21 Aprile 2025
I cattolici di stretta osservanza non discutono, in pubblico, nessun papa, nella loro devozione medievale passano da Ratzinger a Bergoglio come non fossero stati l'uno l'opposto dell'altro e se glielo fai notare dicono: è il papa. Ma chi ragiona e non è bigotto o ipocrita sa che anche il papa è umano e come tale può essere fazioso, bigotto o ipocrita. Bergoglio era un po' più che fazioso e un po' meno che ipocrita, come la pensava si capiva subito e lui voleva si capisse subito: se poteva, evitava di incontrare i capi di Stato sgraditi, tutti quelli non progressisti, se proprio non c'era verso di evitarli gli scappavano, sotto gli occhi del mondo, certe smorfie di disgusto come se avesse avuto vicino delle merde giganti. L'immagine che resta di Francesco, almeno per chi scrive, è quella alla vigilia della disfatta della sua americana in pectore, la Kamala Harris, tète a tète con “Emma”, la papessa radicale, la Bonino delle mille battaglie e delle mille giravolte. Bergoglio di ammalati ne visitava tanti e questo era molto umano, molto evangelico, ma che fosse “proprio come papa Giovanni”, poteva scriverlo giusto “Repubblica”. Che voleva dire papa Bergoglio mostrando il legame di amicizia con la vecchia leader ultra laicista? Che un papa passa sopra le piccolezze, bestemmioni en plen air e aborti a migliaia, brutali, con le pompette di biciclo? Ma era lo stesso che definisce i medici abortisti “dei sicari, né più né meno”: ci passava sopra in nome dell'accoglienza spericolata che tanto piace all'agenda globale, alle nostre istituzioni somme?
C'era chi in questi comportamenti contraddittori vedeva la confusione dell'anticristo, del demonio: di sicuro questo pontefice imprevedibile e non di rado strampalato godeva nello sparigliare le carte, a confondere i fedeli che, per parte loro, si limitavano a non vedere, ligi al dogma dell'insindacabilità papale che resta indiscutibile per i fondamentalisti ma non per i ragionanti. Bergoglio e Bonino in veranda, più complici che amici: scena da influencer, dettata anche, se non soprattutto, da precisi calcoli nei quali si riassumeva il senso e lo spirito di questo pontificato: lui che la definisce “esempio di resistenza”, ma a cosa? Alla sofferenza? Ai tempi che cambiano e si cavalcano in tutte le direzioni? Bergoglio nel caos ci ha nuotato come un pesce nel mare: denuncia la debolezza del cristianesimo e pretende di curarla con afflussi islamici, si scaglia contro il consumismo della vanità ma ne adotta simboli e comandamenti, da Greta a Emma, dal climatismo fanatico alle migrazioni irragionevoli, istanze che scristianizzano il poco che resta. Il woke, l'agenda globale, prevede esattamente questo: svitare la testa della gente e riavvitargliela al contrario senza eredità di un sentimento religioso. Dal balletto dei sessi alla riproduzione in leasing, dall'aborto modaiolo alla tratta dei migranti, dal consumismo moralistico al capitalismo moralistico; questo papa contraddittorio inveisce, tra il beffardo e il rabbioso, contro la “frociaggine” e la compravenda di uteri, di feti, ma subito si smentisce, “chi sono io per giudicare?”. Ma il giudizio personale di un papa, improntato alla misericordia e alla comprensione, è diverso dal giudizio dell'eredità cristiana, va almeno temperato, armonizzato. Invece eccolo rinnegare il suo disprezzo argentino ostentando benevolenza verso i megafoni dell'agenda globale: come fa ad adottare uno come Casarini, passato da noglobal a globalista puro? I suoi autocrati preferiti si chiamano Lula, Morales, con Xi non ha problemi, ha allevato una casta di sommi sacerdoti che non la vedono la spietata repressione del clero cinese e se la vedono dicono che va bene così, che i preti di laggiù si debbono adeguare, anche al martirio se capita. Ma per cosa? Per consentire al clero superstite di durare nella ricchezza senza senso e senza fondo, completamente slegato dalla società?
Sotto Francesco, con Francesco il processo del distacco dai fedeli si è accentuato, sarà stato anche il segno dei tempi ma nelle chiese restano i vecchi e i bigotti, quasi nessuno frequenta i sacramenti, tutti dicono di avere una religione personale che è come dire di non averla, la religione personale è una superstizione personalizzata che prevede autoindulgenza, pretende i miracoli ma rifiuta i sacrifici e le penitenze, le durezze del lascito cristiano. In compenso nei 12 anni dell'ultimo pontificato l'Europa cristiana, l'Italia scristianizzata hanno assistito alla definitiva conquista dell'Islam rabbioso, più invasivo che inclusivo, fenomeno che non si può addossare alla Chiesa ma del quale la Chiesa è stata complice, dando prova di un realismo sconcertante. Come a dire: tanto ormai hanno vinto, meglio assecondarli e spremere il possibile con la tratta dei clandestini.
Hanno detto di questo papa che è andato oltre la Chiesa e può essere vero ma in un senso preoccupante al di là della retorica; comunque nessuno ha saputo indicare in quale direzione. Dava l'impressione di voler scrostare il messaggio cristiano da secoli di interpretazioni assurde o fuori dal tempo, ma ci vuole tempo e non un approccio pop. Certamente voleva ripulire la curia, ma non gli è riuscito e se mai l'ha infiltrata di personaggi discutibili nella sua scia che è stata di impoverimento culturale, di sottomissione al relativismo imperante che punta a svuotare lo spiritualismo cristiano credendo di poter trattare col fondamentalismo musulmano. Un papa scelto dai poteri forti, come a dire dalla finanza senza dio, che si fa essa stessa unico dio, maturato nella disastrosa fase estera di Obama dopo aver fatto fuori Ratzinger col beneplacito dell'Islam pronto ai roghi; insomma il papa adatto per questi tempi di resa incondizionata dove bruciano le chiese e a nessuno sembra importare, perfetto per questo clero progressista che si organizza con notori trafficanti di umanità in nome della carità. Sociale, social, ma irrilevante in politica estera, nel gioco dei grandi poteri che decidono le guerre, le tregue, le pandemie, le tecnologie repressive. I suoi messaggi sulla pace ad ogni costo non erano diversi da quelli di tutti i papi, ma non risuonavano, erano senza peso, senza autorevolezza.
E anche di questo lui pareva non curarsi. Su ogni papa se ne dicono di tutti i colori, ma Bergoglio sembrava goderne, certe volte con malizia, altre quasi con acrimonia, senza darsi la pena di spegnere i sospetti più maliziosi o più tremendi. Non comunista? Forse, imparziale? Come no, come uno che va da Fabio Fazio e in quel mare di balbettii servili ci si trova benissimo. Un papa come sospeso in una nuvola, che richiama all'essenzialità ma vanitoso come un “creatore digitale”. E andava dalla “sorella” Emma Bonino, la nonna di tutte le abortiste seriali, di una ideologia tutto tranne che cristiana. Tempi effimeri, di vanità sacralizzata: di Bergoglio restano comportamenti anche imbarazzanti, le insofferenze che non lo rendevano più umano ma più bizzarro, le facce da bambino imbronciato se gli mettevano vicino un conservatore, mentre coi rottami del comunismo sudamericano era gioviale, ilare, perfettamente a suo agio. Certo, un papa è anche un capo politico (e come tale si può e si deve considerare, giudicare), però non un politico di mestiere; è o dovrebbe essere qualcosa d'altro e di più. Invece Francesco si stagliava come la figurina di un presepe napoletano tra gli altri divi di gesso, fantasmagorici, irreali, un presepe improbabile come piace all'Unione Europea che i presepi vuole proibirli: e il papa garrulo, come distratto, indifferente.
Decisamente questo pontefice “giunto da un paese lontano” sapeva come suscitare sconcerto anche se molti hanno voluto dire che stava solo cercando di riportare il Vangelo ad una essenzialità cruda e quasi indisponente: come a dire che sotto i predecessori il Vangelo si era perso. E questo lo dicono ogni volta che muore un papa, per cui chi vuole, se non bigotto, può trarre le inevitabili conclusioni. Morto un papa se ne fa un altro, recita il detto popolare, cinico oltre la fede, e si vuol dire che il mondo gira comunque e nessun papa è in grado di invertirne il giro, anche se qualcuno ha saputo determinarne il senso, il tempo. Non è il caso di quest'ultimo, e in un certo senso è una fortuna. Ma di alcune cose gli va dato atto: ha sofferto il martirio ed è morto da uomo e da papa. Fino alla croce. Smentendo chi lo voleva estraneo o perfino contrario alla sua missione. È morto consumandosi nel suo ministero, quale che fosse. È morto a Pasqua, quando si celebra la Resurrezione. “Come la passerai?”, gli avevano chiesto e lui: “Come posso”. Forse sapeva, sentiva. Liberi tutti, ragionanti, bigotti, atei devoti, di considerare questa coincidenza agghiacciante, nel modo che preferiscono. Per inciso, distrutto lui pure dai vaccini dopo i quali è tracollato, da quell'idolatria nella falsa scienza cui la sua Chiesa aveva ceduto in un modo mortificante, desolante: quella resterà una delle pagine più oscure nella post modernità del clero cattolico, qualcosa a suo modo di epocale nel peggio, capace di scoraggiare, di allontanare molti dei residui praticanti.
Ma tutto passa e anche il papa gesuita passa: secondo una delle più che discutibili pratiche pubblicitarie in cui ormai indulge la Chiesa influencer, lo faranno santo subito, prima di subito e va bene, uno più uno meno, basta che non mettano al suo posto un Casarini, una Ilaria Salis, un imam, uno di Hamas perché ormai con la chiesa bergogliana e da oggi post bergogliana ogni cosa che puoi pensare è vera.
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