L'indipendenza dell'informazione è un problema, secondo il Global Risk Report 2025 di Davos

Esiste una zona d'ombra oltre la quale le regole del buon senso perdono ogni valore. L'incontro culturale tra diverse posizioni viene polverizzato dalle ragioni di chi tira nell'ombra i fili degli interessi mondiali.

Non ci credete? Vi basta guardare un qualsiasi telegiornale, poi mi dite se sbaglio. La stessa identica notizia, senza neanche più la decenza di modificare l'ordine delle parole, viene rimbalzata ovunque quasi a reti unificate.

Cose come dubbi, osservazioni, in alcuni casi critiche, sono concetti banditi da tempo. Provate a palesare qualsivoglia perplessità, ovviamente ragionata, su guerre, poliche ambientali ed economia. Tempo due secondi e sarete additati di tutto, forse anche giudicati per le Guerre Puniche. 

Orbene, nell'annuale riunione del Global Risk a Davos, tavola rotonda stracolma di scienziati e "tecnici" che analizzano i rischi del pianeta da un punto di vista ambientale, sociale ed economico, quest'anno ha avuto un certo spazio l'informazione. 

Colpa (o merito?) di Trump che ha buttato nel cesso quella buffonata del fact checking, secondo i nostri cervelloni, gli organi di informazione indipendente come Il Giornale d'Italia, rei di non allinearsi con il pensiero globalista e non pensante, rappresenterebbero uno dei pericoli più seri per la stabilità mondiale. 

In pratica, libertà di pensiero, domande e dissenso non dovrebbero più far parte del gergo giornalistico, almeno secondo lor signori. Su queste basi, avremmo dovuto dire che Netanyahu merita un Nobel per la pace, che i vaccini fanno bene alla salute, e che Zelensky è una vittima. 

Peccato che siamo qui per amore della verità, non perché al soldo di qualcuno.

Noi come rispondiamo? Cercate pure di fermarci, vi aspettiamo a braccia aperte.