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Genova, nuovo processo d'appello per i fratelli che uccisero il padre, la Cassazione bacchetta i giudici

Per Alessio, condannato in secondo grado a 21 anni, dovrà esserci una riduzione della pena. Simone invece rischia di veder sfumare la sua assoluzione

25 Febbraio 2024

Genova, nuovo processo d'appello per i fratelli che uccisero il padre, la Cassazione bacchetta i giudici

Alessio e Simone Scalamandrè insieme alla mamma

Si svolgerà il 17 aprile davanti alla prima sezione della Corte d’assise di appello di Milano il nuovo processo d’appello che vede imputati per omicidio volontario in concorso, Alessio e Simone Scalamandré i due fratelli accusati di aver ucciso il padre Pasquale, il 20 agosto 2020, nella loro abitazione di San Biagio. La fissazione dell’udienza è arrivata insieme al deposito da parte della corte di Cassazione delle motivazioni della sentenza che ha annullato con rinvio sia la condanna a 21 anni per il maggiore dei fratelli, sia – su ricorso del procuratore generale – l’assoluzione in appello di Simone che in primo grado era stato condannato  a 14 anni di reclusione grazie all’attenuante del “contributo minimo” nel delitto.

Rispetto a Simone Scalamandré la Corte di Cassazione scrive in sostanza, accogliendo il ricorso della procura generale, che i giudici di secondo grado, nel ribaltare la sentenza avrebbero dovuto “offrire una motivazione puntuale e adeguata, che dia pienamente conto della divergente conclusione adottata”. Non possono quindi  “limitarsi ad indicare, più o meno analiticamente, le ragioni di un dissenso, essendo invece necessario” riesaminare “in modo approfondito il materiale probatorio vagliato nel precedente grado” considerato “quello eventualmente sfuggito alla valutazione del primo giudice, o ex novo acquisito, in modo da poter dare alla sua difforme decisione una diversa, compiuta e maggiormente convincente struttura motivazionale”

Circa la sentenza che aveva condannato Alessio Scalamandré a 21 anni di carcere, dei cinque motivi di appello proposti ne ha accolti due, che da sempre erano stati punti fondanti della difesa. Il primo riguarda l’articolo del Codice Rosso che impediva di bilanciare in modo adeguato le attenuanti con l’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare ma proprio il giorno prima della sentenza la Corte Costituzionale aveva dichiarato incostituzionale quell’articolo. L’altro riguarda l’attenuante della provocazione, attenuante da sempre invocata dagli avvocati Luca Rinaldi e Andrea Guido, ma mai accordata fino al giudizio degli Ermellini che ora invitano la Corte d’assise d’appello a rivalutare l’attenuante “potendo essere nuovamente negata solo ove si ritenga – dando, tuttavia, di ciò congrua e stringente motivazione, che superi un quadro probatorio che sembrerebbe altrimenti eloquente – la mancanza di autentico nesso psicologico, e quindi il difetto di qualsivoglia correlazione, dal lato dell’adeguatezza causale, tra la condotta criminosa e i precedenti comportamenti ingiusti della vittima, nient’affatto banali e reiterati fino ai momenti immediatamente precedenti la condotta criminosa”

Dopo la nuova sentenza di appello a Milano, il processo non sarà ancora finito perché sarà quasi scontato un ennesimo ricorso in Cassazione da parte di una delle parti e il processo potrebbe arrivare a una sentenza definitiva tra un anno e mezzo.

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