Israele, ucciso Abu Shabab da clan rivali, leader della milizia anti Hamas alleata prima all’Isis poi a Tel Aviv saccheggiava convogli di aiuti
È morto in un ospedale israeliano Abu Shabab a causa di ferite gravi riportate durante uno scontro con clan rivali. Il leader della milizia anti Hamas, alleata prima all’Isis e poi a Tel Aviv, saccheggiava convogli di aiuti destinati al popolo palestinese
È morto in un ospedale israeliano Yasser Abu Shabab, leader delle cosiddette “Forze popolari” di Gaza, milizia anti-Hamas che negli ultimi mesi aveva collaborato con Israele. Trasferito nel Soroka Medical Center dopo essere stato ferito in uno scontro armato nella Striscia, Abu Shabab è stato dichiarato morto oggi. Recentemente è stato documentato come il leader abbia collaborato in passato con miliziani affiliati allo Stato Islamico nel Sinai. La sua uccisione avviene nel pieno del protrarsi del genocidio contro i palestinesi, in cui la sofferenza e la frammentazione interna del popolo è alimentata dalle operazioni e dalle interferenze israeliane.
Israele, ucciso Abu Shabab capo della milizia anti Hamas e alleata prima all’Isis poi a Tel Aviv, il leader saccheggiava i convogli di aiuti
Secondo fonti militari israeliane, Abu Shabab sarebbe rimasto colpito da armi da fuoco in uno “scontro interno”, ma diversi elementi indicano un contesto più complesso. Alcuni suoi uomini, insieme al comandante Ghassan al Duhine, sarebbero stati eliminati in un’imboscata attribuita ai miliziani di Hamas, anche se il movimento non ha ancora commentato. Negli ultimi mesi la milizia beduina guidata da Abu Shabab era stata coinvolta, secondo diverse ricostruzioni, nel passaggio clandestino di veicoli all’interno della Striscia con il sostegno dell’esercito israeliano e di un concessionario arabo-israeliano.
Nel giugno 2025, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva reso noto, attraverso un videomessaggio pubblicato sui social media, di aver attivato alcuni clan palestinesi a Gaza su consiglio dei servizi di sicurezza. Secondo fonti locali, a questi gruppi sarebbero state fornite armi leggere, tra cui fucili d’assalto Kalashnikov e pistole, di provenienza israeliana. Abu Shabab aveva sempre negato di essere armato da Tel Aviv, ma più fonti internazionali lo accusavano apertamente di fungere da pedina operativa di Israele, utile al controllo del territorio e al contenimento di Hamas. Figura controversa, proveniente dalla famiglia Tarabin, Abu Shabab aveva costruito la propria influenza muovendosi tra nord e sud di Gaza, approfittando dello spostamento dei clan durante la guerra. In questo scenario, si era ritagliato un ruolo di milizia “anti-terrorismo” gradita alle autorità israeliane, stanziandosi in un’area sotto controllo diretto di Israele durante la tregua. Le sue attività attorno ai convogli umanitari avevano suscitato forti polemiche: pur avendo collaborato con la Gaza Humanitarian Foundation per scortare gli aiuti, più volte è stato accusato di averli saccheggiati, destinando una parte considerevole dei beni al proprio clan.
Clan, alleanze e rivalità: una Gaza sempre più frammentata
Come avviene in molte società tribali della regione, i clan familiari esercitano un potere capillare. A Gaza controllano commerci, contrabbando, traffici provenienti dall’Egitto e porzioni di territorio. Molti sono di orientamento salafita, sostenuti da Arabia Saudita e reti wahabite, e in alcuni casi integrano combattenti provenienti da Afghanistan, Iraq o Pakistan. La loro avversione al nazionalismo palestinese e alle strutture politiche democratiche li ha posti in rotta di collisione con Hamas, pur condividendo talvolta aree di potere. I miliziani di Abu Shabab, in passato erano molto vicini all’Isis ma questo non ha sconcertato Tel Aviv che ha scelto di sostenerli in chiave anti-Hamas.
Violenza interna e resa dei conti
Dopo il "cessate il fuoco", gli scontri interni tra fazioni palestinesi si sono intensificati. Nei mesi scorsi erano circolate sui social immagini di esecuzioni pubbliche di presunti collaborazionisti di Israele, segnali della feroce resa dei conti in atto.
All’interno di questa spirale – alimentata da anni di assedio, impoverimento e dall’interferenza militare israeliana – si collocano gli scontri fra Doghmush, Shabab e altre fazioni che contendono il controllo della Striscia. La morte di Abu Shabab si inserisce dunque in un equilibrio già precario, reso ancora più instabile dalla brutalità dell’occupazione e dal perdurare del genocidio contro la popolazione palestinese.