19 Febbraio 2024
I socialisti italiani sono sempre stati vicini alla causa Palestinese, come è un fatto che l'Italia politica della Prima Repubblica sia sempre stata vicina, non solo ai palestinesi, ma a tutte le lotte umanitarie e di giustizia nel mondo.
I rapporti tra l'ex Segretario del PSI (Partito Socialista Italiano) Bettino Craxi e Arafat, sono nella memoria di tutti, ma i tempi sono tristemente cambiati, o per meglio dire i protagonisti.
Così, se in Medioriente non si confrontano più leader del calibro di Shimon Peres e Yasser Arafat, anche in Italia non ce la passiamo meglio con un Governo composto da improvvisati e parenti del Primo Ministro, senza una visione internazionale che non sia quella della logica servilistica verso gli americani o l'Europa, a seconda del bisogno.
I socialisti, non intesi come partito ma come singolarità intellettuali, non hanno mai smesso di essere tali. Sparsi culturalmente ovunque, continuano a fare la differenza nel pensiero politico nazionale, non ultimo Vittorio Craxi, detto Bobo, ancora saldamente ancorato a ciò che è rimasto di un Partito Socialista che per mille ragioni, non ultima la rinuncia all'autonomia, non riesce a far sentire la sua voce.
Non sono in pochi a invocare, tra nostalgici e militanti, che prenda in mano le redini della storia socialista, ma solo il futuro saprà risponderci in tal senso.
Ciò premesso, Craxi ci ha dato un quadro estremamente chiaro della realtà di questi giorni in Israele.
Allora Bobo, Netanyahu ha dichiarato che non terrà conto degli accordi per un cessate il fuoco fin quando non sarà eliminato l'ultimo miliziano di Hamas. É lecito pensare che il terrorismo sia ormai una scusa per l'occupazione definitiva delle terre?
"Fermo restando che la genesi di questa crisi risiede tutta dall’incursione criminale del mese di ottobre, un attacco terroristico in larga scala che ha trovato sguarnite le difese di Israele, la strategia di risposta ha rilevato sin da subito che non poggiava su alcuna strategia né di carattere politico né di carattere militare. Da un lato Netanyahu ha fatto leva su questa guerra per mantenere salde le sue posizioni di potere interno, dall’altro il prolungarsi del conflitto, così come l’alto numero delle vittime, ha suscitato una reazione della comunità internazionale sicuramente diversa da come egli si aspettava, sino a renderlo sordo a qualsiasi pressione di carattere politico diplomatico. In un conflitto aperto, disumano, il punto di caduta può essere solo la vittoria assoluta e quindi l’occupazione territoriale".
Indifferente i malumori dell'opinione pubblica, Netanyahu ha dichiarato che non intende dimettersi e non è tempo di elezioni. Processi a parte, qual é il suo vero scopo?
"Israele non può permettersi in questo momento nessun ricorso alle urne sino a che non viene portata a termine in modo convincente la vicenda degli ostaggi. E' l’unico punto di forza di Hamas che non a caso, essendo anch’essa senza strategia, usa strumentalmente questi prigionieri. Non c’è un tavolo negoziale e pensare che il problema risieda soltanto, e in parte lo è, negli equilibri politici interni di Israele è sbagliato. A capo di queste due entità si muovono i settori più intransigenti e meno disponibili a soluzioni di carattere politico".
Biden si è messo di traverso e insiste per un immediato cessate il fuoco. Come ti spieghi l'atteggiamento della Meloni tutto pro Netanyahu?
"Giorgia Meloni é a capo di una formazione politica che neanche tanto velatamente collega la propria tradizione con quella del neo fascismo italiano. Esso più volte si è dimostrato incline e disponibile alle ragioni dei conservatori americani che sono fra i maggiori sostenitori di Israele. La destra italiana rovescia la posizione tradizionale dei governi della Prima Repubblica, anche Berlusconi la rovesciò, nulla di inedito".
Sanremo ha palesato che c'é un clima di censura nei confronti di coloro i quali chiedono la pace. Chi fa più paura in casa Rai, il Governo o una presunta influenza ebraica?
"Io penso più che altro che vi sia il classico eccesso di zelo nei confronti della posizione ufficiale governativa oltre ad un giustificato rifiuto della strumentalizzazione dei conflitti all’interno di kermesse canore. Più che Sanremo, la censura è stata enorme nelle prime settimane del conflitto, nessun telegiornale di Stato, tranne il Tg3, riferiva dei massacri di Gaza; è stata una pagina imbarazzante della nostra informazione pubblica".
Sta venendo a galla un sempre più forte nuovo odio antisemita. Di chi è la colpa?
"Che questo sia avvenuto in Europa in questi anni non lo escludo affatto, lo abbiamo denunciato molte volte. Ma é piuttosto l’Europa del nord e dell’est il cuore di questo rigurgito antisemita; ad essere sincero l’Italia e gli italiani non ne sono immuni ma dimostrano nella loro stragrande maggioranza un grande senso di responsabilità e questo è proprio figlio della nostra tradizionale linea di condotta in politica estera: il saggio equilibrio verso le ragioni degli uni e degli altri, l’amicizia e la gratitudine verso il popolo ebraico e verso il mondo arabo".
Il figlio di Shimon Peres, in una recente intervista con il nostro giornale, ha preso le distanze dalla logica pacifista del padre. Cosa è cambiato in Israele?
"In Israele è cambiata la percezione circa la loro capacità di difendersi dalle insidie esterne. Non dimentichiamo che l’abbandono americano dell’aria del Medioriente ha determinato un senso di insicurezza e di isolamento. La dottrina della pace separata e dei cosiddetti accordi di Abramo, che erano sostanzialmente fondati su ragioni commerciali, ha prodotto la reazione della media potenza dell’area che è l’Iran. Il resto si è accentuato a causa della guerra in Ucraina. Israele ha cercato di rimanere neutrale, anzi strizzare l’occhio a Putin ma non tutto il suo mondo ha fatto lo stesso. E questo in qualche modo ha generato la strategia che ha portato al Blitz del 7 ottobre".
Con tuo padre al Governo, cosa avrebbe fatto l'Italia?
"Sono sempre domande complicate quelle che hanno un valore retroattivo; l’Italia ha fatto molto affinché le parti in campo trovassero delle ragioni di un accordo duraturo. Vi erano tuttavia degli interlocutori di livello diverso e non c’era all’epoca la preponderanza dell’elemento religioso nel conflitto territoriale mediorientale. Si sono fatti passi indietro. Quel che è certo, e vengo alla tua domanda, è che avrebbe cercato di esercitare la propria influenza, e soprattutto se ne sarebbe occupato costantemente".
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