31 Gennaio 2025
Il guaio di questo tempo che chiamano liquido non è la malainformazione o disinformazione quanto la normalizzazione che rende accettabile qualsiasi abominio, anzi lo trasforma in merce pubblicitaria. La storia dei decaduti Ferragnez, dall'Ambrogino d'oro “per meriti sociali” alle ombre dei tribunali, è esemplare: dai cinquanta milioni di seguaci che si traducono in altrettanti milioni di fatturato, alle inchieste e i rinvii a giudizio. Lui in mezzo al crimine ultrà di San Siro, appena indagato per rissa, lesioni e percosse, la storia del pestaggio punitivo su un altro influencer, un allenatore di ginnastica per influencer, affidato ai pendagli da curva che l'ex ragazzino bullizzato di Buccinasco chiama fratelli e coinvolge nella tutela dei figli, negli affari; lei rinviata a giudizio per truffa aggravata, la stessa ipotesi di Wanna Marchi. E siccome vive nell'alienazione mediatica, dice: “Non credevo ci volesse un processo, pensavo bastasse la promessa di un risarcimento e l'accordo con quello del Codacons”. Il Rienzi delle mille trovate e le mille autocandidature, passato dal definire delinquenti i Ferragnez a scambiarcisi i complimenti e le magliettine, a farci business sociale. Vergognoso? Squallido? Ma no, normale, normalizzato. La presunta imprenditrice Ferragni, una che ha fatto i gran soldi senza aver mai creato un bottone, come terminale di marchi o fotografandosi il culetto a filo d'acqua, va a processo per l'ipotesi che segue: avere scientemente, volontariamente ingannato i consumatori inducendoli a pagare dei pandori di Natale 3 volte il prezzo di mercato nella convinzione di agevolare la beneficenza in sostegno di bambini malati di cancro: quelli per capirci che trascorrono le loro feste, sapendo che possono essere le ultime, in reparto oncologico, guardando il mondo oltre i vetri, con i loro crani lucidi. In realtà la beneficenza veniva dirottata, secondo le accuse, a se stessa, col conseguente guadagno di oltre 1 milione di euro; stesso meccanismo a Pasqua, con le uova di cioccolata, questa volta usando altri bambini, autistici. Roba che attende conferme in giudizio, certo, ma così come è stata ricostruita non ha dello spaventoso, non suggerisce un cinismo da mostri? Eppure questa Ferragni continua a girare e i giornali istituzionali ad ascoltarla, a riportarne le farse social e i comunicati stampa.
Ferragni non è stata abile a difendersi, ha biascicato di “errore di comunicazione” indossando una vestaglietta da paziente oncologica, come a dire mi sono fatta beccare, la prossima volta starò più attenta; ha proposto curiose transazioni come pagare una multa con la beneficenza abusiva a se stessa rivolta, ma è stata brava a disinnescare la portata morale dei suoi presunti comportamenti. Mentre spuntano testimoni delle aziende coinvolte, come la Balocco, a sostenere che la faccenda partì proprio da lei, questa opaca eroina dei nostri tempi dirotta la notizia di un rinvio a giudizio imbarazzante indulgendo sulla paccottiglia sentimentale: ora accusa l'ex marito di crudeltà, di tradimenti in serie, rivela che “tutto il nostro matrimonio è stato una presa in giro fin dall'inizio anzi da prima di sposarci”. Per i gonzi che li seguivano, senz'altro. È la conferma di una finzione nella finzione: falso amore, falsa famiglia per venderla, dalle ecografie dei figli al falso ménage che si risolveva in documentari televisivi, in ospitate a Sanremo e nelle scalate politiche a un passo dalle candidature. Vergognoso? Ma no, normalizzato. Ferragni accusa il marito di tresche e Fabrizio Corona, che di Fedez è manager de facto, che gli ha curato il libro autobiografico da fare uscire subito dopo il festival, le rinfaccia la lussuria, i tradimenti con Achille Lauro, con altri personaggi all'altezza. E stiamo parlando del Corona condannato ad oltre 13 anni per 73 capi d'imputazione, un compendio della malvivenza. Fa schifo? No, fa tendenza, fa normalità, normalizzazione.
Di Fedez escono le bravate, le foto in gita con capi ultrà finiti dentro per narcotraffico e tentato omicidio, lui come altri presi a Sanremo, come il Killa che, travolto da un'accusa di assocazione a delinquere di stampo mafioso coi soliti, si è ritirato. Fedez doveva fabbricare una bibita di acqua e zucchero che i boss di San Siro avrebbero imposto, con la violenza, dappertutto: sugli spalti, nelle bancarelle, associati ai biglietti razzolati dalle società, perfino nei parcheggi di cui avevano il controllo. C'erano soggetti come i fratelli Lucci definiti belve, pronti a scannare, e Fedez gli pagava la gita a Parigi, tutti in posa, mentre il Killa ci andava alle cresime dei figli, ai cenoni di Natale. Osceno? Macché, fico, logico, normalizzato. Ma di questi Ferragnez che si “selfavano” al Gran Premio con Mattarella, nientemeno, si parla del gossip, delle corna più che dei profili penali o morali. Tutto normalizzato, tutto perdonato. Per questa strada, tutto si può disinnescare, edulcorare, dalle auto elettriche ai vaccini per un virus che dopo 5 anni non si sa ancora da dove sia uscito: dopo la FBI, anche la CIA ipotizza manipolazioni di laboratorio ma i teorici dell'oblio insistono: macché, è stato un pipistrellino al mercato. Senza prove, anzi in spregio alle prove e alla logica scientifica che richiede il salto di specie, un altro animale di raccordo con l'uomo, circostanze concrete, reali. Il fatto che a Wuhan, in un laboratorio gestito insieme tra cinesi e americani, il teorico della pandemia Fauci potesse entrare e uscire a piacimento e in segreto non preoccupa i tifosi del pipistrello o pangolino. Come dicono quelli dell'Istituto Superiore di Sanità: “A questo punto la verità non si saprà mai”. Lo dicono con rammarico o con sollievo? Non si saprà o non si dirà? Non si dovrà dire che si è preteso di curare un virus ufficialmente ignoto con un “vaccino” ufficialmente ignoto ma dagli effetti spaventosi? E allora per cosa muoiono stecchiti in quaranta al giorno, in maggioranza giovani e bambini, per cosa la gente in tutto il mondo si ammala di cancri che li mangiano in pochi giorni? Non è atroce, non è cento, mille volte peggio dell'Olocausto? No, è fatale, è normalizzato.
In questi giorni i telegiornali e giornali di regime celebrano in gran pompa i 10 anni del regno di Mattarella, qualcosa di impensabile, di esorbitante alla luce della Costituzione garantista di cui il Capo dello Stato figura in ruolo garante. In attesa di arrivare ai 14 del doppio mandato, qualcosa di inaudito. Ma basta parlare di “record”, basta tratteggiare Mattarella come un santo repubblicano che tutto controlla e a tutto provvede. Omettendo la sua pesantissima influenza sui lockdown, sulle vaccinazioni coattive, sulla repressione di fatto, sopra la commissione Covid, depotenziata per suo espresso comando, sull'Unione Europea della quale egli dice: ce ne vuole di più, farne a meno è impensabile. E potrebbe dire: dalla UE si esce solo in una bara. Ma questa UE è la stessa che da oltre 30 anni tortura l'Italia, la impoverisce, le crea problemi devastanti. Una cosca di falsi eletti, di burocrati parassitari che di fronte ai fulminei cambiamenti introdotti da Trump non trova di meglio che elaborare un mostruoso corpus di 29 pacchetti normativi ulteriori in materia di ambiente, migliaia di regolamenti criminali e demenziali per paralizzare il sistema industriale continentale e in particolare italiano. Ieri questo coacervo della grande finanza e della grande industria, nonché del pensiero unico manicomiale e criminale, ha superato ogni umorismo macabro nominando la miracolata Ilaria Salis, occupatrice seriale di case, consulente della Commissione Casa dell'Europarlamento. Non è grottesco, non è pornografico, non è scandaloso? Macché, è istituzionale, è europeista, è democratico. È normalizzato.
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