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Aboubakar Souhamoro, il sindacalista con gli stivali del PD: “Io non c'entro”, ma il danno d'immagine ormai è irrimediabile

La faccenda della cooperativa e del consorzio intestati rispettivamente a moglie e suocera del deputato di sinistra, teatro secondo denunce di ospiti e, ironicamente, sindacati, di maltrattamenti, vessazioni, sfruttamento, è di quelle che pesano. Lui minaccia tutti, meno i giornali che hanno rivelato l'indagine della Procura di Latina. E che sono, chissà come mai, megafoni del suo partito.

19 Novembre 2022

Aboubakar Souhamoro

Casa Souhamoro non è un posto che fa tanto ridere. Al contrario, pigliano i minori, li chiudono negli sgabuzzini, senza luce, gli danno da mangiare merda, li sfruttano. Questo almeno quanto riferiscono gli stessi minori, insieme a diversi lavoranti di due strutture che si dichiarano brutalmente sfruttati. L'inferno. Ma che facciamo? Diciamo che, essendo tutti questi accusatori migranti africani, sono vangelo, bocche della verità e chi non gli crede è un negriero bianco? Oppure giuriamo che mentono, vogliono fare i furbi e a quel punto caschiamo nel razzismo più infame e più salvinesco? Come la metti la metti, il populista con gli stivali Aboubakar Souhamoro non ne esce bene e gli stivali gommati fa bene a tenerli perché non gli servono a camminare per i corridoi ovattati di Montecitorio ma sulle uova di una inchiesta che non lo vede indagato ma scava sulle persone a lui più vicine, moglie e suocera. Le due “realtà” di accoglienza, infatti, la coop Karibù e il consorzio Aid, risultano intestate rispettivamente alla consorte del parlamentare di sinistra, Marie Thérese Mukamitsindo, e alla di lei madre, Liliane Murekatete. Ed è stupefacente la velocità in cui l'apostolo dell'assistenza, del solidarismo, della tutela dei diritti dei lavoratori immigrati abbia brutalmente scaricato entrambe: “Io non c'entro con nessuno, non sono né indagato né niente”. Lui no. Anzi minaccia querele a destra e a manca, ma più a destra, per chiunque lo mettesse in correlazione con questa storia che sul serio non ci voleva, questo pasticciaccio davvero brutto: inferno in terra o paradiso realizzato, l'intrapresa per l'accoglienza e l'utilizzo di migranti dove i carabinieri vanno e vengono su mandato della Procura di Latina?

Più Souhamoro fa fuoco e fiamme, e più le accuse si affastellano: minori senza acqua né luce, maltrattamenti sugli ospiti, sfruttamenti, promesse dal sapore di truffa. In particolare, i bilanci confermerebbero uno stato a dir poco critico malgrado i finanziamenti regolarmente percepiti da Prefettura e Ministero dell'Interno (includendo pure i 230mila euro di contributi Covid): uno stato patrimoniale con 453mila euro di debiti verso banche, 1 milioni e spiccioli di debiti con l'erario, 107mila euro di debiti con enti previdenziali, 207mila euro di debiti verso fornitori e 375mila euro di altre passività, tra le quali le oltre 300mila verso i dipendenti, a dire i fondi che i lavoranti contestano, non da oggi, al presunto paladino: che non c'entrerà, come ripete ossessivamente, ma è più facile, forse ingrato ma umanamente comprensibile, chiederne conto a lui invece che alla moglie e alla suocera. L'ironia canaglia sta nel fatto che Souhamoro, prima di venire imbarcato in Parlamento per la galassia piddina (la filiale è quella dei Verdi-Comunisti di Bonelli e Fratoianni) faceva il sindacalista dei migranti: e le denunce, adesso, provengono dal sindacato Uiltucs: se Nemesi non è, poco ci manca. Dicono i fideisti: finirà in una bolla, è una persecuzione come quella per Mimmo Lucano. Ma Lucano ha finito per prendere 13 anni di galera, una pena colossale, per un cumulo di reati vergognosi: se è questo che si aspetta, la conferma di un'altra miserabile balordaggine, in tutto e per tutto simile, con l'aggravante di essere attrezzata da gente della stessa etnia delle vittime...

Certo, di niente si può essere sicuri salvo una cosa: la colpevolezza non emerge con le denunce di chi si dice sfruttato o maltrattato, arriva o con la flagranza o dopo tre gradi concordi di giudizio. Ci vorrà tempo. Ma liquidare fatti asseriti di tale gravità con una scrollata di spalle, pare complicato: le due donne, in effetti, rischiano grosso, e forse il parente ormai famoso e sistemato ha agito con la lucidità del politico caciarone fin che si vuole, ma moralmente spietato. Più difficile, invece, concludere per la sua responsabilità diretta: intanto perché, fossero emersi elementi, quanto meno potenziali, in questo senso Souhamoro sarebbe già stato lapidato da avvisi di garanzia, poi perché ad aprire la sassaiola mediatica sono stati due giornali di sinistra, Repubblica e, su un piano ridotto, il Riformista: più facile immaginare la tipica manovra da Politburo con cui i comunisti risolvono, da sempre, la questione di chi si allarga troppo (o bazzica situazioni rischiose) e finisce con l'irritare: prima ti sputtanano, poi ti fanno inquisire, infine ti annientano. Qui siamo ancora allo sputtanamento, e Aboubakar pare aver recepito: io non c'entro, io non ci ho niente a che fare.

Souhamoro, populista con gli stivali, probabilmente uscirà pulito dal pantano, ma il danno d'immagine è fatto ed è di quelli impossibili da ripulire completamente. Anche se lui, c'è da giurarsi, si starà già chiedendo come poter trasformare il fango, sia pure di riflesso, in oro. Ma l'attitudine a vittimizzarsi, senza andar troppo per il sottile, è talmente esasperata che rischia di irritare anche di più. Forse gli converrebbe stare zitto e aspettare che passi la piena, ma a uno così che glielo consigli a fare? Difatti l'onorevole dottore, come pretende di farsi chiamare, ha subito cominciato a reagire come un notabile meridionale da prima repubblica: ve la vedrete coi miei legali, vi mando tutti davanti a un giudice. Per il momento, a un passo dal giudice ci sta lui. Che, però, vedi caso, si guarda bene dal denunciare i giornali del PD che hanno aperto la danza macabra. Meglio dare addosso ai soliti Salvini e Meloni, anche se, a questo punto, le invettive suonano più patetiche che mai, per non dire dei deliranti inviti a “salire sulle ONG per capire anziché fare politica con i decreti”. Cazzo di storia, non ci voleva proprio. Specie adesso, che il PD si ritrova senza un segretario credibile e il giovane favoloso dalla Costa d'Avorio pareva il terzo elemento naturale della Trinità Ellie Schlein – Mattia Santori – Aboubakar Souhamoto. Per rilanciare il Partito o farlo definitivamente esplodere in un turbine di schegge di demagogia incontrollate.

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