Banco BPM, Crédit Agricole pronta all’acquisizione di Piazza Meda: l'istituto francese già verso il 30%, Gavalda pensa all'Opas e sonda CdA e Governo - RUMORS

Dopo il passo indietro di UniCredit imposto dal Golden Power del Governo, il gruppo francese studia l’operazione su Piazza Meda; i commenti degli addetti ai lavori: "Sfilata dell'italiana UniCredit per dare Banco BPM ai francesi"

Dopo il ritiro dell'Ops di UniCredit, a Parigi sembra sempre più forte il desiderio di acquisire Banco BPM, terza banca italiana per dimensioni. Il progetto, già studiato dal precedente AD Brassac, è adesso sul tavolo di Olivier Gavalda, nuovo amministratore delegato di Crédit Agricole, e già coinvolto nel progetto, con il "sogno" di replicare quanto già realizzato da Bnp Paribas con Bnl, rafforzando in modo decisivo la presenza francese nel sistema bancario italiano. Gavalda sta studiando il possibile lancio di un'Opas, Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio, in parte cash e in parte azioni, previa verifica con il CdA, accordo con il MEF e il Governo italiano.

L’istituto francese, che negli ultimi anni ha gradualmente aumentato la propria partecipazione azionaria, ha già superato la soglia del 10% e si è spinto fino a una quota vicina al 20%. L’11 luglio ha formalmente chiesto alla Banca Centrale Europea l’autorizzazione a salire oltre, avvicinandosi alla soglia d’Opa. A fianco di Crédit Agricole si contano altri azionisti francesi come Banque Postale, Natixis (0,7%) e Bnp Paribas (0,3%), formando un blocco che potrebbe arrivare a controllare quasi il 30% del capitale di Piazza Meda.

Gli addetti ai lavori commentano: "Dopo la sfilata della banca italiana UniCredit, Banco BPM rischia di essere messa in mano dei francesi". Un amministratore delegato di una Banca, sondato da Il Giornale d'Italia sul tema, che preferisce rimanere anonimo, ha dichiarato: "Sfilata UniCredit, dentro i francesi, il disegno si sta completando."

Indicazioni Golden Power favorevoli a Credit Agricole: nessuna presenza in Russia, possibilità di acquisire titoli di Stato italiani tramite Anima, impegno (almeno iniziale) a rispettare le indicazioni sugli impieghi

Le condizioni imposte all’operazione UniCredit erano tre: il rispetto del rapporto tra impieghi e masse, l’acquisto di titoli di Stato italiani e l’assenza di esposizione in Russia. Crédit Agricole, ironia della sorte, soddisfa tutti e tre i requisiti: non ha attività in Russia, può acquistare quanti titoli di Stato desidera attraverso Amundi – sua controllata – e per quanto riguarda il rapporto tra impieghi e masse può benissimo dichiarare di volerlo mantenere entro i limiti richiesti, salvo poi modificarlo una volta conclusa l’operazione.

In teoria, se il Golden Power del Governo non era stato attivato in funzione della nazionalità italiana dell’acquirente, ma solo sulla base di quelle tre condizioni – tutte oggi rispettate da Crédit Agricole – allora l’operazione francese potrebbe procedere senza ostacoli. E di fatto Crédit Agricole, che aveva precedentemente dichiarato di non voler acquisire il controllo dell’istituto italiano né di voler superare la soglia del 25% che farebbe scattare l’OPA obbligatoriasi troverebbe ora a ridosso di quella soglia del capitale di Banco BPM. Secondo quanto rivelato da fonti interne alla banca a Il Giornale d’Italia, superato il 20% la partecipazione viene contabilizzata a patrimonio, il che significa che non deve più essere aggiornata trimestre dopo trimestre in base all’andamento del prezzo di mercato, come accadrebbe con un investimento a breve termine. In questo modo, la banca francese non rischia di dover svalutare il proprio investimento se il titolo dovesse scendere in Borsa, ma allo stesso tempo può beneficiare di una maggiore stabilità di bilancio.

L'asset strategico Anima Holding

In vista del 2026, quando scadrà l’attuale board, il gruppo francese starebbe già valutando come incidere sul rinnovo del cda e consolidare la propria influenza. In questo contesto, prende corpo un piano che prevede uno scambio di asset tra Banco Bpm e la rete italiana dell’Agricole, oltre all’interesse per asset strategici come Anima Holding, società di gestione acquisita da Banco BPM con un’Opa da €1,79 miliardi.

Con oltre 200 miliardi di euro in gestione e un rilevante pacchetto di Btp, Anima rappresenterebbe un’opportunità preziosa per rafforzare la posizione di Crédit Agricole nel risparmio gestito, anche alla luce del possibile divorzio tra UniCredit e Amundi. Piazza Meda, inoltre, è una banca solida, ben radicata nel Nord Italia, con una forte vocazione nel credito alle imprese, nella gestione del risparmio e nei servizi alle famiglie.

Crédit Agricole e il MEF

Crédit Agricole sarebbe inoltre pronta ad aprire un dialogo istituzionale con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per sondare il terreno politico e regolamentare la propria strategia industriale in Italia. Il gruppo francese punterebbe a presentarsi come un partner di lungo termine, interessato a rafforzare la stabilità e la competitività del sistema bancario italiano.

Ma resta un nodo politico. Il governo italiano, che ha già bloccato l’avanzata di UniCredit con il golden power, potrebbe trovarsi ora di fronte a un rafforzamento francese in un settore strategico come quello del credito. Uno scenario delicato, reso ancora più complesso dalla recente riforma del TUF, che ha indebolito il meccanismo delle liste di minoranza, finendo per avvantaggiare soci forti come Crédit Agricole. Anche in assenza di operazioni straordinarie, infatti, il gruppo francese sarebbe in grado di esercitare un’influenza rilevante sul rinnovo del board di Bpm previsto nel 2026.

Unicredit si ritira, ma potrebbe tornare in campo

Il passo indietro di UniCredit ha sorpreso il mercato e ha liberato Banco Bpm dai vincoli della passivity rule, aprendo così una nuova fase nella partita bancaria. Il CdA di Piazza Meda si sarebbe già riunito martedì 22 luglio e potrebbe tornare a esaminare le diverse opzioni strategiche.

Tra queste, oltre alla strada della permanenza stand alone, resta sempre sul tavolo l’ipotesi di una nuova operazione di M&A. E mentre Crédit Agricole avanza, c’è chi ritiene che il contesto politico attuale – paradossalmente ostile all’ipotesi francese – potrebbe agevolare un ritorno di UniCredit sulla scena, stavolta nel ruolo di difensore dell’italianità della banca.

Nonostante in Piazza Meda lo scenario venga al momento escluso, le voci di un possibile ritorno di UniCredit si fanno sempre più insistenti. Andrea Orcel potrebbe adottare una strategia simile a quella seguita con Commerzbank, costruendo una partecipazione significativa per poi rimandare l’Opa a una fase successiva, con il rischio che ci possa essere Opa e contro Opa sull'istituto di Giuseppe Castagna. Resta però da chiarire un nodo legale, ossia la possibilità di lanciare una seconda Opa prima che siano trascorsi sei mesi dalla precedente. Su questo punto le interpretazioni degli avvocati d'affari sono divergenti e sarà necessario fare chiarezza prima di qualsiasi nuova iniziativa.

C’è anche una valutazione politica. Qualsiasi altra operazione incontrerebbe le barricate non solo della Lega (il ministro Giorgetti ha difeso apertamente Banco BPM), ma anche di Fratelli d’Italia e Forza Italia. Per questo, un’eventuale nuova mossa su Banco Bpm potrebbe risultare meno ostacolata a livello istituzionale rispetto ad altri dossier di consolidamento.

Le parole di Giuseppe Castagna

Lo stesso amministratore delegato del Banco, Giuseppe Castagna, ha fatto intendere di non considerare chiusa la partita. «In questi mesi abbiamo difeso strenuamente il nostro modello, fatto di specializzazione, integrazione e prossimità», ha scritto ai dipendenti dopo il ritiro di Unicredit. «Ma la soddisfazione di oggi potrebbe non durare a lungo, perché è evidente che rimaniamo sotto i riflettori di chiunque abbia progetti di aggregazione in Italia. Spetterà a tutti noi continuare a impegnarci per confermare i risultati che stiamo realizzando, unica vera difesa per la nostra indipendenza».

Intanto, a Roma, il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5S, ha annunciato un’interrogazione parlamentare sul caso Unicredit-Bpm, a conferma che il dossier è tutt’altro che chiuso e si intreccia strettamente con equilibri politici, regolatori e di sistema.

La dichiarazione di Andrea Orcel

Non è stata una battaglia di otto mesi, ma otto mesi di congelamento. Abbiamo atteso la risoluzione del golden power, come sempre dichiarato. Ma a un certo punto abbiamo capito che i tempi erano troppo lunghi: ci trovavamo impantanati e abbiamo deciso di liberarci di un peso per poter finalmente accelerare, soprattutto in Italia”, ha dichiarato Andrea Orcel, Amministratore Delegato di UniCredit, commentando il ritiro dell’OPS su Banco BPM. “Trenta giorni in più concessi dalla Consob non avrebbero cambiato nulla: i tempi del TAR e dell’Unione Europea sarebbero andati ben oltre. Così abbiamo scelto di concentrarci su ciò che davvero conta per noi: la crescita interna”.

Sulla futura direzione di UniCredit in Europa, Orcel ha ribadito: “Anche senza un’unione bancaria pienamente realizzata, continueremo a dimostrare che una banca paneuropea può crescere, battere le attese e distribuire valore. Siamo resilienti, molto redditizi e pronti a cogliere nuove opportunità”.

Il Governo e il progetto del terzo polo bancario con MPS

Il Governo ha reagito negativamente al tentativo di UniCredit di acquisire Banco BPM, considerandolo un'interferenza in un'area strategica e perché comprometteva il progetto di creare un terzo polo bancario basato su MPS. Dopo il fallimento di quel piano, MPS ha avviato un'operazione con Mediobanca. Tuttavia, l’ipotesi di coinvolgere Banco BPM non è stata abbandonata: potrebbe essere ripresa dopo la conclusione dell’accordo con Mediobanca, previsto tra settembre e ottobre, quando MPS punta a superare il 66% delle adesioni.