Usa, ritrovate email fra Ceo sionista di Oracle Ellison e ex ambasciatore israeliano Prosor, il miliardario: "Rubio è pro-Israele, ok a finanziamento da $5mln"
Le email rubate fra Ellison e l'ambasciatore israeliano all'Onu Prosor mostrano che il magnate tech volle verificare la fedeltà di Rubio a Tel Aviv prima di sostenerne l’ascesa politica con milioni di dollari
Il Ceo sionista di Oracle Larry Ellison è stato inchiodato: delle email risalenti al 2015 scambiate con l'allora ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Ron Prosor, è emerso che l'uomo più ricco del mondo testò la lealtà a Israele dell'astro nascente repubblicano Marco Rubio. Dopo averlo incontrato più volte e avergli sottoposto diversi "test", Rubio è stato ritenuto abbastanza fedele alla causa di Tel Aviv e questo ha sbloccato 5 milioni di dollari di finanziamento da parte di Ellison per la sua campagna elettorale per la nomination presidenziale del Partito Repubblicano, che l'ha portato a essere riconfermato senatore per lo Stato della Florida nel 2016 e nel 2022, incarico che gli ha spianato la strada per divenire Segretario di Stato nel 2025.
Usa, ritrovate email fra Ceo sionista di Oracle Ellison e ex ambasciatore israeliano Prosor, il miliardario: "Rubio è pro-Israele, ok a finanziamento da $5mln"
Un archivio di email riservate, trafugato dal gruppo di hacker “Handala” e reso pubblico da Distributed Denial of Secrets, getta nuova luce sui legami tra il miliardario statunitense Larry Ellison, fondatore di Oracle, e l’attuale segretario di Stato Marco Rubio. I documenti mostrano che, ben prima della scalata politica di Rubio, Ellison si mosse in prima persona per verificarne la “lealtà” verso Israele, vincolo indispensabile per garantirgli il sostegno economico e politico della sua rete di influenza.
Secondo le corrispondenze esaminate, nell’aprile 2015 Ellison intratteneva un fitto scambio con Ron Prosor, allora ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite. In una mail del 26 aprile Prosor chiede direttamente al miliardario di inviargli il testo di un discorso di Rubio, sottolineando l’interesse israeliano nel valutare la posizione del senatore della Florida. Pochi giorni dopo Ellison riferiva: "Grande incontro con Marco Rubio. L’ho messo in contatto con Tony Blair. Marco sarà un grande amico per Israele".
Le email rivelano così un vero e proprio processo di “screening politico”, condotto non da funzionari pubblici statunitensi, bensì da un privato cittadino miliardario in coordinamento con un rappresentante ufficiale di Israele. A conferma dell’intesa, già a maggio 2015 Ellison organizzava un fundraiser nella sua lussuosa residenza di Woodside, California, a favore della campagna di Rubio. Da lì a poco, il magnate avrebbe iniettato 5 milioni di dollari nel super PAC Conservative Solutions, creato per sostenere il candidato repubblicano durante le primarie presidenziali del 2016.
Non si trattava di un sostegno isolato. Ellison aveva già mostrato negli anni una devozione finanziaria verso Israele: nel 2014 aveva definito “il più grande onore” il supporto all’esercito israeliano, donando cifre record – 16,6 milioni di dollari – a “Friends of the Idf”. Parallelamente, l'allora Ceo di Oracle Safra Catz portava avanti campagne culturali filo-israeliane, persino immaginando show televisivi come “Women of the Idf” per migliorare l’immagine dell’occupazione presso il pubblico americano.
Il filo conduttore rimane la stessa domanda che emerge dalle email: Ellison voleva garanzie assolute che Rubio fosse disposto a difendere Israele in ogni sede. Solo dopo quel “via libera” arrivò la pioggia di fondi. Una dinamica che non riguarda soltanto un singolo politico, ma mostra come l’influenza di un miliardario possa piegare la politica estera statunitense alle necessità di un altro Paese.
L’archivio, che si interrompe nel 2016, è stato verificato in parte da Drop Site, che ne ha confermato l’autenticità incrociando documenti, fotografie e dettagli privati. Né Ellison né il Dipartimento di Stato né l’ambasciata israeliana in Germania, dove Prosor è oggi accreditato, hanno risposto a richieste di commento.
Intanto Rubio, dopo la sua fallita corsa alla Casa Bianca, è diventato uno dei più fedeli promotori di politiche filo-israeliane, fino a guidare da segretario di Stato campagne di repressione contro i critici di Tel Aviv. Quella traiettoria, ora, appare meno come frutto di convinzioni personali e più come il risultato di un accurato investimento politico orchestrato da Larry Ellison, l’uomo che con i suoi miliardi e la sua influenza mediatica sembra aver trasformato la fedeltà a Israele in una condizione necessaria per scalare i vertici del potere a Washington.