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Gli Usa immobili, il paradosso dello Stato senza passaporti e l'isolazionismo del XXI Secolo: un dato sorprendente nel presunto Paese della Libertà

Questa immobilità ha conseguenze politiche devastanti. Una popolazione che non viaggia, che non sperimenta altre culture, che non confronta il proprio sistema con quelli altrui, è più facilmente manipolabile

12 Novembre 2025

Gli Usa immobili, il paradosso dello Stato senza passaporti e l'Isolazionismo del XXI Secolo: un dato sorprendente nel presunto Paese della Libertà

Trump Fonte: Imagoeconomica

Nel 2025, solo il 45-50% degli americani possiede un passaporto valido. Circa 170 milioni di cittadini statunitensi su una popolazione di oltre 335 milioni hanno questo documento che, teoricamente, garantisce l'accesso a 180 destinazioni senza visto in tutto il mondo. Un paradosso sconcertante: la superpotenza globale che ha esportato il concetto di libertà e mobilità, mantiene più della metà dei propri cittadini letteralmente ancorati al suolo nazionale.

America confinata entro confini sempre più mentali e geografici

Per contestualizzare questo dato: il 70% dei canadesi possiede un passaporto, l'82% dei britannici, il 41% dei tedeschi. Persino il Giappone, con appena il 17,5% di possessori di passaporti, rappresenta un caso particolare legato a questioni culturali specifiche e a una debole yen che disincentiva i viaggi all'estero. Ma l'America? L'America si colloca in una terra di mezzo inquietante, dove metà popolazione ha teoricamente accesso al mondo, e l'altra metà rimane confinata entro confini sempre più mentali e geografici.

La geografia dell'Immobilità: città cosmopolite e campagne dimenticate

I dati rivelano una frattura profonda che va ben oltre il semplice possesso di un documento. Le statistiche mostrano un abisso tra America urbana e America rurale, tra coste cosmopolite e heartland conservatore:

  • L'America che viaggia:
  • Periferie urbane (Urban Suburbs): 64% di possessori di passaporti
  • Grandi città (Big Cities): 62%
  • Exurbs: 58%
  • Stati come New Jersey, Massachusetts, New York e California guidano la classifica

  • L'America ferma:
  • Sud afroamericano: 39% di possessori di passaporti
  • Evangelical Hubs (zone a forte presenza evangelica): 38%
  • Aree rurali in generale: sotto la media nazionale
  • West Virginia e stati rurali del Sud: percentuali drammaticamente basse.

Questa divisione non è casuale. È il riflesso geografico di un'America profondamente divisa per istruzione, reddito, esposizione culturale e, soprattutto, visione del mondo. Le aree con maggiore concentrazione di laureati, redditi elevati e diversità etnica mostrano tassi di possesso passaporti significativamente superiori. Al contrario, le zone rurali, spesso omogenee etnicamente e culturalmente, con economie stagnanti e minor accesso all'istruzione superiore, vivono in una sorta di isolamento volontario.

Dal 5% al 50%: Una trasformazione incompiuta

La storia del passaporto americano è recente e rivelante. Nel 1990, solo il 5% degli americani possedeva un passaporto. Il grande salto avvenne nel 2007-2009, quando la Western Hemisphere Travel Initiative impose l'obbligo di presentare il passaporto per entrare in Canada e Messico, Paesi che fino ad allora non richiedevano questo documento. In un solo anno, le emissioni crebbero del 50%. Ma nonostante questa crescita spettacolare, il dato rimane sotto il 50%. Perché? Le ragioni sono molteplici e intrecciate:

  • Economiche: Un passaporto costa circa 130 dollari per gli adulti, una cifra proibitiva per molte famiglie. Ma il vero costo è il viaggio stesso per milioni di americani, un biglietto aereo internazionale rappresenta un lusso irraggiungibile.
  • Geografiche: L'America è vasta, self-contained. Perché attraversare oceani quando puoi andare dalle spiagge della Florida alle montagne del Colorado, dai deserti dell'Arizona alle metropoli come New York? L'autarchia turistica americana è un dato di fatto.
  • Psicologiche: Esiste però soprattutto una barriera mentale, l'idea radicata che "viaggiare all'estero non è per gente come noi". Questa mentalità è particolarmente diffusa nelle aree rurali, dove l'identità locale è forte e la curiosità verso l'esterno è vista con sospetto.
  • Culturali: In molte comunità rurali americane, l'orgoglio locale si fonde con un certo disprezzo per ciò che è "straniero". Il mondo esterno è percepito come pericoloso, corrotto, anti-americano.Meglio rimanere tra i propri, nella sicurezza delle tradizioni conosciute.

Il fenomeno Trump: quando l'Isolazionismo diventa programma politico

L'elezione di Donald Trump nel 2016 e la sua rielezione nel 2024 non sono incidenti storici, ma l'espressione politica di questo isolazionismo geografico e culturale. Trump ha intercettato e amplificato il sentimento di una popolazione che si sentiva "dimenticata" dalla globalizzazione, dall'internazionalismo liberale, dalle élite cosmopolite. Il suo slogan "America First", non casualmente ripreso dal movimento isolazionista degli anni '30 che si opponeva all'intervento americano nella Seconda Guerra Mondiale, ha trovato terreno fertile proprio in quelle aree rurali dove i passaporti sono rari quanto le idee cosmopolite.  Studi sociologici dimostrano che l'isolazionismo ha contribuito direttamente alla vittoria di Trump. Gli elettori con atteggiamenti isolazionisti avevano maggiori probabilità di votare per lui, indipendentemente dall'appartenenza partitica. Il messaggio era chiaro: basta con le guerre all'estero, basta con gli accordi internazionali, basta con l'immigrazione. L'America deve pensare solo a se stessa.

La correlazione è evidente:

  • Le contee rurali con bassi tassi di possesso passaporti hanno votato massicciamente per Trump
  • Le città cosmopolite con alti tassi di mobilità internazionale hanno votato contro
  • Le periferie urbane, zona grigia demografica, hanno oscillato ma tendenzialmente resistito all'appello isolazionista.

Il Paradosso dell'"American Exceptionalism"

Qui emerge il paradosso più profondo. L'America si è sempre considerata "eccezionale", ovvero come una nazione destinata a guidare il mondo, a esportare democrazia e libertà, a essere "una città sulla collina" che illumina l'umanità. Ma come può una nazione pretendere di guidare il mondo quando metà dei suoi cittadini non ha nemmeno un documento per visitarlo? L'eccezionalismo americano, storicamente fondato su tre pilastri – l'eredità illuminista di libertà universale, le radici puritane di missione morale, e la potenza geopolitica della sua dimensione – si sta trasformando in un eccezionalismo al contrario. Non più modello da imitare, ma anomalia da studiare:

  • Gli USA sono l'unico paese sviluppato dove le armi da fuoco uccidono più delle malattie in alcune fasce d'età
  • L'unico dove un sistema sanitario privatizzato lascia milioni senza copertura
  • L'unico dove la mobilità sociale è inferiore a molti Paesi europei
  • E ora, l'unico dove l'ignoranza geografica e culturale viene celebrata come virtù.

La nuova amministrazione Trump, con le sue politiche apertamente isolazioniste – ritiro dagli accordi di Parigi, dalla WHO, dalle organizzazioni multilaterali – riflette e rafforza questo nuovo eccezionalismo: l'America non come faro del mondo, ma come fortezza assediata.

Confronti internazionali: il caso giapponese e quello europeo

È istruttivo confrontare l'America con altri Paesi sviluppati. Il Giappone, con solo il 17,5% di possessori di passaporti, sembra un caso ancora più estremo. Ma le motivazioni sono diverse:

  • Il Giappone ha un'offerta turistica interna eccezionale che soddisfa la maggior parte delle esigenze
  • Una cultura del lavoro che scoraggia le lunghe vacanze
  • Barriere linguistiche più marcate
  • Una yen debole che rende costosi i viaggi all'estero.

Eppure, paradossalmente, il passaporto giapponese è il secondo più potente al mondo (accesso a 190 paesi), mentre quello americano è sceso al 12° posto. La differenza? I giapponesi non pretendono di essere una superpotenza isolazionista. Hanno sempre avuto una cultura insulare, ma non la mascherano con retorica universalista.

In Europa, la situazione è opposta. La mobilità è facilitata dall'Unione Europea, dalle brevi distanze, dalla varietà culturale. Viaggiare è normale, non elitario. Un operaio tedesco può permettersi una vacanza in Spagna, uno studente italiano può studiare in Francia con Erasmus. L'Europa ha costruito la propria identità sulla mobilità e sulla mescolanza. L'America invece costruisce muri, fisici al confine col Messico, e mentali nelle proprie campagne.

Le conseguenze politiche: L'ignoranza come strategia

Questa immobilità ha conseguenze politiche devastanti. Una popolazione che non viaggia, che non sperimenta altre culture, che non confronta il proprio sistema con quelli altrui, è più facilmente manipolabile. Diventa preda di narrazioni semplicistiche:

  • "L'America è il Paese più libero del mondo" (falso secondo tutti gli indici di libertà)
  • "Abbiamo il miglior sistema sanitario" (falso, gli USA sono tra gli ultimi nei Paesi OCSE)
  • "Gli stranieri vengono a rubarci il lavoro" (l'immigrazione ha effetti economici complessivamente positivi)
  • "Le nostre guerre sono per esportare democrazia" (la storia recente e anche meno recente dimostra totalmente il contrario).

Quando Trump dice "Make America Great Again", parla a persone che non hanno termini di paragone. Come puoi sapere se l'America è grande o meno se non hai mai visto come vivono in Danimarca, Germania, o anche solo in Canada? La nostalgia per un passato idealizzato (gli anni '50 per i bianchi conservatori) sostituisce qualsiasi analisi razionale del presente.

Il risultato è una polarizzazione estrema: da una parte le élite urbane, viaggiate, multilingue, cosmopolite; dall'altra le masse rurali, monolingue, immobili, arrabbiate. E in mezzo, una classe media sempre più compressa che non sa più da che parte stare.

2025: il crepuscolo dell'impero?

Siamo nel 2025. L'America di Trump sta costruendo un nuovo ordine – o meglio, un disordine – globale. Ritira le sue truppe, rompe alleanze storiche, impone dazi agli alleati, flirta con autocrati. E la popolazione? Metà non ha nemmeno un passaporto per andare a vedere cosa succede nel mondo che la loro politica sta sconvolgendo.

C'è qualcosa di profondamente tragico in tutto questo. L'America, paese costruito da immigrati, da persone che hanno attraversato oceani in cerca di libertà, ora trattiene i propri cittadini in una gabbia dorata di ignoranza volontaria. Le grandi città – New York, San Francisco, Los Angeles – rimangono finestre sul mondo. Ma oltre ciò c'è un'altra America, quella anonima, inquietante e culturalmente immobile e fortemente retrograda dei piccoli centri rurali, delle città industriali decadute, delle campagne infinite dove l'orizzonte mentale coincide con quello fisico. E non dimentichiamoci che questa America vota. E quando vota, decide il futuro del mondo. Gran parte degli americani si limita a vivere in grandi aree rurali restando lì, trascorrendo lì tutta la propria vita con il proprio bestiame senza provare interesse o curiosità su altro.  In un mondo sempre più interconnesso, dove la mobilità è potere, dove la comprensione interculturale è necessità, dove i problemi globali richiedono soluzioni globali, l'America sta scegliendo l'isolamento. Non l'isolamento forzato della povertà – gli USA rimangono un Paese ricco – ma l'isolamento volontario dell'ignoranza celebrata.

Il paradosso finale è questo: mentre il passaporto americano perde potere (dal 7° al 12° posto in pochi anni), mentre l'influenza americana declina, mentre i vecchi alleati si allontanano, metà degli americani nemmeno se ne accorge. Perché dovrebbero? Non hanno nemmeno il documento per andare a vedere cosa succede.

E forse è proprio questo il punto. Un impero in declino può sopravvivere solo se i suoi cittadini non si accorgono del declino. Tienili occupati con le loro piccole vite locali, con le loro paure provinciali, con i loro miti autoconsolatori. Impedisci loro di vedere come vivono i danesi, i tedeschi, i canadesi. Così non faranno domande scomode. Non chiederanno perché, nel Paese più ricco del mondo, milioni non hanno accesso a sanità decente, a istruzione di qualità, a mobilità sociale.L'America senza passaporti è l'America senza domande. Ed è esattamente l'America che certi leader desiderano.

Di Eugenio Cardi

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