Omicidio Giulia Tramontano, Impagnatiello “smascherato” al processo: “Ha ucciso con rabbia fredda, nessun senso di colpa”
Giovanni Cacciapuoti, avvocato della famiglia Tramontano: “Alessandro Impagnatiello era capace di intendere e di volere, è sempre stato lucido, ha connotazioni caratteriali ma non sono tali da avere una influenza nell'ambito di un procedimento penale”
In data odierna, lunedì 21 ottobre, è iniziata una nuova udienza per Alessandro Impagnatiello, in carcere con l'accusa di aver ucciso con 37 coltellate la compagna Giulia Tramontano incinta di 7 mesi. La difesa e l'accusa hanno commentato in aula la perizia psichiatrica depositata nei giorni precedenti dai consulenti della Corte d'Assise: i medici hanno riconosciuto che l'imputato era capace di intendere e volere al momento dell'omicidio.
Prima dell'inizio dell'udienza l'avvocato della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti ha commentato così quanto sostenuto dai medici: “Alessandro Impagnatiello era capace di intendere e di volere, questo lo dicevano le carte e la consulenza di parte. Poi i consulenti della Corte lo hanno confermato: è sempre stato lucido, ha connotazioni caratteriali ma non sono tali da avere una influenza nell'ambito di un procedimento penale”, ha dichiarato l'avvocato.
Omicidio Giulia Tramontano, Impagnatiello “smascherato” al processo
Alessandro Impagnatiello qualche giorno dopo il suo arresto aveva confessato l'omicidio raccontando la sua versione dei fatti. Ovvero di aver litigato con la compagna dopo che lei aveva scoperto la relazione con una collega di lavoro del bar con cui la stessa Giulia aveva appena avuto un incontro chiarificatore.
Secondo Impagnatiello, i due avevano discusso “con toni normali”e poi, mentre Alessandro mangiava, Giulia ha iniziato a ferirsi con un grosso coltello da cucina. “Arrivato vicino a lei, per non farla soffrire le ho inferto anche io tre o quattro colpi all'altezza del collo”, aveva raccontato ai carabinieri. Ma i medici legali hanno poi smentito il tutto. Giulia Tramontano non si era inferta i tagli con il coltello ma era stata accoltellata 37 volte dall'imputato che avrebbe poi provato a darle fuoco per 2 volte, una nella vasca da bagno e una in garage.
Le parole dei medici all'udienza
Il processo di questa mattina è iniziato con l'interrogazione nei confronti dei consulenti della Corte. “Abbiamo contestualizzato – spiega il medico legale Gabriele Rocca – tutto il percorso esistenziale dell’imputato, evidenziando l'assenza di un disturbo di personalità ma tratti dello stesso. Il disturbo dipendente di personalità (ddp) è un elemento perdurante, non che si attiva solo in determinati frangenti”.
Inoltre, lo psichiatra forense Pietro Ciliberti ha aggiunto: “Soltanto se ci fossimo trovati davanti a un grave disturbo dipendente di personalità saremmo giunti a conclusioni diverse. I colleghi, ovvero i consulenti della difesa, avevano individuato tanti, forse troppi, disturbi (paranoide, narcisista, ossessivo-compulsivo): occorre eventualmente fare una scelta. Perché se i disturbi sono troppi, questo inficia la valutazione. Poi non possiamo parlare solo di disturbo dipendente di personalità, ma (per l’incapacità di intendere e di volere) dovremmo parlare di grave ddp, che si traduce nella vita di una persona con aspetti disfunzionali pervasivi”.
Poi ancora Rocca sul “disturbo paranoide”: “Per esempio in un ddp paranoide il soggetto percepisce il mondo in senso ostile, ma non in un singolo momento per un fatto specifico. Nel caso dell'imputato è difficile immaginare una persona con ddp paranoide che fa il barman, che riesce a stare a contatto con molte persone. Questo è incompatibile con la sua vita sociale e affettiva”. Il medico legale ha sottolineato che "per quanto riguarda il ddp ossessivo, ci sarebbe stata una rigidità non riscontrata. Si riscontrano invece nell’imputato tratti di manipolatività”.
Il disturbo narcisistico
Un altro tema toccato è stato quello del disturbo narcisistico dell'imputato Impagnatiello. Il medico legale ha affermato: “Non possiamo partire dal reato e dire: una cosa così la può fare solo una persona disturbata, altrimenti entriamo in un circolo vizioso. L’essere umano può fare cose drammatiche, indipendentemente dal suo stato mentale”.
Inoltre, importante al fine delle indagini è dimostrare che Impagnatiello non era “invalidato” da questo disturbo: “Con ddp narcisistico vero e proprio l’individuo arriva anche a essere isolato perché ha comportamenti anti-empatici. Impagnatiello, pur avendone dei tratti, era inserito in un contesto. Non c’è un disturbo psicopatico perché Impagnatiello non era mal visto prima del reato. I tratti ci sono si, perché ci sono aspetti di Impagnatiello che richiamano questi disturbi, ma senza diventare – nel corso della sua vita precedente al delitto – per lui invalidanti”, ha specificato il medico legale.
La manipolazione e il controllo
Il pm ha richiesto ai medici di soffermarsi sul concetto di “manipolazione e controllo” di Alessandro Impagnatiello. Lo psichiatra forense Ciliberti ha risposto: “Nei colloqui in vari punti durante le narrazioni e i riferimenti all’evoluzione delle relazioni affettive, il costrutto del controllo e della bugia, così come della vanità, emergono in modo molto forte”.
E ancora: “Il controllo è uno degli aspetti presenti in persone con tratti di psicopatia, pur con l’emotività scarsa riscontrata, c’è comunque una risonanza emotiva, le emozioni sono lette in chiave del proprio beneficio. La distinzione è che persona psicopatica sa leggere le emozioni degli altri ma in funzione dei suoi bisogni, appunto controllando le emozioni dell’altro”.
La pm Alessia Menegazzo ha poi posto quesito sulla frase detta dall'imputato durante il colloquio: “Avevo due pedine sulla scacchiera, Giulia Tramontano e l'altra donna, e non sapevo che mossa fare”. Ciliberti ha chiarito così: “Il perseguimento del fine, in un individuo come l’imputato, è molto forte e si sposa con il controllo sull’altro. Ma persone affette da gravi psicopatie sono invisibili, sfuggono, a differenza di Impagnatiello”.
Impagnatiello vuole studiare psicologia in carcere
In aula la pm ha dichiarato che Impagnatiello, dopo i colloqui con gli psichiatri, ha detto di voler studiare psicologia. Lo psichiatra forense ha precisato: “Si tratta di un caso molto comune, ma torno a sottolineare importanza delle parole. Tra quelle usate anche la parola “vanto” (in riferimento all'altra donna, desiderata dagli altri colleghi, ma anche a Giulia e al contesto familiare con lei creato). Si tratta comunque di tratti, molto lontani da qualcosa che possa determinare l’infermità mentale”.
La “rabbia fredda”
Inoltre, la pm ha sottolineato la funzione della “rabbia” che Impagniatiello ha provato nel momento dell'omicidio: “Nella perizia si parla di frustrazione che diventa rabbia. E compare anche nell’esame della difesa, ma l’imputato ha sempre negato di aver provato rabbia, almeno a livello conscio”. Pietro Ciliberti ha spiegato che sarebbe più corretto parlare di "una ‘rabbia fredda', quella che ha portato al tragico atto finale. Una rabbia legata al controllo e alla perdita dello stesso, che genera senso di sconfitta nel periziando”. Riassumendo: “Noi abbiamo riscontrato rabbia fredda negli ultimi momenti, di come sia emersa improvvisamente nello stadio finale”.
Rocca ha poi specificato: “Noi abbiamo parlato di emotività distruttiva, che può essere rabbia, ma anche frustrazione: se io non ritengo di voler condividere una gravidanza ci sono tanti modi per evitarlo, oltre a quello di avvelenare o uccidere. Emerge un quadro di costante esigenza di mantenere il controllo su tutto, l’emotività distruttiva è questa”.
L'alessitimia
In aula è stato toccato anche il concetto di alessitimia, ovvero il disturbo dell'elaborazione degli affetti. Rocca sostiene che “è l’incapacità del soggetto di rappresentare cosa prova, spiegare la risonanza emotiva dei propri vissuti”. Infatti, secondo l'accusa, questo è stato riscontrato in Impagnatiello ma “è da collegare ai suoi tratti narcisistici: non sa mettersi nei panni del prossimo e spiegare i suoi. Si tratta di una freddezza emotiva".
Questa tipologia di disturbo è stato riconosciuto all'imputato anche dopo il delitto: “Noi abbiamo riscontrato la sua difficoltà nel percepire rimorso e sensi di colpa, così come sentimenti afferibili alla pietà”. Precisando però che questo riguarda “l’ambito della scarsa risonanza emotiva, non della patologia”.
“Far sparire una persona è come buttare una caramella”
La pm Alessia Menegazzo ha poi chiesto spiegazioni sulla frase che l'imputato aveva detto durante i colloqui: “Come se far sparire una persona sia come buttare una caramella”. Gabriele Rocca in aula ha spiegato: “Il periziando ha vissuto esperienze che descrive come shock ma non vive effettivamente come tali, riuscendo quindi a superarli. Pensiamo per esempio all’interruzione della gravidanza dell’amante, per arrivare alla tragica morte della compagna”.
Il baby shower
Un altro punto su cui si è chiesto di fare chiarezza è la decisione di fare un “baby shower” per il bimbo che Giulia portava in grembo. Ovvero una festa per scoprire il sesso del nascituro. “Gravidanza di Giulia vista come ostacolo professionale, le ricerche sul web su come avvelenare Giulia e il suo bambino, poi però il baby shower. Come spieghiamo questo parallelo contrastante?", ha domandato la pm.
Ciliberti ha ribadito la “menzogna” su cui Impagnatiello ha costruito la sua vita: “Quello a cui abbiamo assistito è stata la millanteria finalizzata alla menzogna, ovvero ingredienti tipici di una persona con un forte bisogno di sentirsi valorizzata. La sua diventa spesso una ‘non realtà' intesa come commedia, dove si raccontano situazioni successivamente smentite: confessa la relazione poi sconfessa della stessa. Questi non sono sintomi, ma caratteristiche della sua personalità, caratterizzata da un baricentro morale compromesso”.