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Franco Gussalli Beretta, Fabbrica d’Armi Pietro Beretta: "Primo trimestre negativo per la produzione, ma istituzioni e banche ancora non rispondono"

Gussalli Beretta, Presidente e ceo di Fabbrica d’Armi Pietro Beretta: "La nostra storia è la testimonianza che si va all’estero per seguire i mercati e non perché il sistema Italia non tiene"

07 Novembre 2022

Franco Gussalli Beretta, Fabbrica d’Armi Pietro Beretta: "Primo trimestre negativo per la produzione, ma istituzioni e banche ancora non rispondono"

Franco Gussalli Beretta, Presidente e ceo di Fabbrica d’Armi Pietro Beretta e presidente dell’Associazione industriali di Brescia, intervistato sulle pagine de Il Corriere della Sera, ha dichiarato:

"Già all’inizio di ottobre avevamo registrato un sensibile deterioramento della situazione, soprattutto per le aziende di minori dimensioni. I numeri sono tracollati in queste settimane. Servirebbe una risposta rapida e, vorrei suggerire, un po’ di concentrazione. Che per ora non abbiamo visto. Istituzioni e sistema creditizio ancora non rispondono. E però questo è un tempo instabile e irrequieto, nel quale la velocità di reazione è tutto». L’industria bresciana annusa la recessione. Franco Gussalli Beretta, che la rappresenta, suona la campanella da mesi. All’inizio di settembre aveva scritto all’allora ministro dell’Economia, Daniele Franco, di una situazione «complessa e più che difficile». A causa dell’emergenza energetica, sottolineava, «il mercato interno si è bloccato, l’export è fortemente rallentato e, perdipiù, le aziende si devono misurare con problemi crescenti di circolante».

Venerdì scorso i numeri sul terzo trimestre hanno indicato il primo segno negativo: la produzione, che resta comunque in crescita del 3,1% rispetto alla fine dell’estate 2021, tra luglio e settembre scorso è diminuita del 5,1%. Il trimestre precedente era in crescita del 5,8%. La Germania, primo sbocco dell’industria bresciana, sta andando in recessione e infatti un imprenditore su quattro segnala che la domanda è insufficiente.

Ora, a sentir parlare di difficoltà dell’industria manifatturiera, tra guerra e caro energia, in casa bresciana ci si sente un po’ in imbarazzo. Sarà che l’ultimo osservatorio Movimprese della Camera di commercio qualche giorno fa si è spinto al massimo a par- lare di un rallentamento del tasso di crescita (e pure con un effetto statistico legato al rimbalzo post Covid) che comunque poggia su un saldo tra nuove imprese e cessazioni positivo di 386 unità. Come non avviene nel- l’intera Lombardia e nemmeno nel resto d’Italia. Sarà che la Leonessa metalmeccanica mantiene saldamente la primazia nel sistema nazionale con Torin).

L’imbarazzo si accentua se coincidenza vuole che per guardare a questi mesi di congiuntura sul filo si sia in casa Beretta a Gardone Val Trompia, roccaforte della manifattura locale. Che non è soltanto una metafora.

L’edificio che fu la casa voluta da Pietro Beretta ai primi del Novecento è un castello, l’esterno ricoperto da piastre di bugnato grandi come un monolocale, progettato da Egidio Dabbeni: stile eclettico e cemento armato. Nell’architettura civile, tra l’altro, erano le prime volte.

Gussalli Beretta, classe ‘64, presidente e ceo della Fabbrica d’Armi Pietro Beretta, con il fratello Pietro, di due anni più grande e alla guida della holding, sono la 15esima generazione del gruppo che produce armi leggere e vanta radici accertate nel 1526. Ma esistono da prima della scoperta dell’America.

Franco, presidente dell’Associazione industriali, all’ultima assemblea ha presentato un’indagine sull’impatto che la crisi energetica sta avendo sull’operatività delle imprese locali. E se le quote di resistenza sono granitiche — il 78% non ricorrerà alla cassa integrazione come risposta all’aumento delle bollette, il 57% non cambierà l’organizzazione del lavoro, il 52% non vuole immaginare interventi sulle politiche per il personale — le crepe preoccupano e molto i vertici dell’industria. Soprattutto perché l’8% delle aziende sta già lavorando in perdita, il 35% dichiara un orizzonte corto, da uno a sei mesi prima che la produzione non abbia più «convenienza economica». Oltre l’orizzonte dei sei mesi va soltanto l’11%. In sostanza, quelli che ritengono la crisi energetica senza pregiudizio per la propria operatività aziendale (46%) eguagliano quanti pensano che la crisi presenterà il conto per la prossima primavera.

«E mentre i numeri scendevano — osserva Gussalli Beretta — nell’interlocuzione con istituzioni e sistema creditizio non ho avvertito il senso dell’urgenza. Mi sembra che la stiano prendendo sottogamba. È un errore di valutazione che di qui a qualche mese potrebbe costare caro, manca la percezione di quanto l’emergenza energetica possa essere devastante». E se la sorpresa positiva del Pil nazionale nel terzo trimestre (+0,5%) ha evidenziato che l’Italia continua comunque a produrre più dei paesi partner (+1,8% sui livelli pre Covid contro l’1,1% della Francia e lo 0,2 tedesco), questo non mitiga certo la preoccupazione in casa degli industriali a principale vocazione esportatrice. Anzi. «L’export tiene ancora, ma l’inflazione maschera i fatturati — avverte Gussalli Beretta —. Dal nostro punto di vista le preoccupazioni maggiori sono per le piccole imprese, che hanno affrontato con la mano sinistra la questione energetica e rischiano di più. Anche perché il sistema non accelera. I grandi gruppi industriali, siderurgici e non solo, hanno capacità di resistenza. Non altrettanto il resto delle filiere. E però: le pare possibile che le comunità energetiche introdotte in via sperimentale con un decreto di fine anno nel 2020 non abbiamo ancora i decreti attuativi? Se non c’è una risposta immediata andremo incontro a crisi di liquidità delle aziende di minori dimensioni». In questo caso parlare di affrontare la transizione energetica e digitale con nuovi investimenti appare velleitario. «Per tutto questo bisogna supportare i grandi e occuparsi dei piccoli», sintetizza Gussalli Beretta.

In attesa di una risposta istituzionale, come reagiscono i bresciani? «Come al solito, cerchiamo di fare sistema. Abbiamo riattivato il tavolo con le 14 associazioni di categoria e con le rappresentanze territoriali di Cgil, Cisl e Uil. È uno degli strumenti che ci ha consentito di superare l’emergenza Covid». È un sistema che ha mostrato capacità. «La crisi Timken l’abbiamo risolta in 6 mesi».

È un sistema che poggia su grandi gruppi. Beretta, che oggi ha la leadership associativa, questa estate ha firmato il closing per l’acquisizione del 100% di RUAG Ammotec, il principale gruppo europeo nella produzione e distribuzione di munizioni leggere, di proprietà del Governo svizzero e titolare dei marchi RWS, Norma, Rottweil, Geco. Cifre non sono state indicate, la stampa svizzera ha parlato di un deal da 400 milioni.

Il fatturato consolidato che nel ‘21, come da assemblea di bilancio di fine settembre, era di 958 milioni (+18,3%) salirà a circa 1,4 miliardi. La spesa per ricerca e sviluppo pari a circa 19,6 milioni nei prossimi anni sarà più che raddoppiata. «È un momento speciale nella storia del nostro gruppo», ha sintetizzato Pietro. Aprirà al gruppo di Gardone Val Trompia il mercato tedesco, nel pieno del programma di riarmo di Berlino. Ma farà anche di più: la realizzazione di un vero polo integrato darà impulso alla penetrazione sull’intero mercato europeo e negli Usa. Del resto Beretta esporta il 94% della produzione. Aggiunge Franco: «Ma la nostra storia è la testimonianza che si va all’estero per seguire i mercati e non perché il sistema Italia non tiene».

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