Ora tutti scoprono Gaza, ma questo giornale da tempo urla da solo il dramma dei palestinesi, e Moni Ovadia ce ne dà atto

La questione è che questo Giornale corsaro ha battuto le rotte che gli altri hanno lasciato sguarnite non perché non ci fossero i fatti ma perché raccontare quei fatti per intero e non a pezzi, avrebbe significato smontare la Verità edificata dai Giusti senza se e senza ma

“Mobilitazione per Gaza” titola Repubblica. E poi il post di Nanni Moretti con la frase giusta sul faccione di Netanyahu (“Ma quanti palestinesi devono ancora morire perché tu sia soddisfatto e finalmente la smetta?”) al momento giusto, cioé il momento in cui il partito Democratico ha deciso di alzare il livello di scontro politico contro il governo di Israele e coloro che lo appoggiano.

Va tutto bene se serve perché ci si svegli dal torpore comodo che per molti, moltissimi mesi ha impedito di prendere una posizione chiara. Non lo aveva fatto finora il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari: c’è voluto un cambio di direttore, da Maurizio Molinari a Mario Orfeo, perché l’ammiraglia del gruppo Gedi (famiglia Elkann) cominciasse da un certo punto a far parlare i fatti. Ma i fatti c’erano anche prima, in quel prima dove la narrazione di Repubblica (con le stesse firme) era dentro la propaganda.

I fatti, questo giornale dal passato editoriale importante, li ha invece raccontati fin da subito arrivando persino a documentare i “buchi” dell’agguato del 7 ottobre a costo di farsi (ri)dare altre etichette, com’era già accaduto rispetto alle battaglie contro l’obbligo vaccinale e rispetto alla guerra in Ucraina. Quindi va dato all’amico Luca Greco il giusto riconoscimento per avere avuto il coraggio di tirare avanti e di trovare compagni di viaggio con le ferite sulla schiena, come ce le ho io per le battaglie condotte rispetto al vaccino; rispetto all’Europa della Ursula Von Der Leyen; rispetto a Mario Draghi; rispetto ai rapporti tra Russia ed Europa; rispetto al tradimento dei diritti dei lavoratori compiuto in nome del patto tra sindacati e poteri (e qui non possiamo non tirare in ballo ancora i silenzi di Landini rispetto alle chiusure di Stellantis, sempre famiglia Elkann/Agnelli) o rispetto al tradimento dei risparmiatori italiani (oggi il parlamento è pronto a salvare con una norma le quattro grandi società di revisione) e potremmo andare oltre.

La questione è che questo Giornale corsaro ha battuto le rotte che gli altri hanno lasciato sguarnite non perché non ci fossero i fatti ma perché raccontare quei fatti per intero e non a pezzi, avrebbe significato smontare la Verità edificata dai Giusti senza se e senza ma. Anche sul 7 ottobre il Giornale d’Italia ha avuto il coraggio di far parlare testimoni, di pubblicare video e di correggere, dati alla mano, distorsioni appositamente create per tenere in piedi la propaganda di Netanyahu. E l’altra sera Moni Ovadia lo ha detto chiaramente dal palco, dopo una chiacchierata con Luca Greco che gli aveva proposto di scrivere. Proposta che Ovadia ha accettato e raccontato dal palco, riconoscendo al Giornale d’Italia l’impegno di un giornalismo e di una testimonianza politica coraggiosa che non nasce oggi, come invece sta facendo Repubblica per interesse editoriale.

Sul campo eravamo in pochi, quei pochi che vengono considerati pericolosi: il Giornale d’Italia e chi ci collabora, l’amico Alessandro Di Battista, il professore Alessandro Orsini, il Fatto Quotidiano e qualche altro. (Per eleganza e opportunità non mi permetterei mai di aggiungere all’elenco Papa Francesco e Papa Leone XIV, i quali con fermezza e coraggio hanno richiamato e stanno richiamando il dramma di gaza e le responsabilità del governo di Israele). Pertanto se oggi la banda Elkann capitanata da Mario Orfeo si vuole mobilitare per Gaza ha due strade: raccontare perché i palestinesi sono stati isolati e oscurati e quindi spiegare il motivo dei reportage a senso unico ordinati dall’ex direttore Molinari, oppure “usare” il dramma di Gaza per un altro giro di piazza.

Tante volte abbiamo chiesto al governo di non accodarsi, di smarcarsi riprendendo la trama politica dei Craxi e degli Andreotti, la trama diplomatica del “Lodo Moro” e la trama imprenditoriale di Mattei. Alla Meloni diciamo che non ha senso accoppiare il suo pur interessante piano in Africa al nome di Mattei e poi essere così apertamente in contrasto con le mosse e le dichiarazioni di colui che contro tutti volle dare all’Italia un ruolo energetico di prim’ordine. E lo diciamo a Salvini, imbarazzante e persino grottesco nella difesa di Netanyahu: di fronte alle dichiarazioni di vicinanza e di comprensione al popolo palestinese con prese di posizione pubbliche che pochi altri rappresentanti di governo hanno mai più avuto, cosa avrebbe detto il capo della Lega?

Mobilitiamoci, ci dicono. Certo, ma prima abbiate il coraggio di mettere i fatti in ordine svelando la propaganda con cui finora la guerra di Bibi fosse giusta e doverosa: qui c’è un dramma umanitario e un responsabile.

di Gianluigi Paragone