Teatro alla Scala, dichiarato illegittimo da Tribunale di Milano il licenziamento della maschera che gridò “Palestina libera” dalla prima galleria
Nel dispositivo, in attesa delle motivazioni che verranno depositate la prossima settimana, il giudice ha stabilito che non vi fossero i presupposti per un licenziamento per giusta causa. La Scala è stata quindi condannata a versare alla lavoratrice 809,60 euro per ogni mese compreso tra l’estromissione e la scadenza del contratto, avvenuta il 30 settembre
Il Tribunale del lavoro di Milano ha giudicato illegittimo il licenziamento della maschera, una studentessa, assunta con contratto a termine come maschera del Teatro alla Scala, che il 4 maggio scorso – durante un concerto a inviti organizzato dall’Asian Development Bank – era salita in prima galleria per gridare “Palestina libera“. Un gesto contro il genocidio a Gaza costato immediatamente la convocazione dal direttore del personale e l’allontanamento, con la contestazione di aver violato l’ordine di servizio e di averlo fatto davanti a ministri e ospiti internazionali.
Teatro alla Scala, dichiarato illegittimo da Tribunale di Milano il licenziamento della maschera che gridò “Palestina libera” dalla prima galleria
Nel dispositivo, in attesa delle motivazioni che verranno depositate la prossima settimana, il giudice ha stabilito che non vi fossero i presupposti per un licenziamento per giusta causa. La Scala è stata quindi condannata a versare alla lavoratrice 809,60 euro per ogni mese compreso tra l’estromissione e la scadenza del contratto, avvenuta il 30 settembre. In totale, la somma supera i 4 mila euro, ai quali si aggiungono 3.500 euro di spese legali.
“Speriamo che la sentenza non venga impugnata e che la Scala ammetta lo sbaglio“, commenta l’avvocato difensore Alessandro Villari. “Il giudice ha accertato che non si può licenziare un lavoratore per aver gridato ‘Palestina libera’. Tanto più che il gesto è stato fatto durante un evento a cui partecipavano ministri e persone potenti, non semplici osservatori della situazione a Gaza”. La protesta, secondo la difesa, assumeva quindi un valore politico in un contesto particolarmente rilevante, anche alla luce del ruolo di Israele nell’Asian Development Bank e della presenza nel board del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich.
Il ricorso della ragazza era stato sostenuto dalla Cub Informazione & Spettacolo, che aveva denunciato la reazione del teatro come sproporzionata e punitiva. “Abbiamo sostenuto sin dall’inizio che gridare ‘Palestina libera’ non è reato e i lavoratori non possono essere sanzionati per le loro opinioni politiche”, ribadisce oggi il sindacato, ricordando come il caso fosse deflagrato pubblicamente a fine maggio, quando l’organizzazione aveva parlato di “un avvertimento a chi pensa di esprimere liberamente le proprie opinioni“.
Secondo la Cub, il teatro in passato avrebbe tollerato comportamenti più problematici da parte del personale e, anche in questa occasione, avrebbe potuto adottare misure meno drastiche. Da qui l’appello al rafforzamento del sindacalismo di base: “A oggi è sempre più necessario organizzarsi con il sindacalismo di base per far valere i propri diritti”, chiude la nota. Il sindacato invita inoltre a partecipare allo sciopero di venerdì 28 novembre alle 9.30 a Porta Venezia e alla manifestazione di sabato 29 novembre alle 14 da piazza XXIV Maggio.