02 Novembre 2022
Sulla questione sbarchi la soluzione attuata da Piantedosi è quella, già ampiamente annunciata, del blocco delle navi. In pratica è il recupero della linea salviniana di età gialloverde. Si è cominciato con le navi di tre ong, la Ocean Viking di SOS Mediterranée e Medici senza Frontiere e la Humanity I di Sos Humanity, e tutto lascia immaginare che sia solo l'inizio. A bordo della Ocean Viking si trovano attualmente 234 persone in attesa di sbarcare in qualche porto ormaida 12 giorni. Sos Mediterranée e la sua ammiraglia sono una vecchia conoscenza dell'attuale ministro delle Infrastrutture Salvini, che nell'estate del 2019, da ministro dell'Interno, si produsse in una prova muscolare per impedire lo sbarco a un carico di 356 migranti.Sul legno della SOS Humanity si contano invece 179 persone. Aspetta di entrare in un porto da 10 giorni.
Se il nuovo titolare del Viminale sembra voler ripercorrere le orme di Salvini sul fronte del contrastro ai flussi immigrati, sul versante dell'ordine pubblico si candida invece a diventare un erede di Scelba, Spataro o Scajola.
Mario Scelba è un po' il progenitore di tutti i ministri degli Interni repubblicani per le stagioni di emergenza. Successore di Romita e di De Gasperi, Scelba si trovò subito, nel 1947, a dover affrontare col pugno duro il problema del banditismo siciliano, fenomeno tanto più pericoloso quanto più connesso a mai sopite pulsioni secessioniste nell'isola. Per arginare ed eliminare la minaccia rappresentata da Salvatore Giuliano fu necessario a Scelba mettere in piedi, all'indomani della strage di Portella della Ginestra, una struttura militare apposita. Toccò poi a Scelba anche l'ingrato compito di mantenere la sicurezza nelle città nelle settimane convulse che precedettero le elezioni politiche del '48, settimane in cui sempre più incandescente si faceva la contrapposizione tra cattolici e forze di ispirazione marxista. Alla fine la temuta guerra civile non scoppiò, ma tutto era stato predisposto perché le forze dell'ordine potessero eventualmente agire con la massima decisione. E il regime poliziesco instaurato informalmente da Scelba proseguì per tutta la durata del suo dicastero.
Il nome di Giuseppe Spataro come ministro dell'Interno - nel governo Tambroni, 1960 - è invece legato alla repressione delle manifestazioni di protesta contro il congresso del Movimento Sociale Italiano, partito neofascista che appoggiava il governo, a Genova. Il problema era proprio la scelta della città, medaglia d'oro della Resistenza.
Genova è poi l'anello di congiunzione tra Spataro e Claudio Scajola: proprio nel capoluogo genovese infatti si svolse quell'ormai famoso G8 durante il quale fu necessario al Viminale ordinare alla polizia operazioni di contenimento di quelle che venivano individuate come frange estremiste di contestatori.
È certamente su questo solco che si pone il provvedimento di Matteo Piantedosi contro le feste organizzate come raduni di massa, in spregio tanto alla quiete pubblica quanto al decoro ambientale (visto che culminano quasi sempre con l'occupazione e la devastazione degli spazi in cui si svolgono).
I fatti di Modena di questi giorni ci richiamano alla mente altri fatti di Modena (quelli del '50, era Scelba), ma per fortuna stavolta non ci sono stati morti: in realtà non è stata neppure necessaria un'irruzione della polizia (come ai tempi di Scajola e della scuola Diaz), giacché l'evacuazione del capannone occupato dai partecipanti al raduno è potuta avvenire senza scontri. In fondo sembra che a Piantedosi, prima ancora che punire, interessi prevenire altre situazioni del genere in futuro. Repressione dura e pura c'è stata invece alla Sapienza a Roma, dove i manganelli sono effettivamente piovuti sulle teste di alcuni malcapitati: per il ministro si è trattato di evitare guai peggiori. E anche l'annullamento del convegno all'università, a differenza di quanto avvenne invece col congresso missino dell'epoca di Spataro.
Di Gianluca Vivacqua
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