23 Agosto 2022
Nuovo giorno, nuova polemica. Questa volta, a essere oggetto della discordia, un post pubblicato su Twitter da Giorgia Meloni domenica scorsa. Un video crudo, struggente, che racchiude la voce spezzata di una donna violentata da un supposto clandestino. Un video, a detta della leader di Fratelli d’Italia, per denunciare l’insicurezza nelle città italiane.
E da qui la pioggia di polemiche e accuse - come è giusto che sia. Perché denunciare, proteggere e mettere in sicurezza la vita di tanti cittadini italiani può essere una linea politica di buon senso; spiattellare un abuso sui social no. Non significa aiutare la vittima, ma metterla alla mercé di tutti, delle polemiche che ne conseguono, violandola, su livelli personale e morale, ulteriormente, non rispettando volutamente il silenzio e la riservatezza che un tale caso richiede.
Non tardano infatti ad arrivare i j’accuse di Letta, che definisce il video “indecente e indecoroso” e di Calenda, che riferisce a Meloni un sintetico “vergognati” su Twitter. Lo stesso social che martedì ha rimosso per violazione delle regole il post in questione. È poi il Garante della privacy ad aver aperto, nello stesso giorno, un’istruttoria.
Ieri un secondo video. Titolo: Continuano le deliranti mistificazioni della sinistra contro di me. Qui Giorgia Meloni, forse per attenuare la gravità del gesto, in poco più di tre minuti, spiega il perché del post di domenica, in qualche modo giustificandone la messa in rete. “Ieri [domenica, ndr] pubblico un video di uno stupro, a Piacenza, ai danni di una donna ucraina da parte di un richiedente asilo. Pubblico un video per esprimere solidarietà alla vittima, per condannare l’accaduto, e per chiedere giustizia.”
Nel video, poi, la leader, sotto attacco da più fronti, ci tiene a specificare come la sinistra - o meglio, il Pd - sia più impegnata a occuparsi della sua persona piuttosto che del problema, concreto, della sicurezza per i cittadini, con particolare attenzione alle donne, vittime, troppo spesso di violenza sessuale. Ed è vero. Nonostante la ferma condanna del gesto, c’è da dire che “la sinistra” non ha saputo cogliere l’occasione di riconoscere l’esistenza di un problema sociale che dilaga senza segni di rallentamento.
Ancora una volta, il Pd a trazione Letta ha solamente saputo inveire, con giusta causa, contro l’avversario per antonomasia di queste elezioni, Giorgia Meloni, bruciando la possibilità di aprire il dibattito su un tema forse troppo impegnativo per questa campagna elettorale, che continua a suon di accuse sterili e che muoiono al calar del sole.
Ma, quello che non si è sentito da nessuna delle parti, è la condanna alla strumentalizzazione di una vittima di stupro. Cosa non si fa per la campagna elettorale in cui tutto sembra essere consentito e le leggi morali non hanno alcun valore. Il rispetto, per la persona, per gli avversari, che di solito e alla base di una politica sana, passa in carrozzeria. Non c’è spazio che per un’aggressiva attività di accusa reciproca, che finisce per allontanare l’opinione pubblica dalla concretezza dei temi che andrebbero affrontati - crisi energetica ed economia per citarne due - e traslare il dibattito su un piano fantapolitico. La politica che si trasforma, quasi, in un gioco, un divertimento per i fanatici delle beghe di palazzo, e che esclude quella fetta di elettorato che decide di astenersi, oggi circa la metà degli aventi diritto.
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