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Mosca abbandona l'accordo russo-americano sul plutonio: nuova crepa nell'intesa di disarmo bilaterale con gli Stati Uniti

Russia, la corsa a uranio e plutonio in parallelo con gli Stati Uniti segna l'ultima crisi dell'architettura internazionale di sicurezza nata alla fine della Guerra fredda

04 Novembre 2025

Mosca abbandona l'accordo russo-americano sul plutonio: nuova crepa nell'intesa di disarmo bilaterale con gli Stati Uniti

Fonte: Top War

Le ultime mosse statunitensi sul nucleare civile non sono passate inosservate in Russia. Mentre gli Stati Uniti riaprono il capitolo del plutonio "riciclabile" e rilanciano la filiera dell'uranio domestico, Mosca si è mossa in parallelo. Due traiettorie che si inseguono, si specchiano e, forse, si scontrano su uno dei terreni più sensibili del XXI secolo: uranio e plutonio contesi tra energia civile e potenza militare.

Il 22 ottobre 2025 il Consiglio della Federazione russa ha approvato, e il Presidente Putin ha firmato, una legge che ha formalmente posto fine alla partecipazione di Mosca nell'Accordo USA-Russia (PMDA) per la gestione e lo smaltimento di 34 tonnellate di plutonio militare dagli arsenali di ciascun Paese. Mosca sconfessa l'accordo - firmato il 29 agosto 2000 a Mosca e il 1° settembre 2000 a Washington - e i protocolli ulteriori, firmati il 15 settembre 2006 e il 13 aprile 2010. In realtà, la Russia aveva già sospeso l'attuazione del patto nell'ottobre 2016, sostenendo che gli Stati Uniti avessero violato i termini originari per lo smaltimento del plutonio. L'abbandono di questo trattato segna l'ultimo pesante passo indietro nella cooperazione tra Mosca e Washington sul disarmo. Questa è la quarta puntata di una lunga saga. Ora è Mosca a voltare pagina. Nelle tre puntate precedenti, a ritirarsi furono sempre gli USA. Il 13 giugno 2002 gli Stati Uniti si ritirarono dal Trattato sui missili anti-balistici (ABM), il 2 agosto 2019 dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (INF) e il 22 novembre 2020 dal Trattato Open Skies (Cieli Aperti).

La Russia non ha mai smesso di credere nel potenziale del plutonio. Oggi è la chiave della nuova strategia energetica del Cremlino. Al centro di questa visione c'è il MOX, un combustibile "ibrido" ottenuto mescolando ossidi di uranio e di plutonio. Il MOX è pensato per alimentare la prossima generazione di reattori nucleari. A Seversk, nel giugno 2021, prendeva forma il progetto Brest-300, un impianto "autofertilizzante" capace di rigenerare il proprio combustibile. Qui gli ingegneri di Rosatom hanno sviluppato un progetto innovativo, a base di nitruro di uranio e plutonio, che costituisce la prima unità energetica di nuova generazione con una concentrazione fissile del 13,2%. La miscela è concepita per chiudere il ciclo del combustibile nucleare e ridurre al minimo gli scarti. Nel settembre 2022, il reattore veloce BN-800 della centrale di Beloyarsk, per la prima volta, è stato interamente convertito all'impiego di MOX. Nel dicembre 2024, l'Agenzia statale russa per l'energia nucleare lavorava alla progettazione di due diversi nuclei a uranio-plutonio, per il reattore BN-1200.

Dopo le misure di Joe Biden, che nel 2024 hanno limitato le importazioni di uranio russo, Mosca ha consolidato recentemente la cooperazione industriale sull'uranio con Kazakistan e Iran. Il 14 giugno di quest'anno, Astana ha compiuto una scelta strategica destinata a ridefinire il panorama energetico dell'Asia centrale, affidando a Rosatom e alla China National Nuclear Corporation la guida di due consorzi distinti per la costruzione delle sue prime centrali nucleari nazionali. Il governo kazako e l'Agenzia nazionale per l'energia atomica vogliono attirare nuovi canali di finanziamento statale russi, destinati a sostenere il progetto nucleare. Il 24 settembre, Russia e Iran hanno firmato un memorandum d'intesa per costruire piccole centrali nucleari nella Repubblica islamica. Il patto, definito «strategico» da Rosatom, è stato siglato da Alexey Likhachev, direttore generale di Rosatom, e da Mohammad Eslami, a capo dell'Organizzazione per l'energia atomica dell'Iran. Ne è seguita un'intesa esecutiva per la costruzione di 4 unità nucleari avanzate di terza generazione nel sud dell'Iran, per un valore di 25 miliardi di dollari.

Di Roberto Valtolina

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