Marsala, condannato a 15 anni Alfonso Tumbarello, il medico di Messina Denaro durante la latitanza: accusato di falso e concorso esterno alla mafia

Per lui l'accusa aveva chiesto 18 anni di carcere. Tumbarello si sarebbe reso colpevole di aver validato ben 147 prescrizioni, destinate consapevolmente a Messina Denaro e non ad Andrea Bonafede

Alfonso Tumbarello, il medico che si prese in carico l'iter delle cure del boss mafioso Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza, è stato condannato a 15 anni di carcere. A deciderlo è stato il tribunale di Marsala, "alleggerendo" la pena rispetto a quanto chiesto dall'accusa, ovvero 18 anni.

Marsala, condannato a 15 anni Alfonso Tumbarello, il medico di Messina Denaro durante la latitanza: accusato di falso e concorso esterno alla mafia

L'accusa per Alfonso Tumbarello è di falsoconcorso esterno in associazione mafiosa: fu lui infatti che si prese cura del super latitante di Castelvetrano Messina Denaro dopo la scoperta del tumore al colon. Tumbarello, già ex politico in quanto consigliere provinciale e candidato alle regionali con l'Udc, era finito in galera meno di un mese dopo l'arresto di Messina Denaro, avvenuto il 16 gennaio 2023. Quindi, per limiti d'età, era passato - dopo cinque mesi di carcere - ai domiciliari.

Il processo a carico di Tumbarello era iniziato nel dicembre 2023 e l'accusa in giudizio, rappresentata dal pubblico ministero Gianluca de Leo, aveva lungamente dibattuto sulla colpevolezza del medico di base di Andrea Bonafede (alias Messina Denaro), nonché ex massone iscritto alla loggia "Valle di Cusa - Giovanni di Gangi" al Grande Oriente d'Italia. Per l'accusa, Tumbarello si era reso colpevole di aver validato 147 prescrizioni mediche per Messina Denaro, e non solo: secondo de Leo, aveva firmato un certificato medico per accedere a strutture sportive, nonché la richiesta di day service per una seduta di chemioterapia, e la prescrizione di una compressa di Tavor utile il giorno prima di una risonanza.

Evidenze che, secondo l'accusa, sono servite ad accertare come Tumbarello fosse perfettamente consapevole di avere in cura il boss stragista, facendo prescrizioni a due distinte persone (Messina Denaro e Bonafede) nonostante le generalità dichiarate fossero le stesse. Nella requisitoria, de Leo aveva inoltre ricordato all'organo giudicante il ruolo di mediatore avuto da Tumbarello tra Tonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, e il fratello di Messina Denaro, Salvatore. La difesa, rappresentata dai legali Gioacchino Sbacchi e Giuseppe Pantaleo, sosteneva invece che l'assistito avesse validato ricette e prescrizioni mediche senza accorgersi che fossero destinate al mafioso: Andrea Bonafede era il solo destinatario delle cure - secondo loro -, né mai quest'ultimo si sarebbe recato di persona alla studio medico per simulare la malattia da tumore.