10 Novembre 2022
Sento in giro troppi Giorgia qua, Giorgia là (c'è l'amore a cena e tu, dimmi sì, se ti va...), esattamente come prima Mario qui, Mario là: spesso sono gli stessi. Giorgia amore mio, allacciascarpa scarpallaccia, dollari, sterline, marenghi, pensaci tu. Ma i miracoli non li fa nessuno e non li fa questa Madonna della Garbatella portata in processione. Fino a quando? A occhio le darei un mese, già a Natale continuando così sarà cotta, il nostro Mattarella, vecchia volpe di lungo corso, democrazia sicula, già la punge come si fa con le torte, ogni tanto, senza fretta. Da donna Giorgia, madonna Giorgia ci si aspettava in effetti un minimo di normalità dopo l'abominio degli ultimi tre anni: non la continuazione del banchiere in tailleur. Ma sono tutti tifosi, a destra come a sinistra, hanno l'ottimismo dell'irrazionalità. Io dico: ma guardate che le sta sbagliando tutte, parlare è facile (talk is cheap, mrs Meloni), ma la sostanza è che si dimostra debole, porosa. Allora mi guardano con odio, mi scrivono “disfattista comunista” così come mi dicevano “fascio disfattista”. Ma che ci posso fare se non ho mai fatto il militare, inteso come militanza?
Monna Giorgia, ci pensa lei. Davvero? Guardiamo ai fatti: sugli sbarchi ha ceduto quasi totalmente; sui rave ha fatto o lasciato fare una leggina retorica di cui subito vergognarsi; sulle mascherine, contrordine camerati; sulle multe ai novax, dietrofront: al momento, pagano; sul clima, è andata a baciare la pantofola dei catastrofisti ladri del Cop 27; sul reddito di cittadinanza, giro di vite ma la vite è spannata, “si perde dopo il primo rifiuto” e subito il populista sindacale Landini, “ah, rifiutare il lavoro è un diritto, lavorare è umiliante”: di fatto, tutto resterà com'è; sull'energia, mah chissà chi vivrà trivellerà (ci credo quando lo vedo); sulle bollette, ancora un po' di pazienza. Ovvero: come cedere su tutto per poi dire ah la musica è cambiata. Ma è un attimo, è solo propaganda. O “segnali”, come li vede, senza entusiasmo, Stefano Folli, galantuomo di persona e di mestiere. Ma di segnali si muore. Dicono: ma ha tutti contro. Sì, anche la Thatcher li aveva, anche se a fianco aveva Reagan, mica Trump, e Wojtyla, mica Bergoglio. Concesso questo, e non è poco, che la situazione è difficile, signora mia, che bisogna camminare sulle uova e tutte le altre formule da ballatoio e da ringhiera ne abbiamo pieni i tasconi: se hai la forza ci provi, se no lascia perdere. Dicono: ma sai, c'è la magistratura pronta ad ammazzarla: questo lo sappiamo noi e lo sa Monna Giorgia prima di tutti, se si è candidata vuol dire che poteva farlo, che non teme di aprire gli armadi: benissimo, se poi la magistratura per conto del PD inventerà, toccherà resistere e questo è lo scotto da pagare in Italia. Non l'ha ordinato nessun medico, pro o novax, di fare il presidente del Consiglio. Ma o lo fai dura, al netto dei proclami un po' da balconcino, oppure non provarci neanche perché, se caschi (dal parapetto), ci rimettono Draghi e Speranza e stavolta per il prossimo ventennio.
Cosa cerco di dire? Che la strategia dei piccoli passi, della morbidezza che si fa marmo, non mi convince: per la semplicissima ragione che ammorbidirsi piano piano è facile, indurirsi dalla schiuma è impossibile. Giorgia Madonna ha di fatto ceduto sugli sbarchi, ha mandato a trattare Piantedosi mentre lei si sfilava, andava a Sharm el Sheik: il risultato è il precedente stabilito, ovvero ogni carretta che arriva, e ne arrivano quattro, cinque, dieci al giorno, rivendicheranno uguale tolleranza. E lei non potrà negargliela. Lei manda la Ocean Viking in Francia e dice “risultato epocale” e la Francia, per rappresaglia, non s'è capito di che, subito blocca l'accoglienza, annunciata, di 3500 profughi; non contento, Macron tenta di sobillare il resto d'Europa, “sospendere la presa in carico di tutti i migranti dall'Italia”. E non è ancora detto il “risultato epocale”, pure la Le Pen, un tempo contigua a Meloni, boicotta lo sbarco e non vuole la Ocean: come finirà?
Di segnali e di vittorie di Pirro si muore. Meloni vuol “contare di più in Europa”, beata lei, che glielo promette Tajani: ma se l'Europa ti vede permeabile, porosa, capisce che potrà ricattarti sempre. Intanto hanno già cominciato sui migranti: hai visto Meloni, ti sei dovuta rimangiare, cosa credi, le cose stanno così, ci sono di mezzo “le vite delle persone umane”, tu ti sei pentita, pentita di essere fascista, ma sempre fascista resti e dovrai vergognarti sempre. Più Giorgia cederà, meno basterà. La strategia è semplice al limite della rozzezza, ma proprio perciò efficace, come un bullo che ti pesta: il mondo finge di temere la destra “neofascista” italiana, ma, a parte i lunatici come Berizzi e Rula Jebreal, non ci crede nessuno, sono avvertimenti, sono pizzini, riga dritto perché chi sei lo decidiamo noi e possiamo farti male.
Lei cerca di ammorbidirsi, i discorsetti da balconcini glieli lasciano fare perché tanto volano via, non fanno male a nessuno, ma la sostanza, dietro le quinte, la conoscono i burattinai. I miracoli non li fa nessuno e Meloni non è tenuta a farli, i calcoli giusti invece sì e più prendi tempo più ne perdi, più ti sintonizzi e più ti fottono. La dura e incazzata da conferenza stampa incanta per qualche settimana, poi esce la recita. L'impressione è di una partenza succube, non cauta; molle, non conciliante; finora si sono annunciate tante misure poi rimangiate, o congelate, o abortite, o realizzate solo in teoria. Stando bene attenti a non disturbare l'estabilishment progressista. Ma è una guerra e l'Italia la sta perdendo, forse l'ha già persa. Poi servirebbe un realismo che sembra mancare del tutto: bizzarra la decisione degli psicologi di far sbarcare tutti, dice la premier? Bizzarra ma non insolita, è chiaro che trattasi di medici manipolati, bracci politici della sinistra che sui migranti ci lucra alla stragrande, i ragazzoni giovani e forti che inscenano le crisi isteriche e gli psicologi che fingono di crederci: dove sta il sorprendente, dove la novità? Poi qualche giornalista cretino li paragona agli emigranti italiani che finivano nelle miniere o nelle foreste, schiavizzati e ammassati in baracche, altro che sostegno psicologico. E non delinquevano e non dicevano ah belgi, ah argentini, adesso comando io, adesso voglio tutto. Ma, ancora una volta, la sorpresa dove starebbe? E scaricare il barile su questi propagandisti in treccine rasta o barba ultrà è un gioco delle tre carte: la responsabilità, alla fine, ricasca sul manico e da madonna Giorgia non si volevano prodigi ma coerenza nella concretezza.
Stando così le cose, o una si gioca il tutto per tutto e tira davvero dritto per la sua strada, costi quel che costi, senza troppi calcoli, senza troppi avvisi dai raffinati consigliori che poi si cagano in mano, o la strada finisce subito. Il deep state con te non l'avrai mai, ti resta il popolo, nel costume populista tradizionalista. Ma se perdi anche quello, ultima spes, Giorgia, quo vadis? La domanda delle cento pistole la tengo per ultima. Noi qui siamo a immaginare gli scenari prossimi venturi, dal post trumpismo americano al post gretismo europeista, ma i nostri ingredienti sono stantii, sono tutti scaduti. E si legano in una ragnatela di muffa che stritola il paese. Tutto si tiene, rave party e Gualtieri. Diceva quel poveretto, certo deejay Tyson, un veneto, da Del Debbio, “Ve par giusto che dovemo andar in Germania per poter occupar in pace la roba altrui e spacarla? Eh, ve par democratico?, ed era serio e anche il sindaco di Roma fa sul serio quando garantisce la residenza agli abusivi, ai ladri di case (forse dovrebbe assumere Ambra Angiolini come testimonial). Tutto nel segno della demolizione della proprietà privata, che non era il cancro di Prudhon ma l'estensione dell'individuo, il baluardo contro lo strapotere dello stato di Locke. “Più case al popolo, meno chiese” io lo leggevo sui muri dei miei 13 anni, quasi mezzo secolo fa: siamo ancora a questo punto. E quando il mio amico Daniele Capezzone allegramente si dispera davanti a quella derelitta che gli dice, ma Capezzone, che pretendi, alla Sapienza eravamo pure disarmati”, a me viene dritto il parallelismo con le terroriste ambientali, in fama di attiviste, che prendono a zuppe i Van Gogh e i Rembrandt e dicono: ma quale clima, non ce ne frega niente, siamo drogate di visibilità e ci ispiriamo alle Brigate Rosse. E sono analfabete come amebe, ma qualcuno gli ha spiegato che le BR effettivamente partivano dal rasoterra, i piccoli attentati incendiari, i rapimenti-lampo come quello dell'ingegner Amerio, poi salivano di livello, fino alle ginocchia, infine al cuore. Non dello stato ma dell'individuo. Anche con gli “attivisti” gretini ci è già scappato il morto e non sarà il primo. E si ispirano a una formazione di cinquant'anni fa. Fermato tutto questo, la domanda delle cento pistole è: siamo davvero nella modernità, siamo anche noi nel post- che supera i populismi e i deliri novecenteschi, al di là dei miraggi sociali e degli incantesimi tecnologici? La minestra dobbiamo farla con roba scaduta, a quanto pare, ma abbiamo pur sempre, anche noi, la nostra brava donna al potere, giovane e oltre al resto di destra, una destra-destra, non più quella efficientista e affarista di Berlusconi. Già ma quella di Meloni che destra è? Lei viene dalla destra sociale, che resta statalista e lo statalismo si trascina dietro le catene di Jackob Marley dell'assistenzialismo e della tassazione forsennata. Giorgia Meloni è quella che, non più tardi di tre anni fa, pretendeva “due miliardi extra” per Roma, come fossero stati cartocci di caldarroste. Ecco, se la destra di Giorgia è questa, se resta questa, ha poco senso aspettarsi non miracoli ma vie d'uscita. Sarà il solito navigare a vista di sussidi, bonus, prebende, redditi, fino a esaurimento scorte, poi via a nuove elezioni con i vecchi statalisti di prima e di sempre. Perché sono tutti statalisti: i banchieri, i tecnici, gli scienziati, i santi, i demoni, i post comunisti, i post fascisti, i post liberali, i post preti, i post ambientalisti, i post cattolici. Io sarò pure un disfattista cui non piace nessuno, un nichilista qualunquista, uno che si rifugia nel rifiuto apocalittico, ma fino a che non mi si risponde su questo, Giorgia Meloni che destra è?, temo non abbia senso consumarsi consumarsi nei piaceri artificiali intellettuali da Nostradamus o, peggio, nel tifo ultrà da curva sud.
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