Iran verso ripristino siti nucleari sotterranei, lavori ad Isfahan, Fordow, Natanz e Pickaxe, Teheran: “No ad abbandono programma atomico pacifico”
Teheran insiste sulla natura “pacifica” del programma nucleare e promette la ricostruzione degli impianti distrutti
Sono passati quasi 6 mesi dalla “Guerra dei 12 giorni”, e mentre la maggior parte dei siti nucleari iraniani colpiti resta in uno stato di paralisi, nuove immagini satellitari mostrano che ad Isfahan, Natanz, Fordow e Pickaxe sono in corso lavori di ripristino e consolidamento. I 2 complessi sotterranei, oggi al centro degli sforzi di ricostruzione, rappresentano le infrastrutture più attive in una fase in cui Teheran ribadisce con forza: “Non abbandoniamo programma atomico pacifico”.
Iran verso ripristino siti nucleari sotterranei, lavori ad Isfahan, Fordow, Natanz e Pickaxe, Teheran: “No ad abbandono programma atomico pacifico”
A più di 5 mesi dai bombardamenti statunitensi contro i siti nucleari iraniani, costati ingenti danni a infrastrutture sotterranee considerate tra le più protette al mondo, la situazione resta fluida e complessa. Nonostante l’impiego di assetti strategici come i bombardieri B-2A armati con bombe “bunker buster” GBU-57A/B MOP, la valutazione dei danni resta tutt’oggi difficile: molti degli impianti colpiti erano infatti incastonati all’interno di massicci montuosi, progettati proprio per resistere ad attacchi di questo tipo.
Quel che è certo è che i principali siti – Fordow, Natanz e Isfahan – hanno subito danni definiti da esperti “catastrofici”, con attività residuali o quasi nulle a partire dalla scorsa estate. A Natanz si lavora soprattutto per proteggere ciò che resta delle infrastrutture, mentre a Fordow le operazioni visibili sembrano concentrate su ricognizione e bonifica superficiale.
Un’eccezione è rappresentata da Isfahan, dove nuove immagini satellitari del 20 novembre mostrano attività ai tunnel di ingresso del complesso sotterraneo: 2 dei 3 accessi sono stati sgomberati dai detriti e ripristinati. Secondo molti analisti, quel sistema di gallerie potrebbe custodire parte delle scorte di uranio arricchito al 60%. All’esterno, Teheran ha installato barriere anti-missile da crociera disposte “a chicane”, una protezione solo parziale che non arresterebbe attacchi con traiettoria ripida.
Un altro sito che attira l’attenzione degli osservatori è l’impianto di Pickaxe, mai colpito durante la guerra e in costruzione continua dal 2020. Le nuove immagini rivelano ulteriori lavori, compreso il completamento del perimetro di sicurezza e il rafforzamento degli ingressi sotterranei. Secondo diverse valutazioni, qui potrebbe sorgere un impianto avanzato per l’assemblaggio di centrifughe, con capacità di produzione di migliaia di unità l’anno, qualora l’Iran riuscisse a ripristinare la filiera produttiva dei componenti.
Diversamente dai siti di arricchimento, alcuni impianti legati alla produzione di armi nucleari mostrano significativi sforzi di bonifica e recupero. Tre di essi, colpiti nei raid, sono attualmente interessati da lavori che potrebbero preludere a una ricostruzione più ampia. Parallelamente, il sito di Taleghan 2 – gravemente colpito da Israele nell’autunno 2024 e rimasto intatto durante gli attacchi di giugno – risulta oggi quasi completamente ricostruito.
Il nodo più delicato, tuttavia, riguarda le scorte di uranio arricchito, soprattutto i circa 440 chili di materiale al 60%, considerato dagli esperti come il punto di svolta per un’eventuale corsa verso la soglia militare. L’Iran continua a negare l’accesso agli ispettori AIEA, che non hanno potuto verificare lo stato delle riserve. Secondo il direttore generale Rafael Grossi, alla fine di ottobre erano stati registrati movimenti sospetti vicino ai siti di stoccaggio; tuttavia, una valutazione del 19 novembre riteneva che le scorte non risultassero trasferite all’esterno, pur senza poter escludere spostamenti interni alle strutture.
Teheran insiste sulla natura “pacifica” del programma nucleare e promette la ricostruzione degli impianti distrutti. Una promessa tutt’altro che semplice da mantenere: il ripristino richiederà anni, ingenti investimenti e la capacità di reperire all’estero – attraverso contrabbando, triangolazioni o accordi diretti – materiali e tecnologie oggi sottoposti a rigide sanzioni internazionali. Russia, Cina e Corea del Nord restano i principali partner potenziali, con Mosca che da sempre rappresenta l’attore di riferimento nel sostegno al nucleare iraniano.