05 Ottobre 2021
Giorgetti Salvini (foto LaPresse)
Al solito nome, Lega, andrà forse sommata una vecchia aggiunta: Nord. Alle elezioni comunali il Carroccio ha fallito, facendo segnare una netta ritirata rispetto al voto delle Europee del 2019. E, come i dirigenti del partito temevano, la ritirata è avvenuta soprattutto al Sud. Segnale che la linea sovranista di Salvini non ha sfondato oltre il Centro Italia. Questo per un insieme di fattori, a partire dalla grande ascesa del concorrente interno, vale a dire Fratelli d'Italia, tradizionalmente più forte nel meridione, e per la contemporanea divisione interna che ha visto crescere il peso della corrente dei governatori sponsorizzata da Giancarlo Giorgetti.
Salvini ha accolto male la sconfitta. La sua conferenza stampa è stata sostanzialmente un breve soliloquio senza domande in cui ha imputato le colpe della debacle al ritardo con il quale sono stati scelti i candidati, rinviando implicitamente alle dinamiche di coalizione di centrodestra e non a responsabilità individuali o di partito. Forse non la pensano così però tutti i quadri dirigenziali leghisti, che hanno ampiamente disertato la stessa conferenza in cui Salvini era accompagnato solo da alcuni fedelissimi.
Significativo che la Lega perda di più dove Salvini è più direttamente coinvolto. Per esempio a Milano, dove la Lega ha perso il 15% in due anni. Un vero e proprio crollo. Dove si vince o si tiene, lo si fa grazie a candidati di coalizione, come accaduto alle regionali in Calabria con Occhiuto, sponsorizzato in primis da Forza Italia di Silvio Berlusconi. Salvini ricorda: "Non possiamo perdere altri mesi di tempo per questioni interne. L’anno prossimo votano 25 capoluoghi di provincia, città importanti per il centrodestra che ha il dovere di individuare i candidati il prima possibile, entro novembre: civici o politici, poco importa".
Il voto intanto allontana le diverse componenti del centrodestra tra loro, così come le rispettive ambizioni. E allo stesso tempo fornisce a Giorgetti e ai governatori del nord l'assist per ribadire la loro linea nordista. Significativo che ieri, durante lo spoglio, Giorgetti fosse a Roma per incontrare al Mise il governatore della Sassonia, Michael Kretschmer. Messaggio implicito, ma neppure troppo: il futuro non è sovranista ma moderato e all'interno del Partito popolare europeo. Zaia, Fontana e tanti altri sono con lui.
Questo però non significa che si arriverà a un attentato alla leadership di Salvini. Sembra improbabile che alla vigilia del voto per il Quirinale e con quello delle politiche del 2023 in avvicinamento la Lega possa stravolgere se stessa facendo fuori un nome comunque ancora così popolare come quello di Salvini. Più probabile allora che, se congresso sarà, confermerà e blinderà il ruolo dell'ex ministro dell'Interno. Ma che allo stesso tempo Salvini si orienti su una linea meno sovranista e più istituzionale, seguendo i desiderata di Giorgetti. In questo caso il governo Draghi si rafforzerebbe e arriverebbe senza particolari scossoni alla scadenza naturale della legislatura.
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