Ue, ok a congelamento indeterminato asset russi con 25 sì e 2 no, ma dubbi da Italia, Belgio, Bulgaria e Malta: "Precedente pericoloso"
Bruxelles congela a tempo indeterminato i beni russi aggirando l’unanimità: una scelta che divide l’Ue, solleva dubbi giuridici e allontana il negoziato. Gli unici due voti contrari sono stati quelli di Ungheria e Slovacchia, ma anche i Paesi che hanno votato favorevolmente hanno riserve
L'Unione Europea ha votato favorevolmente al congelamento a tempo indeterminato degli asset russi. Venticinque Paesi su 27 si sono pronunciati per il sì, mentre solamente due hanno votato contro: sono Ungheria e Slovacchia. Anche fra i favorevoli, però, aleggiano diversi dubbi sulla decisione. Italia, Belgio, Bulgaria e Malta in particolare hanno sollevato la questione che ciò possa essere un precedente pericoloso.
Ue, ok a congelamento indeterminato asset russi con 25 sì e 2 no, ma dubbi da Italia, Belgio, Bulgaria e Malta: "Precedente pericoloso"
Il via libera dell’Unione europea al congelamento a tempo indeterminato degli asset russi segna uno dei passaggi più controversi dall’inizio del conflitto in Ucraina. Dietro la retorica dell’unità e della “fermezza” contro Mosca, si intravede una decisione che solleva seri dubbi giuridici, politici e strategici, rischiando di trasformarsi in un boomerang per l’Europa stessa.
Con 25 Paesi favorevoli e due contrari – Ungheria e Slovacchia – Bruxelles ha scelto di aggirare il principio dell’unanimità ricorrendo all’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, pensato per situazioni di emergenza economica. Una mossa che, al di là della legittimità formale, appare come una forzatura politica: il congelamento “sine die” degli asset della Banca centrale russa introduce un precedente pericoloso nella gestione della politica estera e di sicurezza comune.
Non è un caso che il sì di Italia, Belgio, Bulgaria e Malta sia arrivato accompagnato da una dichiarazione fredda e piena di riserve. Roma, in particolare, ha ribadito le proprie “serie perplessità” sull’uso di quei beni per finanziare Kiev, sottolineando il rischio di cause legali e di un danno d’immagine enorme per l’Europa. Timori tutt’altro che astratti, visto che Mosca ha già avviato azioni legali contro Euroclear, il principale custode degli asset.
La narrazione dominante presenta il congelamento come un “segnale forte” alla Russia. Ma è lecito chiedersi se non sia, piuttosto, un segnale di debolezza europea: l’incapacità di costruire una strategia diplomatica autonoma e credibile, preferendo lo strumento punitivo anche a costo di erodere le proprie regole interne. Il rischio è quello di allontanare ulteriormente ogni prospettiva di negoziato, irrigidendo le posizioni e rendendo la pace ancora più lontana.
Inoltre, la decisione manda un messaggio ambiguo ai mercati internazionali e ai Paesi terzi: i beni sovrani detenuti in Europa possono essere congelati indefinitamente per decisione politica. Una scelta che mina la fiducia nel sistema finanziario europeo e rafforza la percezione, già diffusa nel Sud globale, di un’Unione pronta a usare il diritto come strumento geopolitico.
Più che un passo verso la stabilità, il blocco permanente degli asset russi sembra l’ennesima escalation simbolica. Un Rubicone che Bruxelles ha attraversato senza una vera discussione politica, e che potrebbe costare caro all’Europa in termini di credibilità, sicurezza e prospettive di pace.