26 Settembre 2022
Fonte: Facebook profilo Meloni
"Giorgia Meloni rappresenta un pericolo per l'equilibrio democratico in Europa. La sua leadership sembra essere l'antitesi di ciò di cui l'Italia ha bisogno, e non solo in questo momento difficile. Il pericolo si presenta per l'Europa perché l'Italia è sempre stata un laboratorio: ha preannunciato le crisi di altri Paesi. L'Italia ha avuto Mussolini prima di Hitler e le Brigate Rosse estremiste di sinistra prima che Action Directe apparisse in Francia e la Fazione dell'Armata Rossa seguisse l'esempio in Germania. L'Italia ha avuto Berlusconi prima che gli Stati Uniti avessero Trump. E dopo anni di malgoverno berlusconiano, l'Italia ha prodotto il Movimento Cinque Stelle, il primo partito populista guidato da un comico, prima che il resto d'Europa lo raggiungesse. L'agenda dei Cinque Stelle era la disgregazione politica, spesso senza pensare alle conseguenze".
Questo testo cassandresco è l'incipit di un articolo di Roberto Saviano sul The Guardian, pubblicato un giorno prima delle elezioni. Non ha ovviamente torto, quando dice che l'Italia che è stato spesso un laboratorio di quanto accaduto altrove in Europa. Un po' meno convincente però l'approccio tragico secondo il quale con Giorgia Meloni cambierà tutto. Come sappiamo, l'Italia è il paese dove cambia tutto per non cambiare nulla. E' il paese dei candidati rivoluzionari che diventano leader pompieri.
Dalla campagna elettorale di Meloni, così come dal suo primo discorso a urne chiuse e con gli exit poll nettamente a suo favore, si evince che la sua prima necessità era chiara: rassicurare. Gli elettori prima, gli alleati (talvolta scomodi) poi, infine anche il Quirinale e chi in Europa o Oltreoceano osserva con preoccupazione la sua ascesa. Eppure, tanti segnali fanno intendere che se si parla di posizionamento generale e internazionale dell'Italia, non ci saranno stravolgimenti.
Anzi, si parla di un tacito accordo con Mario Draghi, con Meloni che spingerebbe per SuperMario per fargli trovare una poltrona internazionale presso la Nato (che a breve cambia la segreteria generale), la Commissione Europea per il posto Von der Leyen o ancora il Consiglio Europeo. O ancora per l'incarico di inviato per l'Ucraina. In cambio di mantenere i piedi salti sulla tradizionale posizione euroatlantica. Certo meno di quelli tentati in maniera improvvida dal governo gialloverde che aderì al memorandum sulla Via della Seta cinese. Un accordo che non è certo il male assoluto ma che rappresentava un netto cambio di rotta rispetto alla tradizione euroatlantica della politica italiana.
La stessa garanzia Meloni l'avrebbe data anche a Sergio Mattarella in due incontri segreti andati in scena al Colle durante il mese di agosto, quando il Presidente della Repubblica si è voluto sincerare che la prossima probabile premier non avrebbe in mente colpi di testa. Senza dimenticare che i nomi dei prossimi ministri chiave, dall'Economia agli Interni, dalla Difesa agli Esteri, passeranno proprio per il placet di Mattarella.
Insomma, Meloni certamente porterà delle novità ma per avere la strada spianata verso Palazzo Chigi dovrà in qualche modo garantire continuità su alcuni passaggi fondamentali. E lei, nonostante le preoccupazioni di molti sia in Italia sia in Europa, può in realtà garantirlo molto di più di quanto non possano fare Forza Italia di Silvio Berlusconi e la Lega di Matteo Salvini, con un passato meno lineare in materia di politica estera.
Dall'altra parte c'è anche chi teme proprio questo. Cioè che Meloni di fatto si faccia neutralizzare dal ruolo di premier, come già accaduto in passato al Movimento Cinque Stelle e a tanti che da fuori gridavano promettevano rivoluzioni e poi una volta arrivati al potere hanno abbassato la voce portando avanti l'ordinaria amministrazione. Vedremo, ma di certo il mondo e l'Italia andranno avanti anche il giorno dopo che Meloni varcherà la soglia di Palazzo Chigi.
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