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Democrazia, di cosa parliamo ? Di un sistema di governo fondato sul capitale, che necessariamente fa l'interesse del capitale

Esiste davvero una superiorità morale dell'Occidente? Vale la pena di morire per un sistema di governo che è stato svuotato di significato?

10 Marzo 2024

Democrazia, di cosa parliamo ? Di un sistema di governo fondato sul capitale, che necessariamente fa l'interesse del capitale

Fonte: LaPresse

Rubo l’incipit a Raymond Carver: “Di cosa parliamo quando parliamo di democrazia?”

Con l’intento dichiarato di esportare – o difendere - la democrazia, l’Occidente a guida americana persegue un fine apparente, lodevole, e un fine occulto, biasimevole.

Naturalmente, il fine occulto deve restare tale e tutti i media mainstream devono puntare sul fine apparente per manipolare l’opinione pubblica.

Tutto è andato bene – o abbastanza bene – fino a quando il fine occulto non è a poco a poco trapelato. Oggi, grazie al capillare controllo dell’informazione, la maggioranza delle persone crede ancora alla narrazione ma una minoranza (uso le parole di Monsignor Carlo Maria Viganò), si è risvegliata. Il Grande Risveglio come movimento di contrasto al Great Reset auspicato dal Professor Klaus Schwab, il vegliardo a capo del World Economic Forum di Davos.

In questi giorni, è stato postato sui canali Telegram un discorso di Eugenio Cefis dal titolo La mia patria si chiama multinazionale, pronunziato all’Accademia militare di Modena, 23 febbraio 1972.

Si dice che proprio questo discorso abbia colpito Pier Paolo Pasolini, al punto da indurlo a scrivere Petrolio.

Cito un paio di passaggi. Il primo, a proposito delle compagnie petrolifere: “La potenza economica di queste società le induceva spesso a svolgere un ruolo di primo piano nella vita politica locale, un ruolo che poteva essere preponderante nei deboli e arretrati Paesi produttori”.

Il secondo, a proposito dei Paesi europei: “Esiste quindi la tendenza dello Stato a controllare sempre più i fatti economici. Questo avviene: – attraverso l’intervento diretto, sotto forma di aziende pubbliche; – attraverso strumenti monetari, cioè regolando la quantità di moneta e credito a disposizione degli operatori economici; – attraverso strumenti fiscali e tariffari, cioè con agevolazioni e sgravi fiscali che facilitino o rendano più difficile il conseguimento di determinati obiettivi, oltre che naturalmente con gli strumenti classici di azione verso l’esterno: barriere doganali, controlli finanziari e sui cambi.”

Era il 1972. I Paesi europei erano Nazioni sovrane, in grado di contrastare efficacemente le ingerenze delle multinazionali.

Oggi, gli strumenti citati da Eugenio Cefis non esistono più. L’industria di Stato è stata in massima parte privatizzata, gli strumenti monetari, fiscali e tariffari non esistono più, in quando l’Italia non ha sovranità monetaria, gli sgravi fiscali sarebbero in contrasto coi Trattati dell’Unione Europea, le tariffe, le barriere doganali e i controlli finanziari sui cambi sono reliquie del passato.

Perché è importante sottolineare questi cambiamenti? Perché sono stati epocali. L’Unione Europea infiltrata dalle lobby ha privato gli Stati membri degli strumenti necessari per contrastare lo strapotere delle multinazionali. Persino il termine multinazionali è obsoleto. Oggi l’economia mondiale - almeno in Occidente – è plasmata dai tre grandi fondi d’investimento BlackRock, Vanguard e State Street (23 trilioni di dollari di patrimonio gestito). Multinazionali operano in regime di quasi monopolio - in barba alla normativa antitrust – e pagano le tasse in misura ridotta grazie alla sede in paradisi fiscali. Si pensi a Microsoft, META, Amazon eccetera eccetera.

E qui vengo al punto che mi interessa sviluppare: la democrazia è la condizione indispensabile per consentire a questi soggetti di sviluppare i propri affari.

La politica moderna ha necessità di denaro, appoggio dei media, sostegno dei movimenti di opinione. La grande finanza può soddisfare tutte queste necessità della politica, a condizione che ci sia democrazia.

Il legame che lega la grande finanza alla democrazia è questo. Naturalmente, per mantenere il consenso dell’opinione pubblica, si continua a far leva sul fine apparente, lodevole.

Tutto il mondo Occidentale è costruito su due pilastri: il dollaro e la democrazia. Il dollaro – e soprattutto il petroldollaro – è lo strumento che consente a un ristrettissimo gruppo di potenti di espandere il dominio americano. Questi potenti sono i banchieri che controllano le banche centrali (istituzioni private, leggete su Wikipedia i soci della Banca d’Italia). La FED, organismo privato investito di una funzione pubblica, ha un Presidente di nomina presidenziale. Ma sbaglia chi pensa che sia la politica a dettare le politiche monetarie: oggi più che mai in passato è la finanza a comandare e persino a scegliersi i politici.

Così, quando gli obiettivi della politica non coincidono con quelli della grande finanza, è la finanza a imporsi.

E naturalmente un Presidente debole è il candidato ideale.

La politica – intesa come programmazione della società, perseguimento del benessere comune dei cittadini di una Nazione – è totalmente e forse definitivamente defunta, almeno in Occidente.

Tuttavia, per dare una parvenza di legalità a un mondo che è vittima di pochi tiranni, si spingono i cittadini a confrontarsi su temi irrilevanti, secondari, del tutto ininfluenti. Esempio classico la gender culture.

Il cretino di turno (sono tentato di fare i nomi di noti colleghi giornalisti…) andrà da Fabio Fazio a sostenere che in Occidente c’è democrazia perché è possibile farsi una queer family. Preso dalla foga di compiacere i telespettatori, affermerà che noi abbiamo il diritto di criticare i nostri politici, mentre Vladimir Putin imprigiona i suoi oppositori.

Vero, ma i grandi temi sono altri.

Prima di tutto, c’è il tema della sovranità monetaria. Il debito pubblico è ormai insostenibile e tutti i giorni constatiamo lo scadimento dei nostri servizi pubblici: scuola, sanità, giustizia. Senza sovranità monetaria, il nostro Paese è costretto a indebitarsi a tassi variabili e siamo – ormai da molti anni – al punto che un attacco all’Italia da parte della grande finanza può fare cadere un Presidente del Consiglio democraticamente eletto.

Poi, c’è il tema della sovranità in materie altrettanto importanti, come quella militare e sanitaria.

In molti scrivono apertamente che l’Italia è una colonia e il numero di basi americane e laboratori di massima sicurezza dove vengono sviluppate armi biologiche sul nostro territorio lo conferma.

L’OMS è finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation e tra pochi mesi avrà pieni poteri per dettare le politiche sanitarie in tutto l’Occidente (vaccinazioni obbligatorie, green Pass, protocolli terapeutici eccetera). La Bill & Melinda Gates Foundation, insieme ai già citati tre fondi d’investimento BlackRock, Vanguard e State Street, è uno dei player più importanti della grande finanza. L’impegno per la diffusione dei vaccini è sfociato nella costituzione del CEPI (proprio a Davos) il 21 luglio 2017 da parte della Norvegia della Bill & Melinda Gates Foundation, della casa farmaceutica Wellcome e del World Economic Forum di Davos del Professor Klaus Schwab: "Le malattie epidemiche riguardano tutti noi. Non rispettano i confini. CEPI è una partnership globale innovativa tra organizzazioni pubbliche, private, filantropiche e della società civile. Lavoriamo insieme per accelerare lo sviluppo di vaccini contro le malattie infettive emergenti e consentire un accesso equo a questi vaccini per le persone durante le epidemie".

Dunque, “Di cosa parliamo quando parliamo di democrazia?”

Di una forma di governo che è ormai una facciata per coprire e garantire il potere della grande finanza. Di una forma di governo che in teoria è rappresentativa della volontà popolare, ma de facto agisce nell’interesse esclusivo di un’oligarchia finanziaria.

Emblematico il caso della sinistra, che è completamente venuta meno alla propria funzione di tutela delle classi sociali più deboli e che invece di fungere da voce critica e riformista accetta e difende acriticamente lo status quo.

Un leader rivoluzionario – o semplicemente riformista – potrebbe emergere unicamente nell’ipotesi assai improbabile di una rivoluzione popolare che sospendesse la democrazia.

La grande finanza lo sa bene e proprio per questo controlla la dissidenza finanziando dei finti dissidenti, leader che dopo una vita da sovranisti vanno a farsi dare i bacetti e gli abbracci da Joe Biden e Ursula von der Leyen.

Gente che sostiene opinioni alternative su aspetti secondari delle nostre vite (la gender culture, ad esempio) ma sui grandi temi (l’erosione di sovranità, lo strapotere della grande finanza, la perdita degli strumenti di tutela degli interessi dello Stato indicati nel 1972 da Eugenio Cefis) non dice una parola, perché non ne ha capito assolutamente niente.

di Alfredo Tocchi, 10 marzo 2024

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