La farsa umanitaria della GHF: quando l’aiuto diventa un’arma letale, a Gaza Israele può impunemente sperimentare i limiti della disumanità

A Gaza i palestinesi si trovano di fatto di fronte a un’alternativa letale: morire di fame o rischiare di essere colpiti mentre cercano disperatamente di procurarsi un minimo di cibo

Mentre Tel Aviv sostiene di voler “aiutare” la popolazione di Gaza attraverso corridoi umanitari militarizzati, emergono gravi rivelazioni sulla cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation (GHF), una sigla che, dietro l’apparenza filantropica, cela un’operazione di controllo e repressione mascherata da assistenza.

Secondo diverse inchieste internazionali (tra cui The Guardian e fonti svizzere indipendenti), la GHF opera da una sede fittizia in Svizzera, ma è in realtà controllata da interessi israelo-statunitensi, con ex agenti CIA e contractor americani impiegati nei centri di distribuzione di viveri e medicinali.

Il loro compito ufficiale è quello di “garantire la sicurezza” dei convogli, ma la realtà parla chiaro: più di 400 civili palestinesi sono stati uccisi durante la distribuzione degli aiuti, colpiti mentre cercavano disperatamente cibo o medicine. Le testimonianze parlano di veri e propri checkpoint paramilitari, di razionamento selettivo degli aiuti, e di uso della fame come strumento di guerra psicologica.

La denuncia è arrivata anche da parte di giuristi e parlamentari svizzeri, che accusano la GHF di violazione delle norme del diritto internazionale umanitario. L’uso di società private per “gestire” la crisi di Gaza secondo logiche militari viene descritto come una forma di occupazione indiretta, che mira non a soccorrere, ma a filtrare e controllare la resistenza palestinese attraverso la dipendenza alimentare.

L’operazione condotta tramite la GHF dimostra che per Israele e i suoi alleati la guerra non si gioca più solo con le bombe, ma anche col pane: chi controlla il cibo, controlla le vite, seleziona i corpi, decide chi può sopravvivere e chi no.

Un’arma tra le mani del potere. Il caso della GHF conferma la logica che emerge anche dall’uso di bande criminali armate da Tel Aviv: la sopravvivenza palestinese viene trasformata in strumento di negoziazione, in campo minato, in inganno legalizzato.

In questo contesto, parlare di “aiuti umanitari” non ha più senso. Si tratta di armi non convenzionali al servizio di una guerra permanente, che travolge ogni principio di diritto, ogni codice deontologico e ogni illusione residua di neutralità.

Emergono gravi fatti che hanno portato a denunciare l’operato della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), organizzazione con sede fittizia in Svizzera e controllata da interessi israelo-statunitensi. Dietro la facciata umanitaria, la GHF impiega mercenari americani ed ex agenti CIA per presidiare i centri di distribuzione degli aiuti, provocando violenze e decine di morti tra i civili palestinesi in cerca di cibo. A questo si aggiungono l’ordine impartito dal governo israeliano all’IDF di sparare sulla folla affamata in attesa di ricevere il cibo e gli assalti organizzati da bande armate e finanziate da Israele, tra queste spicca “Forze popolari” guidata da Yasser Abu-Shabab, affiliato all’ISIS.

La militarizzazione dell’assistenza umanitaria ha già causato oltre 400 vittime e ha sollevato la protesta di ONG, istituzioni internazionali e giuristi svizzeri, che accusano Israele di affamare Gaza e manipolare l’aiuto umanitario per fini politici e militari. “Militarizzare gli aiuti significa violare i principi fondamentali del diritto umanitario. Il caso della GHF è un precedente gravissimo.” ha affermato Marie-Alix Véga, docente di diritto umanitario all’Università di Ginevra.

Allo stesso modo il Rapporto congiunto delle ONG Médecins du Monde e Al-Haq del maggio 2025 stigmatizza l’operato del governo israeliano: “Israele sta usando la fame come arma, in flagrante violazione dell’art. 54 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra.” Lo stesso concetto è ribadito nella Dichiarazione del Comitato Svizzero per i Diritti Umani, giugno 2025: “L’assistenza è diventata un campo di battaglia: le vittime non sono effetti collaterali, ma obiettivi.”

165 organizzazioni umanitarie e associazioni internazionali hanno chiesto la chiusura immediata della GHF. A Gaza i palestinesi si trovano di fatto di fronte a un’alternativa letale: morire di fame o rischiare di essere colpiti mentre cercano disperatamente di procurarsi un minimo di cibo. Anche in questo Gaza si dimostra un laboratorio in cui Israele può impunemente sperimentare i limiti della disumanità.

di Marco Pozzi