Camilla Canepa morta dopo 1a dose vaccino Covid AstraZeneca si sarebbe potuta salvare: protocollo pronto contro Vitt, ma perso nella burocrazia
I protocolli contro la trombosi da vaccino esistevano già, ma tra burocrazia e ritardi il governo ha continuato a spingere AstraZeneca sui giovani nonostante i rischi, lasciando morire una 18enne
Svolta nel caso della morte di Camilla Canepa, la 18enne ligure morta il 10 giugno 2021 dopo la somministrazione della prima dose del vaccino Covid AstraZeneca. Documenti emersi nelle ultime settimane hanno svelato che la ragazza si sarebbe potuta salvare dalla trombosi post inoculazione (Vitt) che l'aveva colpita. L'ex primario dell'ospedale di Lavagna (GE), il dottor Haupt, aveva infatti già predisposto un protocollo per una situazione emergenziale simile, ma questo è andato perso nella burocrazia e non è stato applicato, lasciando morire Camilla.
Camilla Canepa morta dopo 1a dose vaccino Covid AstraZeneca si sarebbe potuta salvare: protocollo pronto contro Vitt, ma perso nella burocrazia
La morte di Camilla Canepa, la diciottenne ligure deceduta nel giugno 2021 dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca, resta una ferita aperta. E le ultime ricostruzioni mettono in luce una verità scomoda: le cure per contrastare la trombosi da vaccino, la cosiddetta Vitt (trombocitopenia trombotica indotta da vaccino), erano già state elaborate da settimane, ma bloccate da burocrazia e inerzia politica.
Il dottor Enrico Haupt, ex primario a Lavagna e vaccinatore all’Evangelico di Genova, dopo i primi casi di trombosi sospette aveva predisposto con colleghi un protocollo clinico chiaro: riconoscere i sintomi, eseguire subito gli esami specifici, e avviare tempestivamente la terapia con immunoglobuline. Un percorso semplice e attuabile in ogni pronto soccorso. Ma quel documento, consegnato alla direzione sanitaria il 13 aprile 2021, restò intrappolato nei corridoi della Regione Liguria fino al 27 maggio, due giorni dopo che Camilla era stata vaccinata durante un Open Day con AstraZeneca.
È questo il punto: le autorità sapevano. Già dal mese di marzo erano arrivati segnali dall’Europa e dall’Aifa sul rischio trombosi, tanto che altri Paesi avevano limitato AstraZeneca agli over 60. In Italia, invece, il governo continuò a promuovere la somministrazione indiscriminata anche ai più giovani, con iniziative mediatiche che spingevano ragazzi e ragazze a vaccinarsi senza alcuna reale informazione sui pericoli.
Quando Camilla si presentò al pronto soccorso con i sintomi tipici della Vitt, il protocollo esisteva ma non era stato diffuso in modo operativo. Non venne applicata la procedura corretta e la ragazza fu dimessa con una diagnosi di cefalea. Troppo tardi, pochi giorni dopo sarebbe morta.