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Caso Gregoretti: Salvini torna davanti ai giudici per la quinta volta

Oggi, nell'aula bunker del carcere Bicocca di Catania, il leader della Lega sarà di nuovo a processo. L'accusa chiede di "non procedere", non così le parti civili.

05 Marzo 2021

Matteo Salvini

Matteo Salvini (fonte foto Lapresse)

Ennesimo capitolo del caso Gregoretti: oggi nell’aula bunker del carcere Bicocca di Catania si terrà la nuova udienza preliminare a carico dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, imputato per servizio di persona. Il giudice Nunzio Sanpietro dovrà anche decidere se accogliere la richiesta della parti civile l’ex Presidente dell’Anm Luca Palamara. Legambiente, Arci e AccoglieRete si sono, infatti, fatte parte civile e sono proprio i loro legali a chiedere di ascoltare Palamara definito "autorevole figura di snodo istituzionale tra Csm, Anm, Presidenza della Repubblica e figure politiche e di governo di primo piano" per "fare chiarezza" su "uno spazio grigio, una preoccupante zona d'ombra" in "ragione dell'importanza del presente giudizio" e "del clima nel quale si sono consumate le fasi del procedimento".  Le parti civili vogliono ed insistono per il rinvio a giudizio dell’ex ministro, a differenza dell’accusa che, al contrario, a chiesto il non luogo a procedere. Oggi sarà ascoltato anche l’ambasciatore Maurizio Massari, in qualità di rappresentante permanente dell’Italia all’Unione Europea.

Per Salvini è la quinta udienza dopo che un anno fa la richiesta di rinvio a giudizio chiesta dal Tribunale di Catania era stata validata dal Senato. L’accusa è quella di avere “"abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana dalle 00:35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio". La procura etnea aveva già chiesto il non luogo a procedere in quanto "l’attesa di 3 giorni per uno sbarco" non possa "considerarsi un’illegittima privazione della libertà" dei migranti a bordo della nave. Tra l’altro, per gli inquirenti sulla nave vennero "garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità" e "lo sbarco immediato di malati e minorenni", come ribadito dallo stesso Salvini nella sua memoria difensiva, depositata a Catania alla prima udienza.

Diversa l’opinione del consiglio dei Ministri per i quali Salvini sarebbe stato responsabile di avere “"determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale" dei migranti, "costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche" a bordo. I tre giudici per i reati ministeriali hanno inoltre sostenuto come "non vi fossero ragioni tecniche ostative all'autorizzazione allo sbarco", aggiungendo che "le persone soccorse potevano tempestivamente essere sbarcate e avviate all'hot spot di prima accoglienza per l'identificazione, salvo poi essere smistate secondo gli accordi eventualmente raggiunti a livello europeo". Salvini, dal canto suo, nella sua memoria difensiva, ha sempre sostenuto di aver fatto determinate scelte, tra l’altro condivise con i compagni di Governo di allora, come quella di tenere i migranti, perché volte  raggiungere l’obiettivo politico della loro redistribuzione da parte dell’Europa.

Altra questione quella della sicurezza: per l’accusa i migranti non rappresentavano una minaccia mentre per l’ex ministro il contrario. Salvini, infatti, aveva parlato nella sua memoria difensiva,  di un “Gps per l’orientamento in mare che dopo il salvataggio fu trovato uno zainetto" a dimostrazione di "una probabile presenza a bordo, tra i migranti, degli scafisti responsabili del traffico. Due scafisti che furono poi identificati e fermati". Il leader leghista ha, infatti, ribadito più volte che "non ci fu alcun sequestro di persona, non essendosi verificata alcuna illecita privazione della libertà personale nei giorni in cui i migranti rimasero a bordo della Gregoretti, in attesa dell’organizzazione del loro trasferimento presso la destinazione finale". Nel suo memoriale Salvini ha sottolineato anche che ai migranti furono assicurate assistenza medica e sostegno ma, soprattutto, condivisione di intenti con l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

 

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