23 Agosto 2025
Mario Draghi, fonte: imagoeconomica
Sostiene un «europeismo pragmatico» e forse proprio per questo, pur avendo scritto una tesi - di stampo keynesiano perchè allora era allievo di Federico Caffè - in cui riteneva «che la moneta unica era una gran sciocchezza», quando era governatore della Bce Mario Draghi fece di tutto per salvare quella moneta. “Whatever it takes to save the euro” fu, per intero, la frase paradigmatica del suo mandato. Salvare la moneta per salvare l’Unione europea in una specie di “simul stabunt simul cadent”.
Nella sua lezione al Meeting di Cl, l’ex premier ha scattato la sua fotografia all’Unione europea, senza sconti, ma sottraendosi all’ultimo passaggio politico che alla fine è il nodo gordiano di questa strana creatura.
Cos’è l’europeismo pragmatico? È il mero raggiungimento di risultati comuni? Bene, ci sto: lo penso anche io ma - più sommessamente - faccio rilevare che non c’era bisogno di cambiare i trattati per una torsione azzardata e mal riuscita qual è stata il passaggio dalla Comunità europea all’Unione europea. Se si voleva restare nel pragmatismo si evolveva quella matrice e la si poggiava sulla globalizzazione con anticipo, arrivando a proporre un modello aggregativo come oggi sono i Brics ma con la caratteristica continentale. I Brics (oggi in forma ancor più estesa) sono e agiscono come la Comunità europea avrebbe potuto essere e agire.
Invece no. E infatti siamo in una situazione assurda: l’Europa non è uno Stato, non ne ha la forza politica e alla prova dei fatti, pur essendo un grande mercato, non dispone di leve negoziali per difenderlo. Quasi un anno fa scrissi un libro ancora oggi attuale che si chiama “Maledetta Europa” che rileva esattamente tutte le debolezze strutturali del progetto europeista: hai la Moneta (un unicum: una moneta unica senza una Banca centrale con i poteri statutari delle vere e proprie Banche centrali) ma non hai la Spada. Una assurdità sorretta da una strana e fallace retorica irenista per cui il mercato garantisce la pace.
Dopo una vecchia ammissione di Giuliano Amato per cui l’euro non avrebbe potuto funzionare e dopo un simile giudizio del premio Nobel Stiglitz autore del saggio “L’Euro - Come una moneta comune minaccia il futuro dell’Europa”, eccoci all’ennesima lettura critica di Mario Draghi. «Per anni l’Unione europea ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata». «Trump ci ha dato una sveglia brutale».
Ieri in tv ho sostenuto che Draghi è un campione nel far tredici il lunedì: è vero, ma non posso non riconoscergli che qualche critica nel recente passato l’aveva pur evidenziata. Comunque sia, andiamo avanti con l’analisi dell’ex premier. «Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi imposti dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere, ma in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa». Poco rilevante, secondo Draghi, anche il ruolo giocato nelle trattative per la fine della guerra in Ucraina. «Nonostante abbia dato il maggior contributo finanziario all’Ucraina, l’Ue ha avuto finora un ruolo abbastanza marginale nei negoziati per la pace». Ma non solo. «L’Europa è stata spettatrice anche quando i siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava. Questi eventi hanno fatto giustizia di qualunque illusione che la dimensione economica da sola assicurasse una qualche forma di potere geopolitico».
Dunque, che fare? La morale batte sul solito chiodo: «È chiaro che distruggere l’integrazione europea per tornare alla sovranità nazionale non farebbe altro che esporci ancor di più al volere delle grandi potenze». E allora giù con la solita retorica tossica: stringiamoci in maniera ancora più forte per una vera integrazione, facciamo come ai tempi dell’emergenza Covid e del Next generation Eu, ricorriamo al debito comune per recuperare le risorse necessarie ad affrontare le sfide che arrivano da Usa, Russia e Cina. «Bisogna imparare ad andare d’accordo».
«Possiamo cambiare la traiettoria del nostro continente. Trasformate il vostro scetticismo in azione, fate sentire la vostra voce. L’Ue è soprattutto un meccanismo per raggiungere gli obiettivi condivisi dai suoi cittadini. È la nostra migliore opportunità per un futuro di pace, sicurezza, indipendenza: è una democrazia e siamo noi, voi, i suoi cittadini, gli europei che decidono le sue priorità».
Ancora una volta, Draghi si limita a fare l’umarell, cioé il vecchietto che guarda il cantiere. Gli manca il coraggio di compiere l’ultimo miglio decisivo: chiedere al popolo, con un referendum, siete disposti a rinunciare ai vostri Stati nazionali, alle vostre Patrie, per una Patria europea? L’Europa legittimata dall’alto non ha funzionato e non funzionerà; una Europa eventualmente legittimata dal basso, può consentire una costruzione migliore. Sfidiamoci in questo referendum: io difenderò le ragioni della mia Nazione legata solo ad un progetto tipo Brics o Comunità europea.
Di Gianluigi Paragone
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