Coloro che oggi vedono la debolezza dell’Europa non hanno il coraggio (e non l'hanno mai avuto) di dire la parola referendum
Dopo anni di deleghe e silenzi, si deride la Von Der Leyen ma nessuno propone agli europei di scegliere davvero con un voto
“Con tutti questi bulli in circolazione urge trovare qualcuno che tuteli gli interessi del Vecchio Continente meglio della Serbelloni tedesca e del Fracchia olandese. A qualunque costo”, ha scritto l’altro giorno Gramellini sul Corriere.
La Serbelloni sarebbe Ursula Von Der Leyen e Fracchia sarebbe il gran capo della Nato, Rutte. Il bullo sarebbe Trump, un presidente eletto e non nominato. Quindi se vogliamo che qualcuno tuteli gli interessi europei “a qualunque costo” basterebbe un bel referendum: volete gli Stati Uniti d’Europa, sì o no? A quel punto, se vincono, i sì gli europei si sceglieranno il loro leader.
Quella che oggi viene derisa per essersi letteralmente prostrata davanti a Trump, pochissimi anni fa era una “statista”, era colei che consentì lo scatto di reni - dicevano loro - all’Europa sui vaccini, nel senso che Bruxelles diventava la centrale d’acquisto unica per tutti i paesi della Ue. Faceva lei le trattative.
Come le fece però non è mai stato dato saperlo poiché la Signora si era intestardita a tenere tutto segreto. Finché il “bubbone” è scoppiato e il Wall Street Journal ha portato in giudizio ripetutamente la presidente di Commissione per ricostruire la negoziazione di un acquisto imponente per dosi acquistate (comprate e in buona parte buttate o regalate, scadute, ai Paesi africani) e soldi pagati. Perché la Commissione ha negato l’accesso agli atti e ha opposto no generici o giustificazioni del tipo “I messaggi erano stati cancellati perché non rilevanti”? Ora, grazie a un giudice che ha dato ragione ai giornalisti americani, forse ne sapremo di più.
E segreta voleva essere anche la trattativa sul finanziamento dell’acquisto delle armi; per questo la Von Der Leyen aveva escluso il parlamento europeo provocando la reazione di una minoranza che, rivolgendosi al giudice europeo, è riuscita a far cancellare la decisione d’imperio e quindi passare dall’aula.
Tutto questo per dire che l’unica volta che abbiamo visto la VDL in una performance pubblica post negoziale ha dimostrato il suo peso reale: inconsistente. De Bortoli fa notare che la Nostra si è fatta umiliare a tal punto da farsi ricevere non alla Casa Bianca ma nel resort privato di Trump in Scozia. Forse, i nostri giornalisti e i nostri direttori, non si sarebbero meravigliati se si fossero posti delle domande sulle condotte precedenti: si fa una trattativa privata e con pieni poteri con la multinazionale, cioé la Pfizer, dove tuo marito collabora come ricercatore? Si è piegata anche a Bourla, come con Trump? Conosco l’osservazione: ma il Covid incombeva e faceva morti. Allora vale la risposta che dà la Presidente anche in questo caso: dovevo chiudere la trattativa prima della guerra commerciale.
Ora viene derisa dai capi di governo e dai colleghi europei; viene sbertucciata dai Gramellini e dai columnist: ma dove eravate prima, signori cari? La Von Der Leyen è stata scelta presidente appena poche ore dopo un giudizio di condanna, proprio sulla trattativa Pfizer, giudicata troppo oscura.
Adesso è troppo facile scrivere che “Non conosco un solo europeo di destra, di sinistra, di sopra o di sotto che si senta rappresentato da Ursula von der Leyen”. Ma tu guarda… Nessuno si riconosce nella leader dell’Europa, quell’Europa a cui continuiamo a devolvere competenze, materie, soldi; quell’Europa che “se non ci fosse…” e mille altre frasi retoriche che ora, alla prova dei fatti, ti frega col primo “bullo” per usare l’epiteto comunemente attribuito a Trump. Peccato, che - come si diceva - quel bullo agisce e può agire così perché è stato eletto dal popolo in un assetto di democrazia che l’Europa si sogna lontanamente, essendo una creatura dalla stranissima (e disfunzionale) ingegneria istituzionale. Quel bullo è stato eletto, sta facendo quel che ha detto e comunque subirà tra non molto tempo un “tagliando di controllo democratico” da parte dello stesso popolo americano. Ecco perché l’America può dettare legge e l’Europa subisce.
“Nel 2011 l’Europa si è trovata ad affrontare una crisi del debito senza avere gli strumenti economici necessari, né la coesione politica per costruirli. Fu una crisi esistenziale che portò l’euro quasi al collasso. Quattordici anni dopo, la guerra commerciale iniziata da Trump ha trovato l’Europa altrettanto impreparata pur avendo, questa volta, lo strumento giusto, cioè la competenza esclusiva a negoziare accordi commerciali internazionali a nome dei suoi 27 Stati membri”, ha scritto la Reichlin. “L’accordo è totalmente asimmetrico: l’Europa non ottiene nulla, ad eccezione della promessa di non essere colpita ancora più pesantemente e su questo non c’è alcuna garanzia. Inoltre, il patto smaschera la ipocrisia di chi, a parole, difende il multilateralismo, ma, di fatto, accetta di siglare un accordo che viola le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto)”.
Ci sarebbe molto da ridire sulla violazione delle regole del Wto, perché se Trump sta prendendo a sportellate il mondo è perché la strombazzata Organizzazione mondiale del commercio ha consentito alla Cina di piegare la globalizzazione alle sue regole in dumping. E anche qui, sui dumping interni agli stessi perimetri di gioco, ci sarebbe molto da ridire anche su molte asimmetrie presenti in Europa, quella fiscale inclusa.
Di Gianluigi Paragone