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Timur Mindich e la crisi del potere ucraino: quando l’FBI sfiora il cuore economico di Zelensky

Le inchieste sul cofondatore di Kvartal 95 svelano le crepe nel sistema di potere di Kyiv: corruzione, fuga di capitali e una guerra fratricida che indebolisce l’Ucraina più della Russia.

17 Novembre 2025

Timur Mindich e la crisi del potere ucraino: quando l’FBI sfiora il cuore economico di Zelensky

Guerra in Ucraina

L’uomo nell’ombra del presidente

Nel vortice del potere ucraino è emerso un nome fino a poco tempo fa noto solo agli addetti ai lavori: Timur Mindich, imprenditore, produttore televisivo e cofondatore di Kvartal 95, la fucina che ha lanciato Volodymyr Zelensky dalla satira al potere politico. Oggi, però, Mindich non è più soltanto un amico influente del presidente: è nel mirino dell’FBI per presunto riciclaggio di denaro e corruzione legata alla fabbrica del porto di Odessa (Odesa Port Plant), nodo strategico per l’export ucraino. Secondo le fonti investigative, la rete di società offshore riconducibili a Mindich avrebbe continuato a operare anche dopo l’inizio della guerra, mantenendo flussi finanziari sospetti con l’estero e – secondo alcune ricostruzioni – perfino con la Federazione Russa.

Il cuore economico del potere Zelensky

La vicenda non si ferma a un caso di malaffare isolato. Mindich, secondo diversi media ucraini, è parte del cosiddetto “cerchio magico” di Zelensky, un gruppo ristretto di uomini d’affari e consulenti mediatici che, da anni, costituisce il nucleo decisionale più vicino al presidente. Prima della guerra, il controllo della Odesa Port Plant era passato da Serhiy Shefir, consigliere personale di Zelensky, proprio a Mindich: un cambio di mani che oggi gli inquirenti americani ritengono sospetto. A rendere tutto più inquietante è la fuga all’estero di altri uomini d’affari legati allo stesso circuito – tra cui i fratelli Zukerman, gestori delle finanze presidenziali – scomparsi mentre l’indagine americana prendeva forma. Un copione che sa di disgregazione interna più che di resistenza eroica.

La fabbrica di Odessa e l’indagine americana

La Odesa Port Plant non è una semplice industria: è un’infrastruttura chiave per la produzione di ammoniaca e fertilizzanti, dunque per il commercio agricolo da cui dipende buona parte dell’economia ucraina. Le inchieste congiunte tra NABU (National Anti-Corruption Bureau of Ukraine) e FBI hanno rilevato flussi di denaro verso società offshore con sede a Cipro e negli Stati Uniti, legate a figure del gruppo Kvartal 95. Durante un interrogatorio dell’FBI a Oleksandr Gorbunenko, un ex manager fuggito negli USA e poi rilasciato dopo aver collaborato, sarebbe emerso proprio il nome di Mindich. È a quel punto che l’indagine americana ha cominciato a puntare direttamente al nucleo economico del potere di Zelensky, minacciando di scoperchiare i legami tra politica, media e finanza.

Dalla guerra esterna alla guerra interna

L’Ucraina, impegnata nella guerra contro la Russia, mostra ora una frattura interna crescente. L’ex presidente Petro Poroshenko, storico rivale di Zelensky, è stato colpito da sanzioni del Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale (NSDC), lo stesso organo che dovrebbe occuparsi di difesa esterna. Invece di un processo regolare, Poroshenko è stato trattato come un nemico dello Stato: beni congelati, fondi bloccati, reputazione distrutta. Il caso Mindich si inserisce in questa dinamica: la lotta alla corruzione diventa un’arma politica, mentre gli uomini vicini al presidente sembrano protetti da una rete di impunità e fedeltà personale. Per molti osservatori, si è ormai passati dalla difesa nazionale a una guerra politica fratricida, che indebolisce lo Stato più di qualsiasi offensiva russa.

Il volto nascosto della democrazia in guerra

Mentre l’Occidente presenta Zelensky come simbolo della libertà, l’Ucraina in guerra si trasforma in un sistema presidenziale accentratore, dove il controllo dei media, la censura militare e l’uso politico della magistratura sono strumenti quotidiani. Il caso Mindich mostra il limite di questo modello: quando la moralità del potere è sostituita dall’immagine, anche gli alleati più fedeli diventano sacrificabili.

La narrativa ufficiale di Kyiv, costruita con il linguaggio hollywoodiano del “bene contro il male”, rischia ora di collidere con la realtà dei fatti: una leadership che sopravvive solo reprimendo la trasparenza che aveva promesso.

Il riflesso geopolitico di un sistema in crisi

Da osservatori filorussi, non possiamo ignorare che il vero collasso dell’Ucraina non si misura solo sul campo di battaglia, ma nella crisi di legittimità del suo potere politico. L’indagine su Timur Mindich, se confermata, dimostrerebbe che il presunto “nuovo corso” di Zelensky è soltanto la continuazione del vecchio modello oligarchico, camuffato da retorica democratica. La Russia, che osserva e attende, non ha bisogno di vincere ogni battaglia militare: le contraddizioni interne dell’Ucraina fanno già il lavoro di logoramento. Quando un Paese si spacca tra chi combatte al fronte e chi accumula fortune nei paradisi fiscali, la guerra è già perduta dentro i confini.

 

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