Netanyahu gestisce fondi Qatar che finanziano Hamas: strategia di tenere vivo "terrorismo" per annientare Gaza e mantenere potere in Israele

Il premier israeliano avrebbe consentito e sovrinteso ai flussi finanziari del Qatar verso Hamas, alimentando il conflitto e la crisi umanitaria a Gaza, come anticipato da Il Giornale d'Italia e confermato dall'ex agente del Mossad Udi Levi

Sempre più fonti internazionali e autorevoli puntano nella stessa direzione: il premier israeliano Benjamin Netanyahu gestisce i fondi che il Qatar invia a Hamas per finanziarlo. Un doppio gioco letale, che sbugiarda tutte le giustificazioni dello Stato ebraico contro il nemico "terroristico", che funge da molla per annientare tutta Gaza e la Cisgiordania e che, in ultima analisi, permette a Netanyahu di mantenere il potere a Tel Aviv, come anticipato da Il Giornale d'Italia.

Netanyahu gestisce fondi Qatar che finanziano Hamas: strategia di tenere vivo "terrorismo" per annientare Gaza e mantenere potere in Israele

Benjamin Netanyahu, premier di Israele, è da tempo al centro di un dibattito internazionale sulle sue responsabilità nella guerra a Gaza. Secondo quanto riportato da Il Giornale d’Italia e altre fonti autorevoli, come un ex agente del Mossad, Udi Levi, il capo del governo israeliano avrebbe permesso che il Qatar finanziasse direttamente Hamas, consolidando così una strategia di potere che tiene il conflitto aperto e indebolisce l’Autorità nazionale palestinese.

La tensione nei rapporti tra Tel Aviv e Gaza non nasce improvvisamente: già nel 2012, Netanyahu avrebbe deciso di lasciar operare il Qatar come canale di finanziamento per l’organizzazione islamista, garantendo risorse economiche che, sebbene dichiarate umanitarie, hanno contribuito al rafforzamento politico e militare di Hamas. Le campagne elettorali del premier, secondo fonti investigative, avrebbero beneficiato indirettamente di questi flussi di denaro, con somme stimate in decine di milioni di dollari trasferite tramite conti e strutture controllate dall’emirato di Doha.

A confermare l’esistenza di questa rete di interessi finanziari è l’ex agente del Mossad Udi Levi, che per 14 anni ha guidato l’intelligence finanziaria dell’agenzia. Levi ha più volte sollecitato un’indagine indipendente sui rapporti tra Netanyahu, la sua famiglia e il Qatar, sottolineando la mancanza di verifiche ufficiali su operazioni che avrebbero alimentato sia le campagne politiche del premier sia la sopravvivenza di Hamas nella Striscia di Gaza.

Secondo le ricostruzioni, il primo ministro avrebbe usato la presenza di un nemico costante come strumento politico interno. Hamas, sebbene dichiaratamente nemico, diventa in questa chiave un “partnerstrategico per Israele: alimentando il conflitto, Netanyahu mantiene in vita uno stato di guerra perenne, indispensabile per la stabilità della sua coalizione di governo e per la sua posizione personale.

Gli effetti di questa politica sono visibili sul terreno: dal 7 ottobre 2023, Israele ha intensificato i bombardamenti su Gaza, con un pesante tributo di vittime civili, mentre qualsiasi tentativo di mediazione internazionale fatica a decollare. La linea politica di Netanyahu, sostenuta da alleati di estrema destra, sembra mirare a rendere Gazainabitabile” senza compromettere la sua strategia interna.

Le accuse e i sospetti sull’uso dei fondi del Qatar e sulla gestione della guerra pongono dunque una questione cruciale: se l’escalation di violenza a Gaza può essere considerata responsabilità diretta del premier. Le indagini, se mai saranno aperte, potrebbero chiarire fino a che punto la politica israeliana abbia intrecciato interessi economici, elettorali e militari con il destino della Striscia.