisti.

Il cambio di paradigma: da Fiuggi a Netanyahu

La svolta avvenne con il congresso di Fiuggi del 1995, quando il MSI si trasformò in Alleanza Nazionale sotto la guida di Gianfranco Fini. Con questo passaggio, la componente filoisraeliana divenne dominante e il tema palestinese scomparve progressivamente dall'agenda politica. Durante una visita in Israele nel 2003, Fini definì le Leggi Razziali come "un male assoluto del XX secolo", segnando una rottura netta con il passato fascista. Ma il vero ribaltamento si consumò con la nascita di Fratelli d'Italia e, soprattutto, con l'ascesa al governo di Giorgia Meloni nel 2022. Da quel momento, la destra italiana ha completato la sua metamorfosi: da sostenitrice della causa palestinese a strenua alleata di Israele, in particolare del governo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu.

Il tweet dimenticato e l'imbarazzante giravolta

Nel 2014, durante l'Operazione Margine Protettivo a Gaza, Giorgia Meloni pubblicò un tweet (sull'attuale X) che oggi suona come un'autocondanna: "Un'altra strage di bambini a Gaza. Nessuna causa è giusta quando si sparge il sangue degli innocenti".

Undici anni dopo, con oltre 60.000 palestinesi uccisi a Gaza secondo le stime (di cui circa la metà bambini), la stessa Meloni è diventata una delle più fedeli sostenitrici di Netanyahu in Europa. Nel maggio 2025, il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha mostrato quel tweet in Aula alla Camera, definendo la trasformazione della Presidente del Consiglio "la più riprovevole sul piano morale e la più sanguinosa sul piano umano" tra tutte le sue giravolte politiche.

Le ragioni strategiche del tradimento

Il cambio di posizione non è casuale né improvvisato. Ha radici profonde nella strategia di legittimazione internazionale di Fratelli d'Italia. Meloni, da quando è salita al potere, ha dovuto dimostrare alle cancellerie europee e americane di essere un leader affidabile, superando i sospetti legati alle origini post-fasciste del suo partito. Questa necessità di entrare nel salotto buono ha comportato quindi un allineamento pressoché totale alle posizioni atlantiste e filoisraeliane. Fratelli d'Italia fa parte dell'ECR (Conservatori e Riformisti Europei), gruppo parlamentare che ha strettissimi legami con il Likud di Netanyahu. I due partiti sono "Global Partners", hanno organizzato convegni congiunti a Gerusalemme, ospitato reciprocamente esponenti nei rispettivi eventi.

A maggio 2025, mentre a Gaza si consumava quello che la Corte Internazionale di Giustizia ha definito un "plausibile genocidio", una delegazione dell'ECR si è recata in Israele per "rinsaldare l'alleanza strategica" tra l'Europa conservatrice e lo Stato ebraico.

La destra europea tra conformismo e nostalgie

Il fenomeno italiano non è isolato. In tutta Europa, l'estrema destra ha progressivamente abbandonato le sue antiche simpatie terzomondiste per abbracciare posizioni filoisraeliane, spesso strumentali all'islamofobia. Il Front National francese (oggi Rassemblement National) di Marine Le Pen, pur tentando occasionalmente aperture tattiche verso il mondo arabo, ha seguito una traiettoria simile.

Questa trasformazione risponde a una logica precisa: nella nuova narrazione della destra europea, Israele è visto come avamposto della civiltà occidentale contro l'islamizzazione. Il nemico comune è diventato il mondo musulmano, non più l'imperialismo americano. Una mutazione ideologica profonda che ha stravolto decenni di posizionamento politico.

Il malcontento nella base

Non tutti però hanno digerito questa svolta. Massimo Arlechino, ex militante del MSI (uno dei fondatori di Alleanza Nazionale), oggi Presidente del Movimento Indipendenza, ha dichiarato in un'intervista al Fatto Quotidiano: "I giovani di destra, quelli del Fronte della Gioventù e quelli venuti dopo, erano anti-imperialisti, anti-americani e si battevano per l'autodeterminazione dei popoli. Sulla causa palestinese e sul rapporto con gli Usa, Meloni ha tradito i valori della comunità in cui è cresciuta".

Anche nella base militante di Fratelli d'Italia serpeggia il malcontento. Le fonti riferiscono che molti attivisti, formatisi nella cultura del Fronte della Gioventù, faticano ad accettare l'allineamento acritico a Netanyahu e la complicità con quella che gran parte del mondo considera una catastrofe umanitaria.

La crisi della Flotilla e l'ipocrisia del governo

Il punto più basso si è toccato in questo ottobre 2025, quando il governo Meloni ha sostanzialmente abbandonato gli attivisti della Global Sumud Flotilla, missione umanitaria internazionale diretta a Gaza con aiuti e medicinali. Mentre Netanyahu faceva abbordare le navi in acque internazionali, Meloni ha accusato gli attivisti di "irresponsabilità" e di "mettere a rischio la pace". Il contrasto con le sue stesse dichiarazioni (e con la realtà dei fatti) del 2014 è stridente.

Come ha sottolineato Giuseppe Conte: "Giorgia Meloni non ci racconti più la storia che è madre e cristiana. Perché altrimenti non dovrebbe voltarsi dall'altra parte quando fanno a pezzi migliaia di bambini". L'opposizione ha denunciato ripetutamente la "complicità" del governo italiano con le politiche di Netanyahu, ricordando che l'Italia non ha mai condannato formalmente le azioni militari israeliane, non ha votato per sanzioni contro Israele, non ha riconosciuto lo Stato di Palestina. Meloni ha dichiarato che riconoscerà la Palestina solo dopo il rilascio degli ostaggi e l'esclusione totale di Hamas, ponendo condizioni che di fatto rendono impossibile il riconoscimento.

Il caso italiano è particolarmente emblematico perché dimostra come le identità politiche possano essere stravolte in tempi relativamente brevi. I giovani missini che negli anni Ottanta manifestavano per la Palestina, sono oggi i ministri e parlamentari che giustificano l'operato di Netanyahu. Quella stessa Giorgia Meloni che nel 2014 piangeva per i bambini di Gaza oggi considera "irresponsabili" chi cerca di portare aiuti umanitari nella Striscia. La vicenda solleva domande fondamentali sulla coerenza politica, sui valori traditi, sulle alleanze mutevoli. E soprattutto sul prezzo umano di queste trasformazioni: oltre 60.000 palestinesi morti, un territorio ridotto in macerie, una catastrofe umanitaria senza precedenti nell'epoca contemporanea.

Il volantino del Fronte della Gioventù del 1990 resta lì, documento di un tempo che sembra lontanissimo. "Fermare il massacro", chiedevano allora i giovani della destra italiana. Oggi quello stesso massacro continua, ma loro guardano dall'altra parte.

In conclusione, questa metamorfosi racconta molto più di un semplice cambio di posizione su una questione di politica estera. Rappresenta la parabola di un'intera generazione politica che ha sacrificato le proprie radici ideologiche sull'altare del potere e della legittimazione internazionale. La storia della destra italiana e della Palestina è una storia di tradimenti, di memorie rimosse, di principi abbandonati. È la storia di come le convenienze del presente possano cancellare gli ideali del passato. Ed è, soprattutto, la storia di un popolo, quello palestinese, che continua a pagare il prezzo delle alchimie geopolitiche e delle convenienze elettorali altrui.

Mentre a Gaza si continua a morire, il Fronte della Gioventù di un tempo non esiste più. Al suo posto c'è una classe dirigente che ha imparato a parlare il linguaggio del potere, dimenticando quello della solidarietà con gli oppressi. Un tradimento che, forse, la Storia non perdonerà.

Di Eugenio Cardi

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